Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14361 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 30/06/2011), n.14361

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3578/2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

CONCESSIONARIO UNIRISCOSSIONI SPA, T.S.;

– intimati –

sul ricorso 12598/2006 proposto da:

T.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CAMOZZI 1,

presso lo studio dell’avvocato GIUFFRE’ ADRIANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato SILVESTRI SANDRO, gusta delega a

margine;

– controricorrente e ricorrente incid. –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE,

UNIRISCOSSIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6/20 05 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 16/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI BRUNO, che si riporta al

ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale relativamente al 1 motivo, il rigetto del ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro e l’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Emilia Romagna dep. il 16/02/2005 che aveva, accogliendo l’appello di T.S., riformato la sentenza della CTP di Modena che aveva rigettato il ricorso del medesimo avverso gli avvisi di mora relativi alle cartelle di pagamento per IVA per l’anno 1982 ritenendolo precluso dalla mancata impugnazione dell’atto prodromico.

La CTR aveva ritenuto invece nulla la notifica di questo ultimo atto e pertanto tempestivo il ricorso e decaduto l’Ufficio dal potere di riscossione dell’IVA dell’anno 1982, conseguenziale a dichiarazione integrativa del contribuente, per decadenza quinquennale D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43, richiamato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17.

I ricorrenti pongono a fondamento del ricorso quattro motivi fondati sulla violazione di legge e il vizio motivazionale.

Il contribuente ha resistito con controricorso e ha proposto appello incidentale in ordine alle spese.

La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Devono essere previamente riuniti il ricorso principale e quello incidentale perchè relativi alla medesima sentenza. Preliminarmente deve essere rilevata la inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero, che non era parte nel giudizio di appello dal quale doveva intendersi tacitamente estromesso perchè iniziato dopo il 01/01/2001, e, pertanto, dopo l’entrata in funzione delle Agenzie delle Entrate (Cass. SS.UU. 3116/2006, 3118/2006). Le spese relative possono giustamente compensarsi, essendosi la superiore giurisprudenza consolidata dopo la presentazione del ricorso.

Col primo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e vizio motivazionale assumendo che gli atti impugnati erano mere stampe di cartelle notificate regolarmente otto anni prima,e, pertanto, con effetto meramente reiterativo ai fini della messa in mora e dell’interruzione della prescrizione, erano impugnabili solo per vizi propri o per mancata impugnazione dell’atto atto presupposto.

Col secondo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 139 e 157 c.p.c. e segg., L. n. 890 del 1992, art. 7, e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, e vizio motivazionale per avere la CTR ritenuto illegittima la notifica sopradetta relativamente all’atto presupposto (le cartelle).

Assume, in particolare, l’Agenzia che contra legem la CTR avrebbe ritenuto invalida la notifica delle cartelle per non essere stata nell’avviso di ricevimento indicata la qualità di familiare convivente di Te.Pi. che nell’abitazione del ricorrente aveva ricevuto la notifica. E’ di preliminare esame il secondo motivo, che, sostanzialmente, assorbe il primo in quanto il riconoscimento della valida impugnazione degli atti del 1992, renderebbe inammissibile l’impugnazione degli avvisi di mora.

Il motivo è fondato.

Anzitutto deve essere osservato che le SS.UU di questa Corte (n.5791/2008) hanno ritenuto che, in materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato.

Tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria.

Di poi, questa Corte (Cass. n.23578/2007, n.24852/2006) ha ripetutarnente affermato che in tema di notificazione a mezzo del servizio postale “la semplice mancata indicazione della qualità di convivente della persona di famìglia che riceve il piego non comporta alcuna nullità” ritenendo nella fattispecie esaminata nella sent. n. 23578/2007 valida la notifica a familiare abitante in diverso appartamento nel medesimo condominio, e ritenendo(Cass. 24852/2006, 1508/2005, 22069/2004, 9928/2001, 2348/1994) che il rapporto di convivenza almeno temporanea può essere presunto sulla base del fatto che il familiare si sia trovato nell’abitazione del destinatario ed abbia preso in consegna l’atto da notificare, mentre la suddetta presunzione può essere vinta dalla prova, posta a carico del destinatario della notifica, dell’insussistenza del rapporto di convivenza con il familiare consegnatario dell’atto.

Prova non certamente fornita dal contribuente non essendo sufficiente la mera negazione della qualità di parente convivente della Te., senza mai indicare a che titolo la predetta stesse nella residenza del contribuente, laddove la documentazione indicata dal medesimo nel controricorso, pur nella evidente non autosufficienza della deduzione per omessa trascrizione del contenuto integrale ditali atti, appare del tutto irrilevante sia per quanto concerne la deduzione circa la inesistenza di altra condomina col nome predetto sia l’esistenza di portiere(fattispecie estranee a quella in esame) laddove la produzione della “situazione storica” non escluderebbe la qualità di parente della Te. (con la consequenziale insorgenza della presunzione di convivenza di cui sopra). Va osservato anche che non appare farsi questione della sua qualità di addetta alla casa, comunque mai contestata dal contribuente, che potrebbe analogamente presumersi in mancanza di indicazione del titolo della presenza di un “terzo” nell’abitazione del contribuente.

Invero, secondo i principi di lealtà e buona fede regolanti il processo a norma dell’art. 88 c.p.c., la deduzione difensiva circa la invalidità di una notifica effettuata al domicilio del contribuente e ricevuta da persona ivi rinvenuta, non può prescindere dalla specifica e plausibile, in base all’id quod plerumque accidit, deduzione della qualità della medesima e delle ragioni di presenza della predetta, non potendo il destinatario della notifica limitarsi ad una – necessariamente parziale deduzione negativa, inidonea a soddisfare l’onere deduttivo e probatorio a suo carico.

La ritenuta legittimità della notifica delle cartelle, esclude che gli atti notificati nel 2000 possano assumere la natura dei primi atti con cui si è manifestata la pretesa erariale, come tali autonomamente impugnabili (in relazione agli stessi invero il contribuente aveva eccepito la decadenza dell’Ufficio dal potere di riscossione, riconosciuta essersi verificata, su tale presupposto, dalla CTR) onde ne è preclusa ogni impugnazione,non essendo stato dedotto alcun vizio proprio degli atti a norma del succitato D.Lgs. n. 542 del 1992, art. 19.

Col terzo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 137 c.p.c. e segg., L. n. 890 del 1992, art. 7, e D.P.R. n. 546/2, art. 19, e vizio motivazionale per avere la CTR ritenuto illegittima la notifica degli avvisi di mora notificati nel 1992 in contraddizione col comportamento della parte che aveva prodotto gli avvisi medesimi.

Il motivo è assorbito.

Invero la riconosciuta inoppugnabilità degli avvisi di mora, per rituale notifica delle cartelle, rende irrilevante la questione della eventuale definitività dei precedenti avvisi di mora del 1992, anche in base alla considerazione che la circostanza che il contribuente, col ricorso relativo agli avvisi di mora del 2000, abbia prodotto gli avvisi di mora del 1992(senza però alcun elemento, come rilevato dalla CTR, che dimostri non solo una valida notifica, ma addirittura che siano stati notificati) non può fare inferire, come assume l’Ufficio, che gli stessi siano stati notificati, e che sia anche scaduto il temine per ricorrere con la conseguenza che anche il ricorso avverso gli avvisi del 2000 avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile.

Anche a volere richiamare la giurisprudenza (Cass. 2006/15489, 7498/2005, 17762/2002, 17501/2002) relativa alla sanatoria della nullità degli atti per raggiungimento dello scopo, questa non potrebbe far presumere una decadenza per una non databile conoscenza dell’atto.

Col quarto motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 429 del 1982, art. 20, conv. in L. n. 516 del 1982, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, e vizio motivazionale per avere la CTR ritenuto la decadenza non essendo applicabile alla materia dell’Iva la decadenza prevista per le imposte dirette e in ogni caso essendo stata interrota la prescrizione. Il motivo è assorbito in quanto la decadenza, come sopra visto, andava riferita alle cartelle, laddove la CTR l’ha ritenuta riferita agli avvisi di mora, sull’erroneo presupposto (ora superato) della mancata notifica delle cartelle.

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto per quanto di ragione e, non abbisognando la causa di ulteriore attività istruttoria, può essere deciso nel merito, col rigetto del ricorso del contribuente.

Il ricorso incidentale relativo alle spese deve ritenersi assorbito nell’accoglimento del ricorso dell’Agenzia, laddove l’iter altalenante del giudizio e la natura delle questioni trattate impongono una giusta compensazione delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Riunisce il ricorso principale e quello incidentale. Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero. Accoglie il ricorso dell’Agenzia e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa interamente le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Tributaria, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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