Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14352 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/06/2010, (ud. 27/05/2010, dep. 15/06/2010), n.14352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 687/2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 980/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/12/2005 R.G.N. 895/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 356/2003 il Giudice del lavoro del Tribunale di Vicenza, in parziale accoglimento della domanda proposta da C.V. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro concluso tra le parti in data 7-3-2000 (per esigenze eccezionali ex art. 8 ccnl 1994 come integrato dall’acc. 25-9-1997 e succ.) e conseguentemente la conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato dal 7-3-2000 sino al 26-10-2000, data in cui il rapporto si era interrotto per dimissioni del dipendente. Il Giudice peraltro respingeva la domanda di ricostituzione del rapporto e di risarcimento del danno in quanto l’offerta della prestazione lavorativa era successiva all’avvenuta definitiva interruzione del rapporto de quo per dimissioni del C. (era risultato infatti che il lavoratore era stato riassunto dalla società con ulteriore contratto a termine in data 2-10-2000 con scadenza per il 31-1-2001 e che prima di tale scadenza con lettera del 26-10-2000 il lavoratore aveva rassegnato le dimissioni).

La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto integrale della domanda di controparte.

Il C. non si costituiva.

La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza depositata il 20-12-2005, rigettava l’appello, confermando la pronuncia di primo grado, e compensava le spese.

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con due motivi.

Il C. è rimasto intimato.

La società ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, contraddittoriamente, “ha negato l’ampiezza (prima ammessa) della delega riconosciuta alla contrattazione collettiva nella individuazione di ipotesi di assunzione a termine” e “ha richiesto l’introduzione di un rigido limite temporale di validità ad una fattispecie che riguarda problemi strutturali della società con tempi necessariamente lunghi per avviarli a soluzione”.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell’art. 23 citato e dell’art. 1362 c.c. e ss., e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la illegittimità del termine apposto al contratto de quo, in quanto stipulato successivamente al 30-4-1998, ed in particolare sostiene la natura meramente ricognitiva degli accordi attuativi dell’accordo del 1997.

Il secondo motivo è infondato in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al ccnl del 2001 ed al D.Lgs. n. 368 del 2001) e tanto basta per confermare la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto de quo (restando assorbito il primo motivo).

Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063,v. anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato”. (v., fra le altre, Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).

In tale quadro, ove però un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n. 2866).

In particolare, quindi, come questa Corte ha ripetutamente affermato, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).

Il ricorso va cosi respinto.

Infine non deve provvedersi sulle spese non avendo l’intimato svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

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