Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14352 del 14/07/2016

Cassazione civile sez. III, 14/07/2016, (ud. 07/04/2016, dep. 14/07/2016), n.14352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3814/2013 proposto da:

MICROSCOM SRL, (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro

tempore Dott. P.F., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE TUPINI 113, presso lo studio dell’avvocato NICOLA CORBO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DAVIDE QUAGLIA

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A., A.V., S.M.,

P.E., elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZZA G. MAZZINI 15 SC. B

INT. 2, presso lo studio dell’avvocato ENRICO GABRIELLI, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati RICCARDO ROMANAZZI,

GIORGIO DE NOVA giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3081/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato NICOLA CORBO;

udito l’Avvocato ENRICO GABRIELLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 2006 la societa’ Microscom s.r.l. convenne dinanzi al Tribunale di Milano P.E., S.A., S.M. e A.V., esponendo che:

-) P.E., S.A. e S.M. nel 2000 locarono alla Microsistemi s.r.l. un capannone industriale;

-) nel 2002 la conduttrice cedette la propria azienda (per l’esercizio della quale era stata stipulata la locazione) alla societa’ Microscom s.r.l.;

-) vigente il contratto, i locatori vendettero l’immobile a A.V., senza informare la conduttrice;

-) l’immobile, sebbene il contratto non lo consentisse, era stato di fatto destinato – con la consapevolezza dei locatori – ad attivita’ comportanti contatti diretti col pubblico, sicche’ la vendita era avvenuta in violazione del diritto di prelazione spettante per legge alla Microscom.

Concluse pertanto chiedendo il retratto dell’immobile.

2. I convenuti si costituirono eccependo che il contratto vietava l’adibizione dell’immobile ad attivita’ comportanti contatti diretti col pubblico, e che comunque la vendita dell’immobile era avvenuta unitamente ad altra porzione immobiliare, concessa in comodato ad un terzo, sicche’ ricorreva una ipotesi di vendita c.d. “in blocco”, che escludeva il diritto di prelazione del conduttore.

3. Il Tribunale di Milano con sentenza 8.9.2010 n. 8893 accolse la domanda della Microscom.

La Corte d’appello di Milano, adita dai soccombenti, con sentenza 29.10.2012 n. 3081 accolse l’appello e rigetto’ la domanda di retratto, ritenendo non esservi prova che l’attivita’ svolta dalla Microscom comportasse contatti diretto col pubblico dei consumatori e degli utenti.

4. La sentenza d’appello e’ stata impugnata per cassazione dalla Microscom con ricorso fondato su due motivi; hanno resistito con controricorso P.E., S.A., S.M. e A.V..

La Microscom ha altresi’ depositato sia una memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., sia note scritte d’udienza in replica alle conclusioni del Procuratore Generale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (si lamenta, in particolare, la violazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 80); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che in base della L. n. 392 del 1978, artt. 38 e 39 – cosi’ come interpretati da questa Corte – il requisito di “attivita’ comportante contatti diretti col pubblico” sussiste in tutti i casi in cui la natura dell’attivita’ volta renda potenziale l’acquisizione di nuovi clienti, o la perdita di clienti gia’ acquisiti. Non ha, invece, ai suddetti fini alcun rilievo ne’ il numero dei clienti del conduttore, ne’ la circostanza che tali clienti siano rimasti immutati nel tempo.

Pertanto, osserva la ricorrente, la sentenza d’appello e’ erronea in iure, la’ dove ha escluso il diritto di prelazione della Microscom sulla base della sola esiguita’ del numero dei suoi clienti.

1.2. Il motivo e’ infondato.

La Corte d’appello non ha affatto escluso la sussistenza in capo alla societa’ conduttrice del diritto di prelazione sol perche’ avesse pochi clienti, ne’ perche’ il loro numero fosse rimasto invariato nel tempo.

La Corte d’appello nella propria decisione ha preso le mosse da un rilievo corretto in punto di diritto: e cioe’ che il requisito dello svolgimento di una attivita’ comportante contatti diretti col pubblico dei consumatori e degli utenti puo’ dirsi sussistente soltanto quando il luogo nel quale viene svolta l’attivita’ d’impresa sia “di per se’ idoneo ad esercitare un richiamo, ed a fungere da collettore di clientela” (cosi’ la sentenza impugnata, pp. 17-18).

Il che, a ben vedere, e’ il medesimo principio invocato dalla societa’ oggi ricorrente.

Cio’ posto correttamente in iure, la Corte d’appello ha quindi ritenuto in facto non esservi prova nel caso specifico della sussistenza di tale presupposto, poiche’ il fatto noto che la Microscom avesse pochi ed immutabili clienti non consentiva di risalire al fatto ignorato che l’immobile locato fosse un “collettore di clientela” (p. 18, 2^ capoverso, della sentenza impugnata).

Ne consegue che la sentenza impugnata non contiene alcuna affermazione erronea in diritto, mentre l’accertamento in facto della sufficienza o meno della prova offerta dalla societa’ oggi ricorrente e’ questione sottratta al sindacato di questa Corte.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Lamenta, in particolare, la violazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 80.

Espone, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe affermato il principio secondo cui il diritto di prelazione spetta al conduttore, nel caso di vendita dell’immobile locato, solo se il conduttore prova che, rispetto al momento iniziale della locazione, la propria clientela si sia incrementata. Tale principio tuttavia, soggiunge la ricorrente, e’ errato e non e’ affatto richiesto dalla legge.

2.2. Il motivo e’ infondato.

Esso infatti si fonda su una interpretazione non corretta della sentenza impugnata.

Questa non ha mai affermato che la prelazione spetti al conduttore solo ove dimostri un incremento della propria clientela nel corso del rapporto di locazione.

Il senso della sentenza impugnata, agevolmente desumibile dal contesto generale della motivazione, e’ che la prelazione spetta quando l’immobile locato e’ esso stesso fattore di incremento dell’avviamento; e siccome nella specie l’incremento non vi fu (ovvero non fu provato), era ragionevole concludere che l’attivita’ della Microscom non comportasse contatti diretti col pubblico nel senso sopra indicato.

La Corte d’appello non ha dunque attribuito all’incremento medio tempore della clientela il ruolo di presupposto giuridico per l’esercizio del diritto di prelazione, ma gli ha attribuito il ruolo di elemento indiziario dal quale desumere ex art. 2727 c.c., la prova che l’immobile non costituisse un fattore propulsivo dell’avviamento.

Anche in questo caso, pertanto, cio’ di cui la ricorrente si duole finisce per essere non una affermazione di principio, ma la concreta valutazione degli elementi di prova, come gia’ detto non consentita in questa sede.

3. Le spese.

Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

PQM

la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna la Microscom s.r.l. alla rifusione in favore di A.V., P.E., S.M. ed S.A., in solido, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 15.200, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) da’ atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte della Microscom s.r.l. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 7 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2016

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