Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14350 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 25/05/2021), n.14350

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25474-2019 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA

COLONNA 40, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO DI CAPUA,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE SANGIOVANNI, GIOVANNI

RE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4742/21/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che il contribuente A.M. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Campania, di accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza CTP Napoli, che aveva accolto il suo ricorso avverso un avviso accertamento IRPEF 2012 per redditi da lui conseguiti quale socio al 90% della s.r.l. “COSTRUZIONI GENERALI A.”, società a ristretta base partecipativa; l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società era stato ad essa notificato il 12 agosto 2016 e quindi dopo il 27 novembre 2012, data della sua cancellazione dal registro delle imprese; secondo la CTR, l’avviso di accertamento emesso nei confronti della s.r.l. “COSTRUZIONI GENERALI A.” era valido ed efficace, siccome emesso entro i cinque anni dalla sua cancellazione dal registro delle imprese, ai sensi del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28; era altresì valido ed efficace l’accertamento emesso nei confronti del ricorrente, in applicazione della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili delle società a ristretta base partecipativa.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, art. 11 disp. att. Legge, comma 1, e della L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente la CTR aveva ritenuto applicabile alla specie il D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, alla stregua del quale l’accertamento notificatogli era legittimo, siccome effettuato sulla base di un accertamento emesso nei confronti della s.r.l. “COSTRUZIONI GENERALI A.”, società ritenuta a ristretta base partecipativa e di cui il ricorrente era socio al 90%, entro il quinquennio dalla cancellazione della società dal registro delle imprese, avvenuta il (OMISSIS); invero il D.Lgs. n. 175 del 2014, citato art. 28, comma 4, costituiva ius superveniens destinato a valere solo per il futuro e privo di efficacia retroattiva, si da non potersi applicare alla specie in esame, nella quale la cancellazione dal registro delle imprese della s.r.l. “COSTRUZIONI GENERALI A.” era avvenuta prima del (OMISSIS), data di entrata in vigore del D.Lgs. anzidetto; pertanto la norma anzidetta non poteva attribuire effetti di sanatoria ad atti notificati alla società anzidetta, per la quale la cancellazione dal registro delle imprese era avvenuta il (OMISSIS) e quindi in epoca ben anteriore al citato (OMISSIS); quindi lo ius superveniens costituito dal D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, non poteva applicarsi alla specie in esame, si che, applicando l’art. 2495 c.c., comma 2, la società anzidetta avrebbe dovuto ritenersi ormai estinta, siccome cancellata dal registro delle imprese, con conseguente inefficacia dell’avviso di accertamento ad essa notificato; dal che conseguiva altresì l’illegittimità dell’accertamento emesso nei suoi confronti, siccome emesso sulla base dell’invio di un avviso di accertamento alla s.r.l. “COSTRUZIONI GENERALI A.”; stante la stretta correlazione ravvisabile fra i due avvisi, nel senso che, una volta ritenuta illegittima la pretesa tributaria formulata nei confronti della società, era illegittimo anche il conseguente accertamento emesso nei suoi confronti per redditi non dichiarati della società; in caso contrario, si sarebbe verificata una palese violazione art. 24 Cost., comma 2, in quanto il socio non sarebbe stato messo in grado di sindacare l’accertamento societario, non avendo potuto partecipare al giudizio in cui si era formato un giudicato nei confronti della società; era pertanto da ritenere che il socio di una società di capitali fosse legittimato a sollevare in via di azione od eccezione contestazioni in ordine alla validità dell’accertamento societario; con conseguente possibilità per questa Corte di pronunciarsi nel merito ed accogliere il suo ricorso, annullando l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, siccome manifestamente illegittimo, in quanto suo presupposto era un accertamento societario a sua volta illegittimo, siccome notificato ad una società di capitali cancellata dal registro delle imprese in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4;

che l’intimata Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che il contribuente ha altresì presentato memoria;

che l’unico motivo di ricorso proposto dal contribuente è infondato;

che va preliminarmente corretta in diritto l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale l’accertamento svolto nei confronti dell’odierno ricorrente, per redditi a lui attribuiti quale socio al 90% della s.r.l. “COSTRUZIONI GENERALI A.”, società a ristretta base partecipativa, era da ritenere legittimo, siccome conseguente ad un accertamento svolto nei confronti di detta società a sua volta legittimo, in quanto notificato il 12 agosto 2016 e quindi entro il quinquennio dalla cancellazione della società anzidetta dal registro delle imprese, avvenuta il (OMISSIS); in tal modo la CTR ha erroneamente applicato alla specie la sanatoria contenuta nel D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4, entrato in vigore il (OMISSIS); ora, la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che la sanatoria da ultimo citata non ha carattere processuale, ma sostanziale e può quindi valere solo per il futuro, si da non potersi invocare nella specie, nella quale la cancellazione della s.r.l. “COSTRUZIONI GENERALI A.” dal registro delle imprese è avvenuta il (OMISSIS) e quindi in epoca ben precedente al (OMISSIS), data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 175 del 2014 (cfr. Cass. n. 4536 del 2020; Cass. n. 6743 del 2015; Cass. n. 15648 del 2015);

che, esclusa, nella specie, la rilevanza della sanatoria, di cui al D.Lgs. n. 175 del 2014, citato art. 28, comma 4, neppure è condivisibile il riferimento fatto dal ricorrente all’art. 2495 c.c., comma 2, dettato in tema di cancellazione delle società dal registro delle imprese, dovendosi al contrario nella specie applicare i diversi principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di rapporti fra soci e società di capitali a ristretta base partecipativa;

che, infatti, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, in caso di società a ristretta base sociale, al cui novero pacificamente appartiene la s.r.l. “COSTRUZIONI GENERALI A.”, di cui l’odierno ricorrente è socio al 90%, è legittima la presunzione di distribuzione ai soci di utili extracontabili, distribuzione che, in mancanza di una deliberazione ufficiale di approvazione del bilancio, trattandosi di utili occulti, deve ritenersi avvenuta nello stesso periodo d’imposta in cui i medesimi sono stati conseguiti, salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non hanno formato oggetto di distribuzione, ma sono stati accantonati, ovvero da essi reinvestiti (cfr. Cass. n. 33552 del 2019; Cass. n. 25468 del 2015; Cass. n. 27778 del 2017; Cass. n. 32959 del 2018; Cass. n. 1947 del 2019; Cass. n. 7168 del 2021);

che, in quest’ottica, una sentenza definitiva di accertamento negativo dell’utile extracontabile sociale, emessa in un contezioso fra una società di capitali a ristretta base sociale e l’amministrazione finanziaria, fa certamente stato anche nei confronti del socio, in virtù dell’efficacia riflessa del giudicato, che si estende anche ai soggetti estranei al processo, ma titolari di diritti dipendenti o subordinati alla situazione giuridica in essa definita; ed in tali ipotesi è da ritenere giustificato l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio, essendone venuto meno il presupposto (cfr. Cass. n. 23899 del 2015; Cass. n. 24793 del 2015); il che presuppone tuttavia che l’annullamento della pretesa fiscale nei confronti della società a ristretta base sociale sia seguito ad una pronuncia che abbia escluso nel merito l’esistenza di utili extrabilancio;

che detto presupposto non ricorre nella specie in esame, nella quale l’avviso di accertamento è stato emesso nei confronti di una società estinta, siccome cancellata dal registro delle imprese, si che non è stato possibile vagliare l’inesistenza di eventuali ricavi non contabilizzati dalla società; in tale ipotesi è da ritenere dunque che l’ufficio legittimamente abbia formulato nei confronti del socio un’autonoma pretesa tributaria, correlata ad un maggior reddito di partecipazione da lui conseguito in via presuntiva, non essendo stato possibile vagliare nel merito l’accertamento emesso nei confronti della società, siccome cancellata dal registro delle imprese; in siffatta ipotesi, dunque, è pienamente valida la presunzione di attribuzione al socio, odierno ricorrente, degli utili extrabilancio delle società a ristretta base sociale, in proporzione della sua partecipazione al capitale sociale, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del socio anzidetto, nei termini sopra evidenziati; e va al riguardo rilevato che l’odierno ricorrente non ha contestato la fondatezza della pretesa tributaria emessa nei confronti della s.r.l. “COSTRUZIONI GENERALI A.”, di cui egli è socio al 90%; non ha contestato l’effettivo conseguimento di utili extracontabili da parte di detta società, nè ha provato che detti utili conseguiti dalla società siano stati accantonati, ovvero reinvestiti (cfr., in termini, Cass. n. 11880 del 2016; Cass. n. 25271 del 2014; Cass. n. 33976 del 2019);

che, pertanto, il ricorso proposto dal contribuente va respinto, con sua condanna al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del contribuente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate in complessivi Euro, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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