Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1435 del 23/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1435 Anno 2014
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: MACIOCE LUIGI

Rep .

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5187 del R.G. anno 2013

cdc 17.12.2013

prop*sto da:
Schlavetti Gianfranco domiciliato in ROMA,

via Velletri

35 presso

l’avv. Pietro Federico che lo rappresenta e difende per procura a
ricorrente

margine del ricorso

contro
Comune di Fiumicino dom.to in Roma via Padre Semeria 33 presso
l’avv. Francesco Di Mauro che lo rappresenta e difende per procura in
controricorrente –

calce al controricorso

avverso la sentenza 6373 in data 18.12.2012 della Corte di Appello di
Roma ; udita la relazione della causa svolta nella c.d.c del 17.12.2013
dal Cons. Luigi MACIOCE.
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha ricostruito la vicenda nel senso di cui appresso.
La Corte di Appello di Roma, esaminando la domanda di Gianfranco
Schiavetti diretta alla liquidazione della indennità aggiuntiva ex art. 42
dPR 327/2001 in relazione alla espropriazione avvenuta del fondo che
egli, a suo dire, coltivava da decenni e preso atto della difesa del Comune che affermava come l’affitto, in base al contratto stipulato nel 1965,
era da tempo cessato in forza di disdetta dell’8.2.1995, ha emesso sen-

Data pubblicazione: 23/01/2014

tenza ex art. 281 sexies e 315 u.c. c.p.c. in data 18.12.2012 con la
quale ha rigettato la domanda.
Ad avviso della Corte di Roma la documentazione prodotta dallo Schiavetti lungi dal provare (come suo onere) l’affitto in atto comprovava la
sua consapevolezza della scadenza di detto rapporto sin dal 11.10.1997;
era del resto indifferente il verbale del 1991 redatto da funzionari comunali sia per la provenienza sia per la anteriorità alla data della cessazione. Mancava poi alcuna prova del pagamento di somme tra il 1997 e

do tutti agli anni 2010, 2011 e 2012. Difettavano dunque i requisiti soggettivi di cui all’art. 42 citato.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre con unico motivo in data
15.2.2013 lo Schiavetti e resiste con controricorso il Comune di Fiumicino eccependo l’inammissibilità del gravame.
Il relatore il ricorso ha proposto l’ inammissibilità del ricorso sia ritenendo che la censura di omesso esame in tal ricorso contenuta non venga in
rilievo alla luce del nuovo testo dell’art. 360 n. 5 c.p.c. sia conmsidera
ndo che la doglianza sarebbe stata inammissibile anche alla stregua del
pre-vigente art. 360 n. 5.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria critica nella quale,
rammentato che il documento del quale si era lamentato l’omesso esame da parte della Corte di Roma era l’ordinanza 8413/2011 di questa
Corte di legittimità e che essa era stata prodotta tempestivamente e ritualmente, e non degnata di alcun esame, ha poi sottolineato che il documento era di rilievo decisivo perché da esso emergevano elementi di
prova della sussistenza e permanenza dell’affitto.
OSSERVA
Il relatore ha rilevato che l’unica censura che si articola, quella di
mancata valutazione della rilevanza della produzione documentale (ord.
8413/2011 della Sesta Sezione di questa Corte) e del suo contenuto argomentativo, viene prospettata come afferente un complesso argomentativo rilevante del quale non sarebbe stata data in sentenza alcuna valutazione.
Il relatore ha quindi sostenuto che siffatta censura non si può iscrivere nel contenuto precettivo del nuovo testo dell’art. 360 n. 5 c.p.c. introdotto dall’art. 54 c. 1 lett. B) del DL 83/2012 convertito nella legge
134 del 2012 (entrata in vigore il 12.8.2012), disposto applicabile alla
impugnazione per cassazione della sentenza 18.12.2012 giusta la previsione del comma 3 dell’art. 54 citato.

2

l’immissione in possesso del 26.6.2009, i prodotti bollettini appartenen-

Osserva il Collegio, anche alla luce dei rilievi mossi alla relazione
nella memoria finale del ricorrente, che le conclusioni del relatore debbano essere corrette, nondimeno pervenendosi al risultato proposto nella
relazione ex art. 380 bis c.p.c., quello di ritenere non ammissibile la
predetta censura.
Nella evidente prospettiva della novella introdotta dal legislatore del
2012 – che si raccorda con le previsioni originarie del codice di rito e che
mira a ridurre drasticamente l’area del sindacato di legittimità attorno ai

tiva (illogicità o contraddizione) che non si traducano nella totale incomprensibilità dell’argomentare – l’omesso esame del fatto decisivo oggetto di discussione nel giudizio appare attingere immediatamente dati
materiali,

episodi fenomenici rilevanti, e le loro ricadute in termini di

diritto, aventi portata idonea a determinare direttamente il giudizio.
Ebbene, tali fatti, le volte in cui siano rappresentati e descritti da un
documento o fatti segno alla richiesta di prova orale, sono suscettibili
prima di apprezzamento istruttorio (ammissibilità e rilevanza) e poi di
valutazione probatoria: e su di essi si deve appuntare – se rilevanti – la
valutazione del giudice e sviluppare sintetica e comprensibile argomentazione attorno alla decisione di dare o non dare ingresso alla prova ovvero di conferire o non attribuire valore di prova all’elemento ormai acquisito.
La reale novità della riforma su detto terreno è dunque rappresentata, da un canto, dalla esclusione dall’area del sindacabile in sede di
legittimità della correttezza logica della motivazione di ammissione o
non ammissione (o, quando ammessa, della motivazione di idoneità
probatoria) e, dall’altro canto, dalla possibilità di denunziare che non vi
sia stata alcuna valutazione del fatto rappresentato dal documento o
dall’istanza di prova orale sempre che tal fatto, discusso tra le parti nel
contraddittorio pieno, fosse da ritenersi decisivo.
Venendo al caso sottoposto, si osserva che l’ordinanza 8413 del
2011 di questa Corte (ritualmente versata agli atti del processo innanzi
alla Corte di Roma) viene in ricorso invocata come fonte di argomenti,
come elemento fattuale a rilevanza inferenziale, sull’assunto che, se il
giudice del merito la avesse esaminata, ne avrebbe ricavato che, in
quella sede, non veniva più in discussione la esistenza del contratto di
affitto (tra Comune di Fiumicino e Gianfranco Schiavetti) ma solo la debenza di una misura del canone di affitto, sì chè ben avrebbe potuto da
tal decisione trarre argomenti, unitamente a quelli afferenti la condotta
“discontinua” del Comune nel corso degli anni, per ritenere provata an-

“fatti”, escludendo in radice la deducibilità di vizi della logica argomenta-

che nel 2009, epoca della vicenda ablativa fonte della pretesa alla indennità aggiuntiva, la “permanente vigenza” del contratto di affitto .
La censura, pertanto, ictu °cui/ fortemente valutativa, non solo non
descrive con precisione il fatto rappresentato (e cioè la controversia ivi
pendente e decisa nei suoi esatti termini e l’impatto su di un rapporto
del quale si discute sia avvenuta la cessazione nel 1997) ma neanche
evidenzia quella decisività del documento rappresentativo non esaminato che, ove letto e valutato, avrebbe potuto imprimere una diversa sorte

La Corte di merito ha infatti indicato elementi valutativi di totale
pregnanza e persuasività dai quali emergeva -a suo avviso – una carenza assoluta di prove di un rapporto di affitto in atto alla data del decreto
ablativo: e non si scorge, nella totale indeterminatezza descrittiva del
ricorso e della memoria finale, quale rilievo il solo principio di diritto
estraibile dalla ordinanza di questa Corte

(ex officio esaminabile in que-

sta sede) possa aver avuto sulla vicenda; in difetto, da parte del ricorrente a ciò onerato, di una compiuta spiegazione della controversia nella
quale quel principio di diritto venne affermato, manca totalmente il
compiuto quadro di insieme per far ritenere che quel pronunziato emesso su vicenda “collegata” a quella qui in disamina attestasse la permanenza del rapporto di affitto nel 2009, permanenza che la Corte di Roma, con la sentenza impugnata, ha invero motivatamente escluso.
E pertanto, la doglianza qui proposta, afferente l’omesso esame
del “fatto storico” rappresentato dal documento-ordinanza pur acquisito
agli atti del giudizio di merito, non può trovare ingresso in questa sede
non essendo in alcun modo specificamente dimostrata – quale condizione di ammissibilità della censura alla luce dell’art. 360 n. 5 c.p.c. – la
decisività del fatto stesso.
Respinto il ricorso le spese di giudizio si liquidano secondo soccombenza a carico del ricorrente.
Ricorrono le condizioni per l’applicazione del disposto dell’art. 13 c.
1 quater dPR 115/2002 introdotto dalla legge 228 del 2012.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Schiavetti a versare al Comune di Fiumicino per spese di giudizio la somma di C 2.600 (C 100 per esborsi) oltre ad IVA e CPA.
Così deciso nella c.d.c. della Sesta Sezione Civile il 17.12.2013.

al giudizio.

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