Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14349 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/06/2010, (ud. 19/05/2010, dep. 15/06/2010), n.14349

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32653-2006 proposto da:

S.P., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CASTALDI FILIPPO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PER IL DIRETTORE GENERALE DELL’A.S.L. DI SALERNO (OMISSIS), AVVOCATO

R.

G., nella qualità di COMMISSARIO LIQUIDATORE DELL’USL N.

(OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA

DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ROMANO ANTONIO, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1194/2 006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 22/09/2006 R.G.N. 157/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato DONATELLA MARIA INES GEROMEL per delega CASTALDI

FILIPPO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La ASL SA/(OMISSIS), in esecuzione di un decreto ingiuntivo emesso dal Pretore di Nocera inferiore in favore del dott. S.P., aveva provveduto a pagare la somma di 30.517668, a titolo di indennità di carovita, maggiorata di spese e competenze.

Il pagamento fu effettuato tramite Banco di Napoli, con mandato comprensivo delle somme dovute anche ad altri medici, quietanzato dall’avv. Ferrante, difensore del S..

Nella successiva evoluzione della controversia, il Tribunale revocò il decreto ingiuntivo. Il dott. S. fu invitato a restituire quanto percepito. Non lo fece.

Fu quindi convenuto in giudizio. Si difese eccependo il difetto di legittimazione passiva, in quanto la somma era stata corrisposta all’avv. Ferrante, come si rilevava dal mandato di pagamento, che non aveva il potere di riceverla.

Il Tribunale ritenne che le somme pagate potevano essere oggetto di ripetizione, con interessi decorrenti dalla domanda giudiziale.

Condannò il S. al relativo pagamento.

Il medico propose appello. La Corte di Salerno lo ha respinto con sentenza pubblicata il 22 settembre 2006.

Il S. ricorre per due motivi. La ASL si difende con controricorso.

Con il primo motivo si denunzia insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dal mancato conferimento della specifica autorizzazione ad incassare le somme dovute al proprio cliente con effetto liberatorio per il creditore e la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1188, 1703, 2033 e 2697 c.c. e degli artt. 83 e 84 c.p.c..

Il quesito pone la questione della adeguatezza della formula utilizzata nel conferimento del mandato a conferire il potere di incassare le somme oggetto del decreto ingiuntivo. Si aggiunge l’interrogativo sulla sussistenza di un onere del creditore di provare che le somme incassate dal proprio procuratore non gli sono state corrisposte.

Con il secondo motivo si denunzia ancora una volta un vizio di “omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso nel giudizio: la inclusione nelle eccezioni formulate dall’odierno ricorrente in primo grado di carenza di legittimazione passiva e di infondatezza della domanda, perchè non rivolta al destinatario del pagamento, anche di quella di mancata percezione delle somme versate dalla ASL al legale di esso ricorrente”. Sul medesimo punto si denunzia un vizio di motivazione e di violazione di legge (art. 2697 c.c., artt. 112, 416, 434 e 437 c.p.c.). Il punto cruciale della controversia è quello di stabilire se il procuratore fosse autorizzato ad incassare le somme per il suo assistito.

L’art. 1188 c.c., dispone che “Il pagamento deve essere effettuato al creditore o al suo rappresentante”. La Corte di cassazione, in caso di pagamento effettuato al procuratore, ha affermato il seguente principio di diritto: “Il procuratore “ad litem”, ove specificamente autorizzato, è legittimato a riscuotere somme dovute al proprio cliente ed a liberare il debitore” (Cass., 9 settembre 1998, n. 8927;

ma già Cass., 24 aprile 1971, n. 1199).

L’interprete deve pertanto verificare se vi sia stata specifica autorizzazione del procuratore “ad litem” all’incasso.

La Corte d’Appello di Salerno ha esaminato il testo della procura conferita dal S. all’avv. Ferrante e ne ha desunto che quest’ultimo era stato specificamente autorizzato ad incassare il credito derivante dal decreto ingiuntivo. Contro tale lettura il ricorrente muove una censura di violazione degli artt. 1188, 1703, 2033 e 2697 c.c. e artt. 83 e 84 c.p.c. e di motivazione “insufficiente e/o contraddittoria” e nella esposizione del motivo propone una ricostruzione diversa del contenuto dell’atto.

L’interpretazione di una procura alle liti è soggetta, in quanto negozio giuridico, alle regole dell’art. 1362 e ss. c.c..

Il ricorrente non indica quali canoni ermeneutici tra quelli dettati da queste norme sarebbero stati violati.

Si limita a denunziare un vizio di insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione, ma nella esposizione non spiega dove e perchè la motivazione sarebbe insufficiente e dove e perchè vi sarebbe contraddizione.

il ricorso è generico e si risolve in una censura di merito, implicante una diversa valutazione dell’atto e una diversa ricostruzione del suo contenuto, il che esula dal giudizio di legittimità.

Il secondo motivo rimane assorbito, in quanto se rimane fermo che l’incasso del procuratore era autorizzato, ogni valutazione sui tempi della eccezione relativa all’affermato mancato trasferimento della somma dal procuratore al S. è irrilevante ai fini della decisione della controversia tra la ASL e il medico.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controparte le spese del giudizio di legittimità, che liquida in 10,00 Euro, nonchè 3.000,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

 

 

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