Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14347 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2011, (ud. 26/05/2011, dep. 30/06/2011), n.14347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MAGIR SRL in persona dell’Amm.re Unico pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio

dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GARANCINI GIANFRANCO, giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI VARESE;

– intimato –

sul ricorso 20204-2008 proposto da:

COMUNE DI VARESE in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 47, presso lo studio dell’avvocato

CORTI PIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CARRASI ELIO giusta delega in calce;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MAGIR SRL in persona dell’Amm.re Unico pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio

dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GARANCINI GIANFRANCO giusta delega a margine;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 108/2006 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 03/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GARANCINI, che si riporta e

deposita avviso di ricevimento;

udito per il resistente l’Avvocato CARRASI, che si riporta;

sentito il P.M. in persona del SOST. PROC. GEN. DOTT. BASILE Tommaso,

che nulla osserva sulla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Magir srl. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Lombardia n. 108/46/06, depositata il 3 maggio 2007, con la quale, accogliendo in parte l’appello del Comune di Varese avverso quella della commissione tributaria provinciale, è stata riconosciuta la validità della cartella di pagamento e degli avvisi di accertamento per la TARSU dal 1998 al 2004. In particolare il giudice di appello ha affermato che quegli atti erano motivaci e fondati, ad eccezione delle sanzioni, mentre la società Magir non aveva assolto ai relativi oneri fiscali per i rifiuti prodotti, già assimilati a quelli urbani.

Il Comune resiste con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale sulla base di due motivi, cui la ricorrente resiste con altro controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., atteso che essi sono stati proposti contro la stessa sentenza.

A) Ricorso principale.

1) Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione di diverse norme di legge, oltre che omessa o insufficiente motivazione, in quanto si trattava di rifiuti industriali, non assimilabili a quelli urbani, nonchè di superfici adibite ad opificio, e quindi insuscettibili di produrre tale tipo di rifiuti, come peraltro successivamente ribadito dal legislatore con la L. n. 178 del 2002, che all’art. 14 prevede la non assimilabilità di quelli industriali, senza che la CTR abbia indicato le ragioni del proprio giudizio.

La censura è infondata. Invero la CTR ha esattamente rilevato che i rifiuti prodotti dall’attività industriale della contribuente vanno sottoposti a tassazione, giusta anche la CM del 1998 n. 119/E e l’evoluzione legislativa secondo anche la nozione di rifiuto della normativa CEE. Infatti in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, con l’abrogazione della L. 27 luglio 1994, n. 146, art. 39, da parte della L. 24 aprile 1998, n. 128, art. 17 è divenuto pienamente operante il disposto del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 21, comma 2, lett. g) che consente ai Comuni di deliberare l’assimilazione ai rifiuti urbani di quelli non pericolosi derivanti da attività economiche, con la conseguenza che, in riferimento alle annualità di imposta successive al 1997, assumono decisivo rilievo le indicazioni dei regolamenti comunali circa la assimilazione dei rifiuti provenienti da attività industriali a quelli urbani ordinar, senza che per tali residui rilevi il fatto di essere ceduti a terzi, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 10797; del 05/05/2010, n. 8696 del 2004).

2)Col secondo motivo la ricorrente denuncia violazione di norme di legge e vizi di motivazione, atteso che il giudice di appello non ha considerato che parte dei rifiuti industriali veniva ceduta a terzi per il successivo riutilizzo, e smaltita in proprio .

La censura rimane in parte assorbita dal primo motivo, anche se appare opportuno osservare che in tema di disciplina dei rifiuti, il D.L. 8 luglio 2002, n. 138, art. 14, convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 2002, n. 178, che ha fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 6, comma 1, lett. a), conferisce rilievo, ai fini della qualificazione come rifiuti dei materiali inclusi nell’elenco di cui all’allegato A del d.lgs., all’attività svolta successivamente sul materiale, nel senso che, per escludere detta qualificazione, occorre un dato oggettivo in contrasto con la classificazione del materiale, ovverosia l’accertamento di una successiva utilizzazione, che non costituisca smaltimento o recupero secondo gli allegati B e C del D.Lgs., tale da escludere la decisione di disfarsi del materiale, mentre invece risultava il contrario nella specie in esame (V. pure Cass. Sentenza n. 18556 del 25/08/2006).

B) Ricorso incidentale.

1)Con il primo motivo il ricorrente per incidente denunzia violazione di diverse disposizioni di legge, perchè a fronte di una superficie di circa mq. 3.000, la contribuente dichiarava appena mq. 506, presentando in tal modo un’infedele dichiarazione, per la quale nessuna incertezza normativa poteva riscontrarsi ai fini dell’applicazione delle sanzioni.

La censura è fondata, posto che in tema di sanzioni amministrative, il principio di irretroattività previsto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 1, comma 2, ha portata generale e non è oggetto di particolari deroghe nella materia dei rifiuti, con la conseguenza che la responsabilità per fatti commessi prima dell’entrata in vigore della L. 8 agosto 2002, n. 178, deve essere valutata esclusivamente alla stregua delle disposizioni, allora in vigore, contenute nell’originario testo del citato D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e, segnatamente, dell’art. 6 sulla nozione di rifiuto, risultando irrilevante al riguardo la sopravvenienza normativa di cui al D.L. 8 luglio 2002, n. 138, art. 14 (convertito, con modificazioni, nella legge suindicata), il quale ha dettato una norma che, nonostante sia formalmente qualificata come di “interpretazione autentica”, ha natura sostanzialmente innovativa e derogatoria del citato art. 6 (V. pure Cass. Sentenze n. 659 del 18/01/2010, n. 22672 del 2009).

2) Il secondo motivo, concernente la tardività dell’eccezione relativa alla non retroattività della novella di cui al primo motivo, rimane assorbito.

Ne discende che il ricorso principale va rigettato, mentre quello incidentale va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata, limitatamente alle determinazione delle sanzioni, con rinvio al giudice “a quo”, altra sezione, per nuovo esame sul punto.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.

PQM

La Corte:

Riuniti i ricorsi, rigetta il principale; accoglie l’incidentale;

cassa la sentenza impugnata in relazione a questo, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Lombardia, altra sezione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 26 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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