Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14347 del 14/07/2016


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Cassazione civile sez. III, 14/07/2016, (ud. 21/01/2016, dep. 14/07/2016), n.14347

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23240/2013 proposto da:

MIRITZ E D.B. SRL, (OMISSIS) in persona dell’Amministratore

Unico e legale rappresentante p.t. Dr. D.B.G.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEL MONTE OPPIO 28, presso

l’ufficio legale della PROVINCIA ITALIANA DEI PADRI CARMELITANI

A.O., rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA VENTIMIGLIA giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SERIT SICILIA SPA, AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS);

– intimati –

nonche’ da:

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. (gia’ MONTEPASCHI SE.RI.T. S.P.A. e SERIT

SICILIA S.P.A.) Agente della Riscossione per la Provincia di

Catania, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione

Avv. D.S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PORTUENSE 104, presso lo studio dell’avvocato ANTONIA DE ANGELIS,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO FURCI giusta procura

speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

MIRITZ E D.B. SRL (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS);

– intimati –

nonche’ da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ difesa per legge;

– ricorrente incidentale –

contro

MIRITZ E D.B. SRL (OMISSIS), RISCOSSIONE SICILIA gia’ SERIT

SICILIA SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1403/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 15/07/2013, R.G.N. 1654/2010 e 1746/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/01/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La s.r.l. Miritz e D.B. ha proposto ricorso per cassazione contro la s.p.a. Serit Sicilia, poi divenuta s.p.a. Riscossione Sicilia, e contro l’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza del 15 luglio 2013 con cui la Corte d’Appello di Catania ha parzialmente accolto gli appelli separatamente proposti dalle intimate e, quindi, riuniti – avverso la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Catania, Sezione Distaccata di Giarre sulla domanda, introdotta nel marzo del 2005 da essa ricorrente, successivamente ad un procedimento cautelare ai sensi dell’art. 700 c.p.c..

Tale procedimento era stato instaurato nell’ottobre del 2004 dalla qui ricorrente ed all’esito di esso il Tribunale aveva ordinato all’Agenzia delle Entrate ed alla Montepaschi Serit s.p.a. (poi divenuta Serit Sicilia) di cancellare un’iscrizione ipotecaria immobiliare che era avvenuta sulla base di una cartella esattoriale relativa a tributo di spettanza dell’Agenzia delle Entrate.

Nel giudizio di merito introdotto dopo il procedimento cautelare, cui era seguita l’ottemperanza al provvedimento di cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, la ricorrente chiedeva la condanna delle convenute al risarcimento del danno per le conseguenze dell’illegittima iscrizione ipotecaria, che quantificava in Euro 100.000.000 o in quell’altra somma da determinasi anche in via equitativa.

2. Il Tribunale di Catania, Sezione Distaccata di Giarre riconosceva la responsabilita’ solidale delle due convenute e liquidava il danno in Euro 100.000,00. Tale somma veniva riconosciuta in quanto corrispondente all’ammontare di un fido bancario che l’attrice aveva richiesto ad un istituto bancario e che non gli era stato concesso in ragione dell’esistenza dell’iscrizione ipotecaria.

3. Con la sentenza impugnata la Corte territoriale ha riconosciuto la fondatezza nell’an debeatur della pretesa risarcitoria, reputando che l’iscrizione era avvenuta con modalita’ tali da dar luogo alla responsabilita’ di entrambe le convenute. Ha invece ridotto l’ammontare del danno ad Euro 30.000,00 escludendo che l’intero importo del fido negato potesse individuarsi come perdita e reputando che la negazione del fido avesse dato luogo a danno da perdita di chance che ha liquidato equitativamente nel detto importo in mancanza di elementi che deponessero per lo svolgimento da parte della societa’ attrice di un’attivita’ di impresa particolarmente sviluppata.

4. Il ricorso della Miritz e d.B. prospetta cinque motivi.

Vi hanno resistito con separati controricorsi le intimate, che hanno svolto ognuna ricorso incidentale.

La ricorrente principale ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I due ricorsi incidentali, in quanto proposti in seno al ricorso principale, vanno esaminati congiuntamente ad esso.

2. Il deposito della memoria della ricorrente principale e’ avvenuto a mezzo posta e, dunque, e’ irrituale (da ultimo Cass. n. 7704 del 2016).

3. Il ricorso principale non presenta la formale indicazione di motivi con una intestazione e un riferimento ad uno dei numeri del paradigma dell’art. 360 c.p.c..

Tuttavia, dopo l’articolazione illustrativa di cinque paragrafi indicati numericamente, ognuno di essi si conclude con un quesito di diritto che consente di correlare il motivo a quel paradigma. Tanto basta per disattendere l’eccezione di inammissibilita’ che sulla segnalata anomalia espositiva prospetta la Riscossione Sicilia s.p.a..

4. Con il primo motivo del ricorso principale e’ dedotto un vizio di violazione dell’art. 329 c.p.c., e, dunque, riconducibile dell’art. 360 c.p.c., n. 4, concernendo una norma del procedimento.

Si sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente disatteso l’eccezione di cessazione della materia del contendere, che era stata formulata dalla qui ricorrente per l’intervenuta acquiescenza alla sentenza di primo grado attribuibile alle appellanti in ragione: a) dell’avere la Serit Sicilia s.p.a. eseguito un pagamento parziale di quanto oggetto della condanna disposta dalla sentenza di primo grado; b) e dell’avere l’Agenzia delle Entrate “tentato” di operare una compensazione con somme ad essa dovute.

L’errore si ravviserebbe nell’avere la Corte catanese ritenuto che tali comportamento fossero avvenuti dopo la proposizione dei separati appelli della Serit Italia e dell’Agenzia delle Entrate. Invece, gli appelli erano stati proposti dopo, come risulterebbe “dagli atti prodotti”.

4.1. Il motivo e’ inammissibile.

Indipendentemente dalla mancanza di indicazione specifica di quali siano gli atti prodotti cui si fa riferimento ed anche a voler reputare che si sia inteso fare riferimento a quelli indicati a pagina 3 del ricorso nell’esposizione del fatto (cioe’ alla comunicazione della Serit Sicilia del 3 novembre 2011 ed alla nota dell’Agenzia delle Entrate del 24 dicembre 2010), il che non rispetterebbe l’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che si e’ omesso di indicare se e dove tali atti fossero stati introdotti nel giudizio di appello e se e dove lo siano stati in questo giudizio di legittimita’, si deve rilevare, infatti, quanto segue.

La Corte territoriale ha motivato solo su un’eccezione di cessazione della materia del contendere, che dice sollevata dalla societa’ Miritz e d.B. s.r.l. in sede di comparsa conclusionale in relazione all’appello proposto dalla Serit Sicilia “sul presupposto che la stessa, avendole corrisposto, nel corso del presente giudizio di gravame, l’importo per cui vi e’ statuizione di condanna nella sentenza impugnata, abbia prestato acquiescenza alla sentenza stessa”.

Nessun riferimento, invece, si fa ad un’eccezione riferita all’appello dell’Agenzia delle Entrate. E tanto rafforza la valutazione di inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6, quanto al motivo rispetto a tale parte.

Inoltre la Corte territoriale ha poi soggiunto che “per orientamento costante della S.C., la mera esecuzione spontanea di una sentenza non costituisce acquiescenza ai sensi della norma sopra indicata”.

Nessun rilievo si fa riguardo a tale motivazione e, dunque, quanto alla posizione della resistente s.p.a. Riscossione Sicilia, il motivo sarebbe ulteriormente inammissibile perche’ tale autonoma rado decidendi non si e’ impugnata.

In ogni caso e con riferimento anche alla posizione dell’Agenzia delle Entrate, se pure i comportamenti di cui si dice nell’illustrazione del motivo fossero stati effettivamente tenuti prima della proposizione degli appelli, essi non avrebbero potuto integrare in alcun modo l’acquiescenza tacita cui si riferisce il primo comma della norma dell’art. 329, c.p.c., in quanto e’ risalente l’assunto secondo cui l’acquiescenza ivi prevista quale comportamento idoneo ad escludere la proponibilita’ della impugnazione, configura un negozio giuridico processuale, che presuppone una univoca volonta’ abdicativa della parte, la quale non e’ ravvisabile nel solo adeguamento alle statuizioni di una sentenza esecutiva (Cass. sez. un. n. 10112 del 1993; Cass. sez. un. n. 1616 del 1997) e meno che mai ed a maggior ragione nella prospettazione di una compensazione con quanto dovuta in forza di essa.

5. Con un secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c. e dunque altro vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, adducendosi che la Corte territoriale, pur avendo ritenuto correttamene inammissibili le produzioni documentali di cui ai documenti 7, 8, 9 e 10 dalla Serit, non avrebbe invece parimenti ritenuto inammissibili “le nuove eccezioni sollevate, per la prima volta, solo dalla Agenzia delle Entrate avverso la quantificazione del danno richiesto in primo grado e liquidata in sentenza”.

5.1. Il motivo e’ privo di fondamento, nel senso che, per come e’ prospettato e considerato quanto alla quaestio iuris che pone, appare privo di decisivita’, cioe’ di idoneita’ – sempre astratta – a giustificare, pur se fondato, la cassazione della sentenza: vi si dice, infatti, che le “nuove eccezioni” sarebbero state sollevate solo dall’Agenzia delle Entrate, ma non si dice alcunche’ in ordine all’atteggiamento processuale sul loro oggetto dell’altra parte appellante, riguardo alla quale si fa solo riferimento a produzioni documentali.

Ora, senza sapere se l’altra appellante avesse a sua volta sollevato quelle che sono state chiamate eccezioni e che, in realta’, sarebbero relative alla contestazione del danno prospettato dalla qui ricorrente e, dunque, a c.d. mere difese, emerge, a livello assertivo, una situazione in cui, essendovi stata condanna solidale delle due appellanti in primo grado, l’eventuale formulazione delle “eccezioni” da parte dell’altra appellante gia’ in primo grado giovava pure all’Agenzia delle Entrate.

D’altro canto, sempre con riguardo alla posizione della Serit Italia in appello, nell’esposizione del fatto, alla pagina 3, si riportano fra virgolette parzialmente le conclusioni dell’appello della medesima, fra le quali quella di ritenere e dichiarare non provato il danno, il che non e’ dato comprendere come possa giustificare sul piano logico che la ricorrente ne tragga immediatamente dopo la conclusione che “nessuna contestazione sulla quantificazione del danno, fino all’appello e’ stata proposta dalla Serit Sicilia s.p.a.”.

5.2. 11 motivo sarebbe comunque inammissibile ai sensi dell’art. 366 n. 6 c.p.c., atteso che la sua prospettazione supponeva, per il rispetto di detta norma, sia la puntuale indicazione della sede di formulazione e del contenuto delle dette eccezioni, sia del preciso tenore della difesa in primo grado dell’Agenzia delle Entrate, si’ da evidenziasi che essa non aveva svolto la contestazione sul danno: invece l’una e l’altro in alcun modo sono state fornite.

5.3. Si aggiunge, inoltre, che nei controricorsi le due resistenti (anche la Riscossione Sicilia, pur non interessata dal motivo in esame), hanno anche dedotto (l’Agenzia delle Entrate in modo specifico) che il danno era stato contestato in primo grado indicando le sedi in cui la contestazione era stata svolta.

6. Con un terzo motivo e’ dedotta, per come si evince dal quesito che lo conclude, la violazione delle norme degli artt. 112, 115, 116 e 175 c.p.c. e segg. (e dunque ancora di norme del procedimento) “dal momento che, sulla base degli atti di primo grado di giudizio e del verbale di precisazione delle conclusioni, sussistevano i presupposti imposti dalle suddette norme in presenza dei quali la richiesta di CTU per la quantificazione del diverso importo del danno doveva essere esaminata e motivata in caso di rigetto”.

L’illustrazione del motivo consta di quindici righe, si fonda sulla generica evocazione degli atti del primo grado di giudizio e di quelli del secondo, fa riferimento ad una c.t.u. richiesta in una non meglio individuata memoria ai sensi dell’art. 184 c.p.c., di primo grado e allude ad una richiesta di c.t.u. “in via subordinata sia in 1^ grado che in secondo grado”, lamentando in sostanza che la Corte territoriale avrebbe dovuto dispone c.t.u. sul danno.

6.2. Il motivo e’ inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, giacche’ non fornisce l’indicazione specifica degli atti su cui si fonda, particolarmente per quanto attiene alle richieste rivolte al giudice d’appello.

Inoltre e’ del tutto generico giacche’ nemmeno prospetta quali fossero gli elementi sulla base dei quali dovesse disporsi la c.t.u.: da qui l’inammissibilita’ giusta il principio di diritto di cui a Cass. n. 4741 del 2005 e numerose conformi.

Al riguardo si ricorda che la Corte catanese ha motivato la liquidazione equitativa alludendo alla mancanza di elementi a favore di un’attivita’ imprenditoriale della ricorrente appellata particolarmente sviluppata.

7. Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 112, 115 e 116, in relazione agli artt. 131 e 132 c.p.c., cioe’ sempre vizi del procedimento.

Il motivo censura la riduzione dell’ammontare del danno e lo fa inammissibilmente ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, evocando senza individuazione specifica “la copia della corrispondenza con cui si fa, invece, riferimento alla richiesta, rigettata dagli istituti di credito (a causa dell’ipoteca de qua)”.

Non solo: la Corte territoriale non ha messo in dubbio che il fido fosse rifiutato, ma ha escluso che integrasse danno la sua mancata percezione e, quindi, la perdita della relativa somma, ravvisando invece il danno che ha poi equitativamente liquidato nella perdita della chance di utilizzo della somma per l’attivita’ imprenditoriale.

8. Con il quinto motivo si lamenta che la Corte territoriale nulla abbia detto sull’appello incidentale che la qui ricorrente aveva proposto con riferimento a ciascuno dei separati appelli avversari riguardo alla statuizione sulle spese del giudice di primo grado in quanto non conforme alla nota spese.

Il motivo e’ inammissibile.

E’ palese che, avendo accolto la Corte territoriale parzialmente gli appelli principali, la statuizione del primo giudice sulle spese rimase travolta, sicche’ non vi era da provvedere sulla sua correttezza, ma si doveva, cosa che quella Corte ha fatto, provvedere ad una nuova liquidazione per entrambi i gradi.

9. Il ricorso principale e’ rigettato.

10. Il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate e’ inammissibile, in quanto il relativo controricorso non reca un’esposizione del fatto ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3, limitandosi ad enunciare sotto la intestazione “fatto” solo di aver ricevuto la notifica del ricorso per cassazione contro la sentenza qui impugnata e l’avere questa parzialmente riformato la decisione di primo grado “che, a sua volta, aveva accolto il ricorso della contribuente in tema di risarcimento del danno per illegittima iscrizione ipotecaria relativa a cartella di pagamento emessa dall’Agente della riscossione”.

D’altro canto, nemmeno nella successiva esposizione delle ragioni contro il ricorso principale si rinviene l’enunciazione di quanto richiesto dal requisito dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

Ne segue l’inammissibilita’ ai sensi del principio di diritto secondo cui: “Il controricorso, avendo la sola funzione di contrastare l’impugnazione altrui, non necessita dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, potendo richiamarsi a quanto gia’ esposto nel ricorso principale; tuttavia, quando detto atto racchiuda anche un ricorso incidentale deve contenere, in ragione della sua autonomia rispetto al ricorso principale, l’esposizione sommaria dei fatti della causa ai sensi del combinato disposto dell’art. 371 c.p.c., comma 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Ne consegue che il ricorso incidentale e’ inammissibile tutte le volte in cui si limiti ad un mero rinvio all’esposizione del fatto contenuta nel ricorso principale, potendo il requisito imposto dal citato art. 366, reputarsi sussistente solo quando, nel contesto dell’atto di impugnazione, si rinvengano gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalla parti, senza necessita’ di ricorso ad altre fonti” (Cass. n. 76 del 2010, ex multis).

11. Con l’unico motivo del suo ricorso incidentale la Riscossione Sicilia lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 2043 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Illegittimita’ per carenza assoluta di prova del danno subito dalla Miritz e D.B. s.r.l.”.

11.1. Il motivo si duole in primo luogo che sia stato riconosciuto il danno da perdita di chance per la mancata erogazione del fido senza che la ricorrente avesse dimostrato di avere perduto, in ragione della stessa, l’affare per la cui conclusione il fido sarebbe dovuto servire.

Senonche’, si sollecita lo scrutinio di questa Corte senza una precisa individuazione dei termini della prospettazione con cui la ricorrente aveva richiesto il risarcimento in relazione a detto non meglio individuato affare e, dunque, tenuto conto che la sentenza impugnata ha proceduto ad una liquidazione equitativa del danno da perdita di chance espressamente fra l’altro alludendo alla carenza di “elementi che depongano per una attivita’ di impresa particolarmente sviluppata”, il che sottende che elementi per la liquidazione equitativa comunque vi fossero, sarebbe stata necessaria, per fare assumere rilievo decisivo alla doglianza, una puntuale descrizione della prospettazione della ricorrente inerente il detto affare e di quanto essa avesse o non avesse evidenziato, o avesse evidenziato in modo generico.

Viceversa, a pagina 29 del ricorso incidentale si dice che la ricorrente aveva prodotto “esclusivamente missive tra la stessa e la Banca, dalle quali si evince una richiesta di fido assumendo la sussistenza di contrattazioni con societa’ a livello nazionale per la trasformazione di agrumi di circa un milione di euro”, ma ci si astiene, oltre che dall’indicare ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, dette missive, dall’individuare, riproducendole direttamente oppure riassumendole con indicazione del se e dove l’indiretta riproduzione sarebbe riscontrabile, le argomentazioni e le allegazioni della qui ricorrente in ordine al danno, si’ da evidenziare la dedotta carenza di specificita’ dell’attivita’ di allegazione, in modo da palesare che l’esercizio del potere equitativo di liquidazione del danno sia avvenuto in una situazione in cui la perdita della chance dell’affare non era dimostrata.

11.2. Con una seconda censura si imputa alla sentenza impugnata di non avere indicato i criteri con cui ha quantificato il danno liquidato equitativamente, ma anche qui – in presenza della valorizzazione a favore delle resistenti ed a danno della ricorrente di un elemento negativo, che evidentemente emergeva dagli atti, cioe’ che l’attivita’ imprenditoriale non fosse particolarmente sviluppata – sarebbe stato necessaria sempre la precisa individuazione di quale fosse il quadro delle allegazioni in presenza delle quali l’art. 1226 c.c., e’ stato applicato dalla Corte di merito.

In mancanza anche di questa censura come della prima non e’ dimostrata la decisivita’ si’ da giustificare la cassazione della sentenza ed un giudizio di rinvio, tenendo conto che il terreno oggetto di discussione concerne una liquidazione del danno da perdita di chance che fisiologicamente suppone l’esercizio del potere equitativo, sebbene sulla base di elementi idonei ad evidenziarlo.

11.3. Occorreva in definitiva ed e’ notazione che concerne l’intero motivo esaminando fornire alla Corte un quadro preciso di quale fosse stata la prospettazione della ricorrente principale e di come su di essa si fosse articolato il contraddittorio prima davanti al primo giudice e, quindi, davanti a quello d’appello, la cui pur scarna motivazione in mancanza di tale quadro non puo’ essere censurata per le complessive ragioni dette, non potendosi considerare, del resto, nemmeno come motivazione carente ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4.

12. Conclusivamente il ricorso principale e’ rigettato. L’incidentale dell’Agenzia delle Entrate e’ dichiarato inammissibile. L’incidentale della Riscossione Sicilia s.p.a. e’ rigettato.

Gli esiti negativi di tutti i ricorsi giustificano la compensazione delle spese fra tutte le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale Riscossione Sicilia s.p.a., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate e rigetta il ricorso incidentale della Riscossione Sicilia s.p.a. Compensa le spese del giudizio di cassazione riguardo a tutti i rapporti processuali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale Riscossione Sicilia s.p.a., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2016

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