Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14346 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 08/07/2020), n.14346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31568/2018 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Tagliamento N

45 presso lo studio dell’avvocato Maurizio Dell’Unto che lo

appresenta e difende unitamente all’avvocato Claudio Roberto

Santarelli;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del ministro pro tempore,

domiciliato ex lege in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

18/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.M., cittadino (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, basato su tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Brescia e avverso il decreto n. 3894/2018 del Tribunale di Brescia, depositato in data 18 agosto 2018, di rigetto del ricorso dallo stesso proposto in primo grado e volto ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia “Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”.

2. Con il secondo motivo si deduce “Violazione ed errata applicazione delle norme di diritto in merito alla domanda di protezione sussidiaria – Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 8 – Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007”.

3. Con il terzo motivo si lamenta “Violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6: difetto di giudicato sulla domanda del ricorrente di permesso di soggiorno”.

4. Rileva il Collegio che il ricorso è inammissibile, stante la non specificità e l’incompletezza della procura apposta a margine (della prima pagina) del ricorso, documento nel quale non è indicata la data di rilascio e così, in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, quinto periodo, non risulta la prescritta certificazione, da parte del difensore, della “data del rilascio in suo favore”, quale imposta al fine di dar conto, a pena di inammissibilità del ricorso, del suo conferimento “in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato”.

Si osserva al riguardo che questa Corte già ha affermato che “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poichè tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’Interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3” (Cass. 5/07/2018, n. 17717); e, in fattispecie analoga, questa medesima Corte ha concluso per la inammissibilità della “procura su foglio separato e spillato in calce, ma niente consente di dire che la procura sia stata giustappunto rilasciata dopo la comunicazione del provvedimento impugnato, atteso che sulla procura anzidetta non risulta apposta nè la data di conferimento, nè attestazione veruna” (Cass., ord., 25/11/2019, n. 30620).

Ed invero, la specialità della norma deriva dalla peculiare connotazione pubblicistica che la “certificazione”, quale demandata al difensore, viene ad assumere nel contesto del conferimento della procura; per esso, non si ha mera declinazione modale del sistema già congegnato all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3 e art. 125 c.p.c., comma 3, demandandosi invece al difensore un atto di fidefacienza, con peculiare valore di riscontro, che il conferimento della procura è avvenuto posteriormente alla comunicazione del decreto impugnato; ne deriva che tale “certificazione” implica di necessità l’asseverazione qualificata – possibile solo in capo al difensore investito del mandato ad impugnare per cassazione e a ciò abilitato – della presenza del richiedente protezione – di regola – nel territorio dello Stato, così formandosi un documento firmato, a sua volta, in presenza del difensore e nel preventivo accertamento dell’identità del sottoscrittore; la locuzione impiegata (certificazione), rinviando in modo specifico ad un unico soggetto autore della condotta e alla correlativa responsabilità, appare invero strettamente connessa ad un “modo” predeterminato, scelto dalla legge, di far risultare la posteriorità del mandato rispetto alla comunicazione del decreto, perciò integrando direttamente, accanto ad una funzione di controllo – come visto – della sottoscrizione e della sua provenienza (e, con essa, della volontà di impugnare, ex art. 83 c.p.c.), una speciale potestà asseverativa, di fidefacienza, conferita ex lege al difensore abilitato.

Va dunque espresso il seguente principio: in materia di protezione internazionale, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, il conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità alla comunicazione del decreto impugnato, va certificato nella sua data di rilascio dal difensore; ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale la procura (nella specie, apposta a margine dell’atto) non indica la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, nè il citato requisito potendo discendere dalla mera inerenza all’atto steso a fianco o dalla sequenza notificatoria.

5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass., sez. un., 20 settembre 2019, n. 23535; v. anche Cass. 5/04/2019, n. 9660; Cass., ord., 30/10/2019, n. 27867; Cass., ord., 14710/2019, n. 25862).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore del Ministero controricorrente, in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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