Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14345 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 08/07/2020), n.14345

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29635/2018 proposto da:

E.H., considerato domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso

la Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro

Praticò;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

29/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto n. 3386/2018, depositato il 29 agosto 2018 e comunicato il 30 agosto 2018 a mezzo pec, il Tribunale di Brescia ha rigettato il ricorso di E.H., cittadino della (OMISSIS) ((OMISSIS)), avente ad oggetto il riconoscimento della protezione sussidiaria o, in subordine, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale aveva riferito di aver lasciato la (OMISSIS) per timore di essere ucciso dagli zii, i quali avevano assassinato suo padre, che si era rifiutato di vendere i terreni ereditati, quale primogenito, dal nonno, e, dopo i funerali del padre, lo avevano fatto aggredire e minacciato di morte se non avesse consegnato i documenti attestanti la proprietà dei predetti terreni. Il ricorrente aveva pure riferito di aver presentato denuncia in relazione a tali fatti alla polizia e che tuttavia questa non aveva espletato alcuna attività di indagine.

Avverso il richiamato decreto, il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno.

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, artt. 2 e 3 CEDU, per non avere applicato in modo corretto le norme sull’onere della prova e sulla valutazione di credibilità del richiedente asilo e per avere omesso l’esperimento dell’istruttoria richiesta dalla legge nell’esame delle domande di protezione internazionale e per non avere il Tribunale valutato compiutamente la situazione personale dell’odierno ricorrente e la documentazione prodotta in atti in ordine alla situazione della (OMISSIS), oltre al vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3) per omessa motivazione/motivazione apparente ovvero inosservanza dell’obbligo imposto al giudice dall’art. 132 c.p.c., n. 4 (esporre in fatto e diritto); travisamento dei fatti”.

2. Il secondo motivo è così rubricato: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3 del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, artt. 2 e 10 Cost., art. 8 Conv. Europea Dir. dell’Uomo, art. 360 c.p.c. comma 1, per avere motivato in maniera generica e senza sufficiente istruttoria nell’esame della domanda di protezione umanitaria”.

3. I motivi, da trattare unitariamente, perchè strettamente connessi, sono inammissibili.

4. Nella specie, in sostanza, il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia “fondato la sua valutazione negativa sull’affidabilità delle dichiarazioni del Sig. E.H., sopravvalutando alcune incoerenze nel racconto, senza minimamente tener presente i riscontri oggettivi collegati a fatti notori (nella specie, corruzione della polizia (OMISSIS)) e senza applicare il beneficio del dubbio e soprattutto senza fare una valutazione di insieme della credibilità del cittadino straniero, fondata su un esame comparativo e complessivo degli elementi di affidabilità e di quelli critici, venendo meno al suo dovere di “cooperazione istruttoria””. Lamenta, altresì, il ricorrente che il primo Giudice abbia “dato illegittimamente rilievo all’esistenza di aree sicure nel paese di origine, trascurando i riscontri oggettivi, dedotti dal ricorrente e documentati da numerose fonti di informazione e giurisprudenza di merito che ha riconosciuto la protezione sussidiaria ai cittadini (OMISSIS)”, ritenendo sussistente in gran parte del territorio di quel Paese “una violenza generalizzata diffusa e indiscriminata”.

4.1. Osserva il Collegio che, con riferimento specifico alla protezione internazionale, questa Corte ha già avuto modo di precisare condivisibilmente che “La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito” (Cass., ord., 5/02/2019, n. 3340, v. anche Cass., ord., 7/08/2019, n. 21142).

E il Tribunale ha ampiamente motivato in tema di non credibilità del ricorrente.

4.2. Vanno disattese pure le doglianze relative alla lamentata inosservanza, da parte del Tribunale, del principio di cooperazione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 alla luce dell’orientamento della giurisprudenza di legittimità sul punto, cui va data continuità in questa sede. Questa Corte ha, infatti, affermato che “In tema di riconoscimento della protezione sussidiaria, il principio secondo il quale, una volta che le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad approfondimenti istruttori officiosi, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori, non riguarda soltanto le domande formulate ai sensi dell’art. 14, lett. a) e b) del predetto decreto, ma anche quelle formulate ai sensi dell’art. 14, lett. c), poichè la valutazione di coerenza, plausibilità e generale attendibilità della narrazione riguarda “tutti gli aspetti significativi della domanda” (art. 3, comma 1) e si riferisce a tutti i profili di gravità del danno dai quali dipende il riconoscimento della protezione sussidiaria” (Cass., ord., 19/02/2019, n. 4892). E’ stato pure condivisibilmente precisato dalla giurisprudenza di legittimità che “In materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5” (Cass., ord., 12/06/2019, n. 15794).

Va pure evidenziato che questa Corte ha, altresì, affermato che “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a) essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati. La valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) del ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass., ord., 30/10/2018, n. 27503) e nella specie, come già evidenziato, con accertamento in fatto, il Tribunale ha motivatamente ritenuto che le dichiarazioni rese dal ricorrente sono poco credibili.

Va pure rimarcato che questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio, che va ribadito in questa sede, secondo cui “In tema di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 enuncia alcuni parametri, meramente indicativi e non tassativi, che possono costituire una guida per la valutazione nel merito della veridicità delle dichiarazioni del richiedente, i quali, tuttavia, fondandosi sull’id quod plerumque accidit, non sono esaustivi, non precludendo la norma la possibilità di fare riferimento ad altri criteri generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese, non essendo, in particolare, il racconto del richiedente credibile per il solo fatto che sia circostanziato, ai sensi del comma 5, lett. a) medesima norma, ove i fatti narrati siano di per sè inverosimili secondo comuni canoni di ragionevolezza” (Cass., ord., 31/07/2019, n. 20580).

4.3. A quanto precede va aggiunto che, il primo Giudice ha evidenziato “che in nessuna parte del suo racconto (il ricorrente) ha allegato che, in caso di rimpatrio, rischierebbe la vita o l’incolumità personale a causa di una situazione di generalizzata e indiscriminata violenza derivante da un conflitto armato” e tali affermazioni non sono state oggetto di specifiche censure da parte del ricorrente, che si è limitato a richiamare (v. ricorso p. 9) “riscontri oggettivi, dedotti dal ricorrente e numerose fonti di informazione e giurisprudenza di merito”, senza precisare al riguardo alcunchè, sicchè la relativa doglianza risulta pure generica, con conseguente inammissibilità della stessa ex art. 366 c.p.c., n. 6.

4.4. Inoltre, citando fonti internazionali attendibili e sufficientemente aggiornate (v. p. 4 del decreto impugnato), il Tribunale ha pure – in base ad un accertamento di merito, insindacabile in questa sede – ritenuto che, nella zona dell'(OMISSIS) (di provenienza del ricorrente, avendo egli affermato di aver sempre vissuto a (OMISSIS)), non sono segnalati scontri riconducibili a (OMISSIS) e che ivi si segnala “una criminalità sostanzialmente comune, prevalentemente indirizzata contro gli stranieri che lavorano per le compagnie petrolifere e comunque tale da non determinare una rilevante e stabile perdita di controllo del territorio da parte dell’autorità governativa, che costituisce il dato veramente indicativo dell’esistenza di un conflitto armato interno ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c)”.

5. Parimenti da disattendere sono le doglianze relative al mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

A tale riguardo il ricorrente propone doglianze totalmente generiche, con riferimento sia alla dedotta situazione di vulnerabilità soggettiva, sia alla situazione della (OMISSIS), sollecitando un’inammissibile rivalutazione degli accertamenti di fatto effettuata dai Giudici di merito, che hanno, con motivazione adeguata e non meramente apparente – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – escluso, nel caso concreto, la sussistenza di fattori di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva, anche mediante ampia e dettagliata descrizione della situazione del Paese di origine del richiedente, ed in particolare della zona specifica di provenienza del ricorrente ((OMISSIS)), con indicazione delle fonti.

6. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

7. Non vi è luogo a provvedere per le spese del giudizio di cassazione nei confronti dell’intimato, non avendo lo stesso svolto attività difensiva in questa sede.

8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass., sez. un., 20 settembre 2019, n. 23535; v. anche Cass. 5/04/2019, n. 9660; Cass., ord., 30/10/2019, n. 27867; Cass., ord., 14710/2019, n. 25862), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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