Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14344 del 13/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 13/07/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 13/07/2016), n.14344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13471/2014 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ELIO

VITTORINI 110, presso lo studio dell’avvocato BASILIO ANTONINO

PITASI, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

C.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 392/2013 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata il 24/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Reggio Calabria con sentenza n. 713 del 2003 rigettava la domanda proposta da B.V. e B.O. volta a conseguire la condanna di C.M. alla restituzione della cappella insistente sul suolo cimiteriale di (OMISSIS), particella n. 70, nonche’ la condanna del Comune di Reggio Calabria alla revoca della convenzione contrassegnata dal numero di repertorio 19440 del 7 novembre 1975 stipulata con C.M. con la quale veniva concesso in uso alla stessa la particella, riconducibile alla propria cappella cimiteriale.

Secondo il Tribunale di Reggio Calabria, gli attori avevano proposto una domanda di petizione di eredita’ avente ad oggetto l’edicola funeraria di cui si dice, spendendo la propria qualita’ di coeredi degli zii B.P. e B.A., originari concessionari in uso perpetuo del terreno cimiteriale, deceduti senza lasciare prole, nonche’ della zia Bi.Ad., anch’essa deceduta senza prole alla quale era stata trasferita la concessione del suolo cimiteriale.

Il Tribunale disattendeva la domanda attorea osservando che gli attori avevano del tutto omesso di provare l’accettazione dell’eredita’ loro devoluta, nonche’ l’esistenza del bene immobile nell’asse ereditario all’epoca dell’apertura della successione di Bi.Ad.. La Corte di Appello di Reggio Calabria, su appello dei germani B. con contraddittorio integro, con sentenza n. 392 del 2013 dichiarava inammissibile l’appello, compensava integralmente le spese di lite. Secondo la Corte di Reggio Calabria, B.G. era priva della legittimazione ad agire, dato che non aveva adeguatamente comprovato la propria qualita’ di erede di B.V. e B.O.. Invero, secondo la Corte distrettuale, B.G. si e’ detto erede di questi, anche in rappresentazione del proprio padre B.L. deceduto in data anteriore al decesso di V. ed O.. La documentazione prodotta da B.G. non era utile alla dimostrazione della sua qualita’ di erede dei fratelli di B..

La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta da B.G. per un motivo. C.M., intimata, in questa fase non ha svolto attivita’ giudiziale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo di ricorso B.G. lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 565 e 2697 c.c., avendo la Corte erroneamente ritenuto non provata, sulla base dei documenti anagrafici prodotti, in capo ad esso ricorrente, la qualita’ di erede di B.O. e B.V.. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto della dichiarazione resa nelle forme di cui del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 47, con cui il ricorrente dichiarava di essere nipote discendente del signor B.V. e B.O.. Ad un tempo, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto neppure che dalla documentazione anagrafica risultava che B.O., B.V. e B.L. erano tre fratelli, figli di B.G. e M.A.. Essendo il ricorrente figlio di B.L. sarebbe nipote di B.V. e B.O.. Poiche’ i fratelli B.O. e V. sono morti senza lasciare discendenti ed ascendenti il nipote pro quota ne sarebbe l’erede legittimo.

1.1.- Il motivo e’ fondato.

Come insegnano le Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione (sent. 12065 del 2014, richiamata anche con la memoria ex art. 378 c.p.c., dal ricorrente) colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio civile pendente tra altre persone, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., oltre che del decesso della parte originaria, anche della sua qualita’ di erede di quest’ultima; a tale riguardo la dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta’ di cui del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, artt. 46 e 47, non costituisce di per se’ prova idonea di tale qualita’, esaurendo i suoi effetti nell’ambito dei rapporti con la P.A. e nei relativi procedimenti amministrativi, tuttavia il giudice, ove la stessa sia prodotta, dovra’ valutare adeguatamente (anche ai sensi della nuova formulazione dell’art. 115 c.p.c., come novellato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 14, in conformita’ al principio di non contestazione), il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta’ viene fatta valere, con riferimento alla verifica della contestazione o meno della predetta qualita’ di erede e, nell’ipotesi affermativa, al grado di specificita’ di tale contestazione, strettamente correlato e proporzionato al livello di specificita’ del contenuto della dichiarazione sostitutiva suddetta.

Ora, nel caso in esame, la Corte distrettuale non ha osservato questi principi ed, in particolare, non ha tenuto conto che B.G. aveva documentato la sua qualita’ di erede di B.O. e B.V., con dichiarazione sostitutiva del D.P.R. n. 445 del 2000, ex art. 47 e dalla sentenza impugnata non emerge che detta dichiarazione fosse stata contestata. E di piu’, la Corte distrettuale non ha sufficientemente chiarito se la correlazione che esiste tra i diversi documenti depositati dall’attuale ricorrente (estratti degli atti di nascita relativi ai soggetti coinvolti nella ricostruzione successoria e la ulteriore certificazione anagrafica) non indicasse, con ragionevole certezza, che B.O. e B.V. fossero fratelli di B.L. e fossero morti senza discendenza che B.G. fosse figlio di B.L. e, dunque, nipote di B.V. e B.O. e se ragionevolmente nel seguire la discendenza ex art. 565 c.c., B.G. potesse essere indicato erede di B.O. e B.V..

In definitiva, il ricorso va accolto la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Appello di Reggio Calabria in altra composizione per un nuovo esame alla luce dei principi appena richiamati. La Corte di appello di Reggio Calabria avra’ il compito di determinare il regolamento delle spese anche del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Reggio Calabria, in altra composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera del Consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2016

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