Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14343 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 08/07/2020), n.14343

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35141/2018 proposto da:

M.P., rappresentato e difeso dall’avvocato Stefania Santilli,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

30/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 4354/2018 depositato il 30-10-2018 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso di M.P., cittadino della Nigeria, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè minacciato di morte dallo zio, padre della ragazza, sua cugina, di cui si era innamorato e che si era suicidata, credendo morto il ricorrente. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della (OMISSIS) e dell'(OMISSIS), descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “VIOLAZIONE DI LEGGE ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al requisito di straordinaria necessità ed urgenza del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13; dell’art. 77 e 111 Cost. e dei limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988, art. 15. Illegittimità costituzionale”.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Per costante giurisprudenza di questa Corte la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente col motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass. n. 15879/2018). Peraltro con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente prospetta. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6, e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 CEDU, nonchè dell’art. 15, p. 3, lett. a) e art. 46, p. 3 della direttiva 2013/32/UE, dell’art. 13, p. 3, lett. a) della direttiva 2005/85/UE e dell’art. 4, p. 3 della direttiva 2004/83/UE, ex art. 360 c.p.c., n. 3; travisamento dei fatti; violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni dei richiedenti fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 comma 5, lett. c), non avendo compiuto alcun esame comparativo tra le informazioni provenienti dal richiedente stesso e la situazione del paese di origine; violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale. Violazione dei parametri normativi per la definizione di un danno grave. Violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”. Deduce che, in relazione al diniego della protezione sussidiaria ed alla valutazione di inattendibilità della vicenda personale narrata, il Tribunale ha travisato i fatti, in quanto il ricorrente aveva indicato quale soggetto persecutore la famiglia della ragazza di nome A. che si era suicidata ed aveva riferito il suo timore di vendetta, da parte non della sua famiglia di origine, ma dei familiari della ragazza per essere stato ritenuto la causa, seppure indiretta, della sua morte. Inoltre le suddette minacce di morte gli erano state rivolte dopo la sua fuga. Censura la valutazione del Tribunale sulla situazione generale del Paese, assume che sia stato violato il principio dell’onere probatorio attenuato a suo carico e della cooperazione istruttoria ufficiosa, lamentando che il Tribunale non abbia raccolto fonti idonee a suffragare l’attendibilità del suo racconto. Ad avviso del ricorrente, inoltre, dallo stesso rapporto Easo citato nel decreto impugnato emergeva una situazione di grave instabilità del suo Paese.

4. Con il terzo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10 Cost., comma 3, art. 2 Cost. e art. 8 cedu; motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità in relazione al contesto di provenienza; Violazione del dovere di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale motivazione apparente e violazione dell’art. 2967 c.c.”. Deduce che il Tribunale ha omesso di valutare, quanto alla sua condizione di vulnerabilità oggettiva e soggettiva, da un lato la situazione generale, di povertà, violenza, corruzione del Paese di origine, alla stregua delle fonti citate nello stesso decreto impugnato, per la loro rilevanza ai fini della concessione della protezione umanitaria, e, dall’altro lato, il fatto che il ricorrente è privo di una rete familiare di sostegno e, assente da quasi quattro anni dalla (OMISSIS), non avrebbe possibilità concrete di reinserirsi nel suddetto Paese.

5. Il secondo motivo è inammissibile.

5.1. Il ricorrente censura la valutazione di non credibilità della sua vicenda personale, sollecitando, inammissibilmente, la rivalutazione di un apprezzamento di merito, che, nel caso di specie, è stato adeguatamente motivato e non è pertanto sindacabile in sede di legittimità (Cass. S.U. n. 8053/2014 e Cass.n. 3340/2019).

Il Tribunale ha ritenuto inattendibile la vicenda narrata dal richiedente, esaminando proprio il fatto che il padre della ragazza morta voleva ucciderlo ed escludendone la verosimiglianza in base a plurimi profili di contraddittorietà (pag. n. 4). Una volta espresso dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata, il giudizio di non credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b) D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018). Non vi è infatti ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo (Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064 del 2018 e Cass. n. 30105 del 2018).

Nel caso di specie il Giudice territoriale, con motivazione adeguata ed indicando le fonti di conoscenza (pag. n. 5 decreto impugnato), ha analizzato la situazione politica del Paese ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di origine del ricorrente ((OMISSIS)).

6. Anche l’ultimo motivo è inammissibile.

6.1. Occorre precisare, in via preliminare, con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Ciò posto, il ricorrente allega genericamente la propria situazione di vulnerabilità senza alcun riferimento individualizzante, limitandosi a richiamare la normativa di riferimento e alcune pronunce di questa Corte, nonchè la situazione di instabilità e povertà della (OMISSIS).

Il Tribunale ha rilevato l’insussistenza di fattori soggettivi di vulnerabilità, evidenziando che il richiedente non ha problemi di salute, ha piena capacità lavorativa ed ha anche parenti in (OMISSIS), ed ha escluso, altresì, la sussistenza di fattori oggettivi di vulnerabilità, richiamando le fonti di conoscenza.

Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia, peraltro del tutto genericamente allegato, non può essere isolatamente considerato, diventando recessivo se difetta la vulnerabilità, come nella specie, ed inoltre la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione del Ministero.

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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