Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14340 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/06/2010, (ud. 14/04/2010, dep. 15/06/2010), n.14340

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23228-2006 proposto da:

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta pro tempore,

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’avvocato

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

E.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 720/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/07/2005 r.g.n. 8054/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2010 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO, che ha concluso per:

dichiararsi inammissibile il ricorso e in subordine rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe indicata del 26 luglio 2005 la Corte d’appello di Roma confermava la statuizione di primo grado, con cui era stata rigettata l’opposizione proposta dalla Regione Lazio avverso il decreto ingiuntivo per il pagamento al dr. Giorgio E., medico convenzionato, della indennità di cui all’art. 41 D.P.R. 314/90 (indennità di qualificazione dello studio professionale); la Corte adita, rigettava entrambi i motivi d’appello della Regione, sia quello sulla carenza di prove sul diritto all’indennità, sul rilievo che l’ E. aveva prodotto documentazione (nota del dirigente sanitario ASL RM H) da cui risultava che il medesimo era inserito nell’elenco dei medici aventi diritto, sulla base delle note dell’assessorato salvaguardia e salute della Regione. Rigettava altresì il motivo di appello sulla parziale prescrizione del credito, sul rilievo che questa era stata interrotta dalla lettera del 15 gennaio 1996.

Avverso detta sentenza la Regione Lazio propone ricorso con tre motivi. L’ E. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunziando violazione degli artt. 2697, 2702, 2730 e 2944 cod. civ. e D.P.R. n. 314 del 1990, art. 41 nonchè difetto di motivazione, si lamenta essere stato valutato che il documento sull’inserimento del dr. E. nella nota degli aventi diritto, proveniva dalla USL e quindi da ente soppresso e non già dalla Regione che era obbligata.

La censura non merita accoglimento. L’art. 44 della convenzione (D.P.R. n. 314 del 1990) prevede il diritto alla indennità a condizione che gli studi professionali dei medici “risultino, previa verifica da svolgersi a cura della USL, entro il termine massimo di tre mesi dalla data del D.P.R. di recepimento del presente accordo, in possesso del livello strutturale indicato dall’art. 41, lett. l”.

Ne consegue che il documento proveniente dalla Usi, in quanto delegata a compiere gli accertamenti, è idoneo a fornire piena prova.

Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e degli artt. 2697, 2702, 2730 e 2944 cod. civ. e D.P.R. n. 314 del 1990, art. 44 e della dichiarazione a verbale n. 10 (recte 14) allegata al predetto D.P.R., nonchè difetto di motivazione, si sostiene non esservi prova che l’ E. rientrasse nel numero degli aventi diritto essendosi superata la quota. Inoltre non vi sarebbe motivazione rispetto a quanto dedotto da essa Regione e cioè che spettava una somma minore in forza dell’accordo del 1997.

Neppure questo motivo merita accoglimento, dal momento che risulta dal documento citato che l’ E. era nell’elenco dei medici aventi diritto all’indennità sulla base delle note dell’Assessorato regionale. Inoltre non è riportato in ricorso il testo dell’asserito accordo del 1997, con cui si sarebbe operata la riduzione dell’indennità, di talchè non è consentito alla Corte di verificare la decisività della censura.

Con il terzo mezzo, denunziando violazione degli artt. 1218, 2934 e 2944 cod. civ. e difetto di motivazione si lamenta che sia stata considerata come interruttiva della prescrizione la lettera inviata dall’ E. nel 1996 alla USL ancorchè questa fosse stata già soppressa. Neppure questo motivo merita accoglimento giacchè non vi è dubbio che la USL fosse dante causa della Regione e che quindi la richiesta inviata alla prima fosse idonea ad interrompere la prescrizione nei confronti della seconda.

E” stato infatti affermato (Cass. n. 1532 del 26/01/2010) che “In seguito alla soppressione delle USL ad opera del D.Lgs. n. 502 del 1992, che ha istituito le A.U.S.L., e per effetto della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 1, e della L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14, che hanno individuato nelle Regioni i soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti degli organismi soppressi mediante apposite gestioni a stralcio (di pertinenza delle Regioni anche dopo la trasformazione in gestioni liquidatorie affidate ai direttori generali delle nuove aziende), si è verificata una successione “ex lege” delle Regioni nei rapporti di debito e credito già facenti capo alle vecchie USL, caratterizzata da una procedura di liquidazione. Questo principio comporta che la legittimazione sostanziale e processuale concernente i pregressi rapporti creditori e debitori delle soppresse USL spetta alle Regioni o anche alle gestioni liquidatorie, ove convenute nella loro qualità di organi delle prime”.

Il ricorso va quindi rigettato. Nulla per le spese, non avendo la controparte svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

 

 

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