Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14340 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 08/07/2020), n.14340

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34473/2018 proposto da:

J.M., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato

Massimo Gilardoni giusta procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

09/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 4007/2018 depositato il 09-10-2018 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso di J.M., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che non avessero significativa rilevanza le questioni etniche, e in particolare il trattamento dei cittadini di etnia (OMISSIS), in quanto il richiedente aveva affermato di appartenere al gruppo (OMISSIS), come suo padre, e lamentava il fatto che lo zio paterno, parimenti di etnia (OMISSIS), avesse insultato gli zii materni in quanto di etnia (OMISSIS). Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del (OMISSIS), descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

3.1I ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente formula “in via preliminare richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13 così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, n. 3 septies per violazione dell’art. 3, comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2; art. 111 Cost., commi 1, e comma 7, nella parte in cui stabilisce che il procedimento è definito, con decreto non reclamabile, entro sessanta giorni dalla presentazione del ricorso”.

2. Con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate tutte le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente ripropone. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con il primo motivo lamenta “nel merito: violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c) in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8”. Richiamando il principio di attenuazione dell’onere probatorio, si duole della valutazione del contesto in cui si inserisce la sua vicenda personale, attinente a conflitti religiosi, e deduce che, in riferimento alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) il Tribunale non aveva adeguatamente valutato la situazione del (OMISSIS), che era ancora fluida ed incerta, nonostante l’insediamento del nuovo Presidente B., non essendo il paese ancora del tutto pacificato, e lamentando la mancata acquisizione del rapporto Easo 2017.

4. Con il secondo motivo lamenta “nel merito: violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 11 con particolare riferimento al mancato riconoscimento dell’autonoma rilevanza giuridica, ai fini del rilascio del permesso umanitario, alla condizione di estrema povertà dello straniero nel Paese d’origine, poichè tale condizione compromette in modo radicale il “raggiungimento degli standards minimi per un’esistenza dignitosa” alla luce delle enunciazioni di cui alla Sentenza della Corte di Cassazione n. 4455/2018″. Deduce che il Tribunale ha omesso di valutare, quanto alla condizione di sua vulnerabilità, il fattore della povertà, l’adeguata integrazione sociale in comparazione con la condizione di provenienza, avuto riguardo al diritto di condurre una vita dignitosa, richiamando la pronuncia di questa Corte n. 4455/2018. Lamenta inoltre la mancata valutazione della situazione di instabilità politica ed amministrativa del Paese di origine, anche con riferimento alla tutela dei diritti umani fondamentali, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria.

5. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

5.1. Il ricorrente censura la valutazione del Tribunale sulla situazione generale della (OMISSIS), facendo generico riferimento a conflitti religiosi non meglio precisati, ed invece la vicenda personale narrata, come riportata nel decreto impugnato e nella stessa parte espositiva del ricorso, attiene a conflitti etnici. Inoltre si duole del mancato riconoscimento della dedotta sua vulnerabilità, di nuovo senza confrontarsi con il percorso argomentativo di cui al decreto impugnato, limitandosi a dedurre genericamente la violazione di norme di legge, attraverso il richiamo alle disposizioni che assume disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata nel giudizio di merito.

Il Tribunale ha ritenuto che non fosse credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, per incoerenza e contraddittorietà intrinseca dei fatti narrati e in dettaglio esaminati. I Giudici di merito hanno affermato che non avessero significativa rilevanza le questioni etniche, e in particolare il trattamento dei cittadini di etnia (OMISSIS), in quanto il richiedente aveva affermato di appartenere al gruppo (OMISSIS), come suo padre, e lamentava il fatto che lo zio paterno, parimenti di etnia (OMISSIS), avesse insultato gli zii materni in quanto di etnia (OMISSIS).

Inoltre i Giudici di merito hanno dato conto della situazione generale del (OMISSIS), in base alle fonti di conoscenza indicate, escludendo la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata e indiscriminata da conflitto armato nel Paese, così compiutamente esercitando il dovere di cooperazione istruttoria ed effettuando un accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivato, come nella specie (Cass. n. 30105/2018).

5.2. Quanto al diniego della protezione umanitaria, occorre precisare, in via preliminare, con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis, che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Ciò posto, il ricorrente allega genericamente la propria situazione di vulnerabilità senza alcun riferimento individualizzante, limitandosi a richiamare la normativa di riferimento e alcune pronunce di questa Corte, nonchè la situazione di instabilità e povertà del (OMISSIS).

Il Tribunale ha escluso la sussistenza di fattori soggettivi e oggettivi di vulnerabilità, rilevando, da un lato, che il richiedente è soggetto senza problemi di salute e con piena capacità lavorativa e specifica professionalità di meccanico e, dall’altro lato, che in (OMISSIS) non è riscontrabile una vera e propria emergenza umanitaria per violazione dei diritti umani, in base alle fonti citate nel decreto. Le doglianze svolte in ricorso, ancora una volta, non si confrontano con la motivazione del decreto impugnato.

Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia non può essere isolatamente considerato, diventando recessivo se difetta la vulnerabilità, come nella specie, ed inoltre la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018 richiamata anche nel ricorso).

6. Nulla deve disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la tardiva costituzione del Ministero.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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