Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14339 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/06/2010, (ud. 14/04/2010, dep. 15/06/2010), n.14339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22380-2006 proposto da:

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta pro tempore,

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’avvocato

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

F.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. COLOMBO 436,

presso lo studio dell’avvocato ORTOLANO ANTONIO, che lo rappresenta e

difende, giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2353/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/07/2005 r.g.n. 6862/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2010 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe indicata del 14 luglio 2005 la Corte d’appello di Roma confermava la statuizione di primo grado, con cui era stata rigettata l’opposizione proposta dalla Regione Lazio avverso il decreto ingiuntivo per il pagamento alla dottoressa F.R., medico convenzionato, della indennità di cui al D.P.R. n. 314 del 1990, art. 41 (indennità di qualificazione dello studio professionale e di collaborazione informatica) per il periodo dal 1991 al 1993 per L. nove milioni; la Corte adita rigettava entrambi i motivi d’appello della Regione, sia quello sulla carenza di prove sul diritto all’indennità, sia sulla prescrizione. Rilevava la Corte adita che la prescrizione non poteva decorrere prima dell’accordo del primo luglio 1997 tra la Regione e le OO.SS. con cui era stata ridotta la misura percentuale degli aventi diritto, giacchè il numero di medici in possesso dei requisiti previsti era risultato superiore alle effettive disponibilità. Quanto al diritto alla indennità, ancorchè gravasse sulla richiedente l’onere di dimostrare il possesso delle condizioni prescritte, in particolare quello di cui all’art. 41, lett. L, tuttavia, la Regione, in sede di opposizione alla ingiunzione, non ne aveva contestato l’esistenza eccependo unicamente l’incompetenza territoriale, la carenza di legittimazione passiva, per cui le altre circostanze poste a base dell’istanza dì concessione della ingiunzione, risultavano incontestate e quindi estranee al tema probandum. Avverso detta sentenza la Regione Lazio propone ricorso con due motivi. La F. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente rigettata la eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza dei quesiti di diritto prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. in quanto non necessari dal momento che la sentenza impugnata è stata emessa il 14 luglio 2005 e quindi prima della data del 2 marzo 2006 a partire dalla quale il ricorso deve contenere i quesiti ai sensi del D.Lgs. n. 40 del 2006.

Con il primo motivo la ricorrente – premesso di avere già dato atto, in primo grado, con le note depositate prima dell’udienza di discussione, che, in ragione dell’accordo stipulato nel 1997 la F. aveva diritto al pagamento della minor somma di L. 4.308.400 a titolo di indennità di qualificazione dello studio professionale e che non spettava invece la indennità di collaborazione informatica, non avendo l’interessata fornito idonea prova – si duole che non siano stati esaminati i motivi d’appello in cui si deduceva che, quanto alla indennità di qualificazione, essa spettava nella somma derivante dall’accordo del 1997 e non già in quella superiore di cui all’ingiunzione e che non competeva invece, per mancanza di prova, quella concernente la collaborazione informatica.

La sentenza impugnata, pur avendo affermato, per negare il maturarsi della prescrizione, che il diritto nasceva dall’accordo del 1997, non ne aveva poi tratto le conseguenze, riducendo l’ammontare della somma spettante nella misura stabilita dal medesimo accordo. Con il secondo motivo, lamentando violazione degli artt. 345, 414,416, 420, 437 e 645 cod. proc. civ. nonchè difetto di motivazione, si sostiene che, quanto alla indennità per collaborazione informatica, nel ricorso per D.I. non sarebbero state indicate le circostanze che davano diritto alla indennità, per cui essa non aveva oneri di contestazione.

Il ricorso non merita accoglimento.

Quanto al primo motivo, nella sentenza impugnata non si tratta la questione della misura della indennità di qualificazione dello studio professionale, ma solo se la medesima fosse o no prescritta, perchè ha interpretato l’atto di appello come incentrato solo sulla prescrizione. L’attuale ricorrente avrebbe allora dovuto dimostrare il difetto di motivazione compiuto dalla Corte territoriale nella interpretazione della impugnazione, mettendola a confronto con il tenore dell’atto d’appello. Parimenti infondato è il secondo motivo, in quanto la eccezione relativa alla mancata prova sul diritto alla indennità di collaborazione informatica non era stata dedotta in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, e neppure nel corso del giudizio di primo grado, ma solo con le note finali e quindi oltre il limite della contestabilità dei fatti originariamente incontestati, il quale si identifica con quello previsto dall’art. 420 c.p.c., comma 1, per la modificazione di domande e conclusioni già formulate (cfr. Cass. SU n. 761 del 23/01/2002).

Il ricorso va quindi rigettato e le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 12,00 Oltre duemila Euro per onorari, oltre spese genitali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

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