Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14339 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 08/07/2020), n.14339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34469/2018 proposto da:

K.M., rappresentato e difeso dall’avvocato Stefania Santilli,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

22/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2019 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 4289/2018 depositato il 22-10-2018 il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso di K.M., cittadino della Guinea, avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito perchè ingiustamente accusato dal suo datore di lavoro del furto di due mucche e perciò minacciato di morte. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della (OMISSIS), descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al requisito di straordinaria necessità ed urgenza del D.L. 17 febbraio 2017, n. 13; dell’art. 77 e 111 Cost. e dei limiti previsti dalla L. n. 400 del 1988, art. 15. Illegittimità costituzionale”.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Per costante giurisprudenza di questa Corte la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente col motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata (Cass. n. 15879/2018). Peraltro con le ordinanze n. 17717/2018 e n. 28119/2018 questa Corte ha ritenuto manifestamente infondate le questioni di illegittimità costituzionale che il ricorrente prospetta. Le argomentazioni di cui alle citate ordinanze, da intendersi, per brevità, richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.

3. Con il secondo motivo lamenta “Violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6, e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 CEDU, omesso esame di fatti decisivi e violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni dei richiedenti fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), non avendo compiuto alcun esame comparativo tra le informazioni provenienti dal richiedente stesso e la situazione nelle aree indicate da eseguirsi e l’assenza di una protezione interna da parte della polizia mediante la puntuale osservanza degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale. Violazione art. 111 Cost., comma 6 e art. 24 Cost. Nullità della sentenza omissione di motivazione, motivazione apparente ex art. 360, n. 3 e n. 5”. Deduce che, in relazione al diniego dello status di rifugiato ed alla valutazione di inattendibilità della vicenda personale narrata, il Tribunale ha violato il principio dell’onere probatorio attenuato a carico del richiedente e della cooperazione istruttoria ufficiosa, omettendo di raccogliere fonti idonee a suffragare l’attendibilità del suo racconto, anche in ordine alle narrate modalità di fuga dal carcere ed al pericolo del contagio del virus (OMISSIS). In ordine a detta emergenza sanitaria il ricorrente espone che in base al rapporto dell’O.M.S. del marzo 2016 risultava che l’emergenza sanitaria in (OMISSIS) era cessata nel giugno 2016, ma non poteva escludersi il rischio di recrudescenze del virus. Circa il diniego della protezione sussidiaria censura la valutazione del Tribunale sulla situazione generale del Paese e deduce che le fonti riportavano una serie di scontri etnici nel 2013 e anche in occasione delle elezioni presidenziali del 2015, sicchè la mancata denuncia alle forze di polizia del comportamento del datore di lavoro trovava giustificazione alla luce del contesto sopra descritto. Lamenta, altresì, che la motivazione del provvedimento impugnato sia meramente apparente.

4. Con il terzo motivo lamenta “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2005, art. 32 in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e l’omesso esame di un fatto decisivo. Violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10 Cost., comma 3, art. 2 Cost. e art. 8 Cedu; motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza specifica vulnerabilità; omesso esame di fatti decisivi circa della sussistenza dei requisiti di quest’ultima. Violazione del dovere di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale motivazione apparente e violazione dell’art. 2967 c.c.”. Deduce che il Tribunale ha omesso di valutare, quanto alla sua condizione di vulnerabilità oggettiva e soggettiva, da un lato la situazione del Paese alla luce delle Coi che richiama, e dall’altro lato, il fattore della giovane età e dei traumi subiti per aver vissuto in un contesto sociale di gravi violenze e l’adeguata integrazione sociale in comparazione, attuata mediante lavori di volontariato ed altre attività di rilievo sociale.

5. Il secondo motivo è inammissibile.

5.1. Il ricorrente censura la valutazione di non credibilità della sua vicenda personale, sollecitando, inammissibilmente, la rivalutazione di un apprezzamento di merito, che, nel caso di specie, è stato adeguatamente motivato (Cass. S.U. n. 8053/2014 e Cass.n. 3340/2019). Il Tribunale ha ritenuto inattendibili i fatti narrati dal richiedente, rilevando che le riscontrate discrepanze non erano state chiarite dallo stesso nell’audizione dinanzi al Collegio (pag. 4 decreto). Anche con riferimento all’epidemia (OMISSIS) lo stesso ricorrente richiama il rapporto OMS da cui risulta che quell’epidemia è stata debellata nel giugno 2016, nè allega che ci sia stata una recrudescenza di detta epidemia, prospettata come mera eventualità. Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e lett. b) D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018). Non vi è infatti ragione di attivare i poteri di istruzione officiosa se questi sono finalizzati alla verifica di fatti o situazioni di carattere generale che, in ragione della non credibilità della narrazione del richiedente, non è possibile poi rapportare alla vicenda personale di questo (Cass. n. 16925/2018 e Cass. n. 14283/2019).

Quanto alla domanda di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064 del 2018 e Cass. n. 30105 del 2018).

Nel caso di specie il Giudice territoriale, con motivazione adeguata ed indicando le fonti di conoscenza (pag.n. 4 decreto impugnato), ha analizzato la situazione politica del Paese ed ha escluso l’esistenza di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di origine del ricorrente. Il ricorrente neppure precisa quali siano le fonti a cui si richiama, peraltro con riferimento a fatti del 2013 e 2015.

6. Anche l’ultimo motivo è inammissibile.

6.1. Occorre precisare, in via preliminare, con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Ciò posto, il ricorrente allega genericamente la propria situazione di vulnerabilità senza alcun riferimento individualizzante, limitandosi a richiamare la normativa di riferimento e alcune pronunce di questa Corte, nonchè la situazione di instabilità e povertà della (OMISSIS).

Il Tribunale ha rilevato l’insussistenza di fattori soggettivi di vulnerabilità, evidenziando che il richiedente nulla aveva allegato al riguardo, ed ha escluso, altresì, la sussistenza di fattori oggettivi di vulnerabilità, richiamando le fonti di conoscenza.

Il fattore di integrazione lavorativa e sociale in Italia non può essere isolatamente considerato, diventando recessivo se difetta la vulnerabilità, come nella specie, ed inoltre la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendo disporsi circa le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione del Ministero.

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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