Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14337 del 30/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2011, (ud. 13/12/2010, dep. 30/06/2011), n.14337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

NEDA in liquidazione in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via Bocca di Leone 78, presso lo

studio dell’avvocato BERRUTI PAOLO, che, unitamente all’avv.to Enrico

Caruso, la rappresenta e difende per procura speciale a margine del

ricorso per cassazione;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso cui è domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi 12;

– controricorrente –

nonchè sul ricorso incidentale proposto da:

Agenzia delle Entrate, come sopra rappresentata e difesa;

– ricorrente incidentale –

contro

NEDA s.p.a. in liquidazione;

– intimata –

avverso la sentenza n. 166/31/05 della Commissione tributaria

regionale di Milano, emessa il 15 dicembre 2005, depositata il 12

gennaio 2006, R.G. 637/04;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 13 dicembre

2010 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito l’Avvocato Rita Gradara per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In data 14 gennaio 2001 veniva notificato alla NEDA s.p.a. un avviso di accertamento relativo alla dichiarazione IRPEG – ILOR per l’anno di imposta 1995. L’accertamento basato su una verifica fiscale compiuta dalla Guardia di Finanza rilevava la omessa dichiarazione di redditi fondiari, la dichiarazione di elementi negativi riferibili a un terreno non strumentale all’attività di impresa, la presenza di altre componenti negative del reddito non deducibili e in particolare gli accantonamenti effettuati in misura eccessiva al fondo svalutazione crediti.

La C.T.P. di Milano accoglieva l’opposizione quanto ai primi due motivi di accertamento e la respingeva quanto ai crediti perchè ceduti in base a contratti di factoring stipulati dalla NEDA. Sia l’Agenzia delle Entrate che la NEDA proponevano appello ma la C.T.R. della Lombardia confermava la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione la s.p.a. NEDA in liquidazione affidandosi ad un unico motivo di ricorso.

Si difende con controricorso l’Agenzia delle Entrate che propone,, a sua volta, ricorso incidentale basato su due motivi di impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i due ricorsi vanno riuniti.

Con l’unico motivo di ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 71 (ora art. 106 del T.U.I.R.) e vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia. La ricorrente rileva che erroneamente la C.T.R. non ha tenuto conto del carattere della cessione dei crediti (ancora iscritti all’attivo del bilancio) e cioè quello di una semplice cessione per l’incasso senza trasferimento del rischio, Il motivo è fondato. Non può condividersi infatti nè dal punto di vista dell’interpretazione della normativa di cui al T.U.I.R., nè dal punto di vista in.otivazion.ale, con riferimento alla fattispecie concreta, la ragione per cui la C.T.R. ha escluso la legittimità dell’iscrizione a bilancio dei crediti ceduti prò solvendo e conseguentemente l’accantonamento al fondo svalutazione crediti della somma di lire 72.597.000. Secondo la C.T.R. i crediti ceduti in factoring debbono essere considerati usciti dalla sfera economica e patrimoniale del cedente atteso che la loro retrocessione dovuta a mancato pagamento, deve considerarsi solo eventuale. La giurisprudenza di questa Corte (a partire da Cass. Civ. sez. 5^ n. 2133 del 14 febbraio 2002) ha ripetutamente affermato, in tema di crediti ceduti prò solvendo che la deduzione degli accantonamenti iscritti nel fondo rischi su crediti, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 66, si applica ai crediti ceduti se, e nella misura in cui, essi, nonostante la cessione, determinino una situazione di rischio per il cedente. D’altra parte è fuori discussione, in base alla disciplina degli artt. 2423 bis e 2423 c.c., che del rischio di inadempimento relativo ai crediti ceduti prò solvendo deve tenersi conto nella redazione del bilancio, con la conseguenza che essi devono essere calcolati ed esposti separatamente da quelli derivanti dai crediti non ceduti e dei crediti ceduti prò soluto. La pretesa dell’amministrazione finanziaria di escludere la deducibilità dei crediti ceduti è fondata solo nei limiti in cui i crediti ceduti non comportino un rischio di inadempimento, secondo le regole aziendalistiche di calcolo della corrispondente svalutazione dei crediti. In particolare il calcolo dei rischi su crediti deve essere effettuato secondo le norme tecniche della scienza aziendalistica, applicando regole analoghe a quelle analitiche e/o sintetiche, che si applicano per le analisi e per le stime della svalutazione dei crediti.

Con il primo motivo di ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 57 T.U.I.R. e la illogica, contraddittoria, insufficiente motivazione. L’Agenzia fa rilevare che le riprese contestate dalla contribuente si riferiscono all’acquisto di un terreno da ritenersi non strumentale e quindi produttivo di reddito fondiario soggetto a imposizione.

Il motivo è fondato. La C.T.R. ha contraddittoriamente affermato che il terreno non è stato destinato, nell’anno cui si riferisce l’accertamento, alla realizzazione e all’utilizzazione di uffici e magazzini strumentali all’attività di impresa ma, allo stesso tempo, ha escluso la legittimità della ripresa a tassazione del reddito fondiario rilevando che non risulta che il terreno sia stato utilizzato cosicchè il carattere agrario del terreno non può rilevare, secondo la C.T.R., in assenza di una prova dello sfruttamento della terra. Tali affermazioni sono in palese contrasto con gli artt. 40 e 57 del T.U.I.R. che escludono la tassabilità dei redditi fondiari degli immobili strumentali all’attività di impresa mentre escludono che la tassabilità dei redditi fondiari relativi ai beni non strumentali di proprietà dell’impresa sia condizionata allo sfruttamento a fini agrari.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce la omessa, insufficiente e illogica motivazione. Rileva l’Agenzia che gli interessi passivi non ammessi, ma ritenuti erroneamente dalla C.T.R. deducibili perchè relativi all’acquisto del terreno, non si riferiscono in realtà all’acquisto del terreno ma sono relativi in parte ad anticipazione su crediti e in parte a dilazioni su pagamenti dovuti.

Il motivo va accolto perchè si rende necessaria una riconsiderazione della deducibilità degli interessi, sia sotto il profilo della causale cui si riferiscono realmente sia sotto il profilo, eventuale, della consequenzialità della decisione sulla loro deducibilità rispetto a quella concernente il terreno, originariamente acquisito per realizzare magazzini e uffici strumentali all’attività di impresa ma successivamente non utilizzato a tal fine, secondo quanto rilevato dalla C.T.R., per un mutamento nelle strategie imprenditoriali.

I ricorsi vanno pertanto accolti con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia che deciderà anche in merito alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della C.T.R. della Lombardia che deciderà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2011

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