Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14337 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. I, 08/07/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 08/07/2020), n.14337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. TRIA Luca – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26049/2018 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Perozzi Cristina, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno; Commissione territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di Roma – sezione di

Ancona;

– intimati –

avverso la sentenza n. 166/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 13/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/11/2019 dal consigliere Dott. Vella Paola.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Ancona ha rigettato il ricorso del cittadino nigeriano O.E. avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Ancona gli aveva negato ogni forma di protezione internazionale.

2. Il ricorrente ha impugnato la decisione con ricorso affidato a tre motivi. Gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. I tre motivi di ricorso sono così, testualmente, rubricati: 1) “Violazione D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 112 e art. 10 quater, comma 4. Difetto di motivazione”, con riguardo alla “mancata traduzione della decisione della Commissione Territoriale e della sentenza di Appello, incomprensibile all’odierno ricorrente e dovuta per legge”; 2) “Violazione D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 112, 11 – 17, art. 2 Cost. – art. 10 Cost., comma 3. Difetto di motivazione. In relazione alla mancata concessione della protezione sussidiaria”; 3) “Violazione art. 353 c.p.c., art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11-17. Violazione D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. In relazione alla mancata concessione della protezione umanitaria”.

4. In disparte l’assai discutibile tecnica di redazione del ricorso, il primo motivo presenta profili di inammissibilità e infondatezza, mentre i restanti due risultano fondati per l’aspetto motivazionale.

5. Quanto alla prima doglianza, va fatta applicazione del principio per cui, “in tema di protezione internazionale, l’obbligo di tradurre gli atti del procedimento davanti alla commissione territoriale, nonchè quelli relativi alle fasi impugnatorie davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, è previsto dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 10, commi 4 e 5, al fine di assicurare al richiedente la massima informazione e la più penetrante possibilità di allegazione. Ne consegue che la parte, ove censuri la decisione per l’omessa traduzione, non può genericamente lamentare la violazione del relativo obbligo, ma deve necessariamente indicare in modo specifico quale atto non tradotto abbia determinato un “vulnus” all’esercizio del diritto di difesa ed in particolare, qualora deduca la mancata comprensione delle allegazioni rese in interrogatorio, deve precisare quale reale versione sarebbe stata offerta e quale rilievo avrebbe avuto” (Cass. 11871/2014, Cass. 24543/2011).

5.1. Inoltre, l’eventuale nullità del provvedimento amministrativo emesso dalla Commissione territoriale per omessa traduzione in una lingua conosciuta dall’interessato o in una delle lingue veicolari, non rileva in sè, ma solo per le eventuali conseguenze sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa (Cass. 27337/2018, 7385/2017), fermo restando in ogni caso l’obbligo del giudice adito di esaminare il merito della domanda, poichè oggetto della controversia non è il provvedimento negativo ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata, sulla quale il giudice deve comunque statuire, non potendosi tale giudizio concludersi con una mera declaratoria d’invalidità del diniego amministrativo, ma dovendo esso pervenire alla decisione sulla spettanza o meno del diritto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 10, (Cass. 26480/2011).

6. Quanto ai restanti due motivi, occorre rammentare che il sindacato di legittimità sulla motivazione si è ridotto alla verifica del rispetto del “minimo costituzionale”, nel senso che “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce – con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza” – nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”” (Cass. Sez. U, 8053/2014).

6.1. Ebbene, la motivazione della sentenza impugnata risulta apparente in punto di protezione sussidiaria e del tutto assente in punto di protezione umanitaria.

6.2. Invero, questa Corte ha chiarito che, ai fini della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il giudice è tenuto anche d’ufficio a verificare – utilizzando fonti attendibili per scrutinare le “COI” (Country of origin information) – se nel Paese di origine sia oggettivamente sussistente una situazione di violenza indiscriminata talmente grave da costituire ostacolo al rimpatrio del richiedente (Cass. 19716/2018), poichè lo stesso D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, impone l’acquisizione di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati (ex plurimis, da ultimo, Cass. 5192/2020).

6.3. Di conseguenza, secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, “nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente” (ex plurimis, Cass. 17069/2018, 3016/2019, 13897/2019). Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata si riduce alla lapidaria affermazione per cui “si deve ritenere che la motivazione reale che ha spinto l’appellante alla migrazione sia quella economica, che tuttavia non consente la protezione richiesta”, ed è perciò meramente apparente, anche perchè priva di qualsivoglia indicazione sulle fonti consultate.

6.4. Nessuna traccia di motivazione si rinviene invece sul rigetto della domanda subordinata di riconoscimento della protezione umanitaria, per la quale la corte territoriale si è limitata a confermare la sentenza di primo grado, sicchè fondatamente il ricorrente lamenta la mancata disamina dei vari profili di vulnerabilità richiamati in ricorso (tra i quali la nascita di una figlia in data 05/01/2017).

7. La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, anche che per la statuizione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo e il terzo nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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