Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14332 del 06/06/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 14332 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

SENTENZA

sul ricorso 12168-2006 proposto da:
GALEAllI

MARIO

(C.F.

GLZMRA36B27I888Z),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIA
CRISTINA 8, presso l’avvocato GOBBI GOFFREDO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MARIANI MARINI ALARICO, giusta procura a margine
2013

del ricorso;
– ricorrente –

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contro

SOCIETA’ CONSULENZA COSTRUZIONI SPECIALI C.C.S., in

Data pubblicazione: 06/06/2013

persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA
76, presso l’avvocato SELVAGGI CARLO, che la
rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso;

persona del legale rappresentante pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 468/2006 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 27/02/2013 dal Consigliere
Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito,

per il ricorrente,

l’Avvocato ALARICO

MARIANI MARINI che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;

ANAS S.P.A., già Ente Nazionale Strade – ANAS, in

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 20 ottobre 1988, Mario Galeazzi adiva la Corte di appello di
Perugia proponendo opposizione alla stima dell’indennità per l’occupazione d’urgenza e

Costruzioni Speciali (C.S.C.), di un appezzamento di terreno di sua proprietà sito nel
Comune di Foligno ( part.112, 96 e 436) e destinato alla creazione di uno svincolo
stradale sulla S.S. n.75, all’innesto con la via Flaminia.
L’adita Corte di appello, con sentenza n. 212 del 1998, nel contraddittorio delle parti,
determinava l’indennità di espropriazione nonché per danni alla re sidua
propri età dell’opponente nell’importo complessivo di £ 165.915.000 e
l’indennità di occupazione in misura di £.750.000 per il periodo 6.08.1 9841 2.1 2.1 985, data in cui era stato adottato il decreto ablativo.
Con sentenza n. 401 del 2001 questa Corte di legittimità, in accoglimento del ricorso
proposto dalla s.r.1 Consulenze Costruzioni Speciali, cassava con rinvio la sentenza
resa dalla Corte di appello di Perugia e con sentenza del 13.12.2005- 30.01.2006 la
Corte di appello di Roma, decidendo in sede di rinvio (a seguito di riassunzione attuata
dal Galeazzi):
a)

rigettava l’opposizione proposta dal Galeazzi contro la stima dell’indennità

di esproprio effettuata dall’Ufficio Tecnico Erariale di Perugia in £. 18.475.000 (€
9.541,54), oltre interessi legali dal 12.12.2005 al deposito presso la Cassa Depositi
e Prestiti;
b)

determinava l’indennità per l’occupazione temporanea del terreno dal

6.8.1984 al 12.12.1985 in £. 750.000 (€ 387,34), oltre interessi dal 12.12.1985 alla data
del deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti;
c)

ordinava l’integrazione delle somme depositate presso la Cassa Depositi e

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per la successiva espropriazione a favore dell’ANAS e della s.r.l. Consulenze

Prestiti fino al raggiungimento degli importi indicati nei capi a) e b) in funzione della
corresponsione di dette somme agli aventi diritto a seguito del relativo procedimento
amministrativo;
d)

divenuta S.p.A) delle spese di ogni grado e fase del giudizio, che liquidava in C
100,00 per spese, in € 1.500,00 per diritti ed E 8.500,00 per onorari per il giudizio
dinanzi alla Corte d’Appello di Perugia, in E 100,00 per spese C 3.500,00 per
onorari per la fase dinanzi alla Corte di Cassazione, ed in E 100,00 per spese,
€ 1.500,00 per diritti ed E 8.000,00 per onorari per il giudizio dinanzi alla Corte
d’Appello di Roma;
e)

condannava Galeazzi Mario al rimborso in favore della s.r.l.

C.C.S. — Consulenze Costruzioni Speciali delle spese di ogni grado e fase del
giudizio, che liquidava in € 100,00 per spese, E 1.500,00 per diritti ed E 8.500,00 per
onorari per il giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Perugia,

e 100,00 per spese e in E

3.500,00 per onorari per la fase dinanzi alla Corte di Cassazione ed € 100,00 per
spese, in E 1.500,00 per diritti ed C 8.500,00 per onorari per il giudizio dinanzi alla Corte
d’Appello di Roma;
poneva definitivamente a carico di Galeazzi Mario le spese delle

f)

consulenze tecniche d’ufficio (già liquidate con separati decreti).
La Corte di appello di Roma premetteva di essere tenuta ad uniformarsi ai seguenti
principi:
se avesse ritenuto non sussistenti i presupposti dell’espropriazione parziale,
doveva procedere alla liquidazione dell’indennità dovuta al Galeazzi per la sola
porzione di terreno indicata nel decreto ablativo, già qualificata agricola, per la quale,
dunque, doveva applicare il criterio di stima tabellare previsto dagli artt. 15 e 16

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condannava il Galeazzi al rimborso in favore dell’ANAS (nel frattempo

della legge 865 del 1971;
se, invece, avesse accertato che tra la parte espropriata e quella non espropriata
(sulla quale insisteva il fabbricato) sussisteva il rapporto di unità funzionale ed

alla liquidazione di un’unica indennità con il meccanismo previsto dalla suddetta
norma, applicabile anche alle aree agricole;
relativamente al fabbricato insistente sulla parte non espropriata del fondo,
solo nel caso di applicazione del criterio differenziale e solo nel caso in cui
motivatamente avesse ritenuto che all’epoca potessero coesistere e coesistessero
effettivamente sia una autonomia funzionale del bene sia un rapporto funzionale tra
lo stesso e l’area assoggettata ad esproprio, doveva calcolare un unico valore
del terreno agricolo, compreso anche quello del fabbricato prima dell’esproprio,
ed un unico valore, compreso anche quello del fabbricato, della parte residua e poi
sottrarre il secondo valore dal primo e determinare l’indennità di esproprio in
misura pari al risultato di tale sottrazione.
Tanto premesso la Corte distrettuale riteneva che:
anche in base all’esito esauriente e convincente dell’espletata CTU, doveva
concludersi che tra il fabbricato insistente sulla parte non espropriata del fondo e
l’area agricola espropriata non esistevano collegamenti di natura funzionale,
strumentale ed economica. Del resto le fotografie e le planimetrie in atti
mostravano un edificio assolutamente non idoneo ad essere utilizzato in funzione della
coltivazione del terreno oggetto dell’esproprio. I volumi destinati ad accogliere
attrezzature agricole o ad ospitare lavorazioni funzionalmente collegate alla
coltivazione dei campi o di frutteti erano non solo eccessivamente ridotti (mq. 75,
come si desumeva dalla perizia eseguita dinanzi alla Corte d’Appello di Perugia),

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economica richiesto dall’art. 40 della legge n. 2358 del 1965, doveva procedere

ma anche troppo lontani e disagevolmente collegati con i campi o í frutteti da coltivare.
L’edificio, infatti, era stato (ed in parte ancora era) circondato da un parco di natura
esclusivamente ornamentale, destinato al godimento personale degli abitanti dell’edificio

spiccatamente residenziali ed urbane ed era arricchito da soluzioni architettoniche
particolarmente ricercate, frutto del progetto disegnato da un professionista di notevole
fama (come affermato da tutte le parti, compreso lo stesso opponente). Del resto nella
stessa comparsa conclusionale depositata nel primo giudizio il difensore del Galeazzi,
pur decisamente sostenendo la tesi dell’edificio funzionalmente collegato al lavoro
nei campi, così descriveva la villa del Galeazzi: “…si tratta di un edificio di tipo signorile
per tipologia costruttiva e grado di rifiniture circondato da un parco costituito da
piante di notevole pregio. In esso sono ricavati due appartamenti ad uso
residenziale, oltre a locali destinati a servizi”. Tale descrizione corrispondeva
alla verità ed a ciò andava aggiunto che nessuno dei locali destinati a servizi aveva le
dimensioni, l’attrezzatura e la dislocazione idonea per la coltivazione del terreno agricolo
espropriato per la costruzione dello svincolo stradale. Ed ancora, nell’atto con il quale il
Galeazzi aveva riassunto il giudizio si leggeva che “la proprietà del Galeazzi costituiva
complesso funzionalmente unitario costituito da un fabbricato residenziale di due piani
fuori terra, con un giardino ed un parco di alto fusto circostanti, da un piano interrato a
supporto della coltivazione del terreno agricolo di limitata estensione circostante
l’edificio e di un piccolo accessorio per la rimessa degli attrezzi agricoli. Tutte le opere
esistenti sono state realizzate in conformità delle concessioni edilizie rilasciate dal
Comune di Foligno, il quale ha autorizzato l’edificio residenziale e non rurale”. Anche
tale descrizione corrispondeva a verità con la sola eccezione riguardante la
dislocazione del terreno agricolo, che, sulla base della documentazione messa a sua

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e non allo svolgimento di attività economiche. Per di più l’edificio aveva caratteristiche

disposizione dalle parti, il CTU aveva collocato non nei pressi dello stabile, ma più
lontano. Lo stabile era stato ed era circondato da un giardino ornamentale e da un parco
di alberi ornamentali di alto fusto. Già la Corte di Cassazione aveva evidenziato la

del collegamento funzionale dello stesso con un terreno che, come era ormai
definitivamente stabilito, aveva solo natura agricola;
il Galeazzi aveva dedotto la violazione del proprio diritto di difesa e chiesto la
rinnovazione delle operazioni peritali lamentando che il proprio consulente tecnico non
aveva potuto produrre importanti documenti perché improvvisamente colpito da una
grave malattia che lo aveva condotto alla morte. Con riferimento a tale doglianza
andava affermato che le operazioni peritali si erano svolte non solo nel pieno rispetto
formale del principio del contraddittorio e della tutela del diritto di difesa di ciascuna
parte, ma anche nel pieno rispetto sostanziale del diritto di difesa del Galeazzi, atteso
che la relazione peritale era stata depositata in data 1°.03.2004 e che il Galeazzi non
aveva provato che prima di tale data il CTP fosse ammalato. Andava anzi
rilevato che fino al 15.11.2004 il Galea7zi nulla aveva eccepito in ordine al regolare
svolgimento delle operazioni peritali e che tra i documenti dallo stesso prodotti in tale data
non figuravano né certificati medici né certificati di morte del CTP:
pertanto, non restava che liquidare l’indennità ai sensi degli artt. 15 e 16 della I. n.
865 del 1971, così come prescritto dalla Corte di Cassazione;
recependo le condivise indicazioni del CTU, l’indennità di esproprio andava
determinata in una somma di gran lunga inferiore a quella a suo tempo determinata
dall’U.T.E.. Anche il CTU, infatti, aveva effettuato il calcolo dell’indennità con
riferimento all’anno 1984 ed era giunto a liquidare la somma di £. 4.398.900 (€
2.271,85) al valore dell’epoca. L’opposizione proposta contro l’indennità (definitiva) di

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difficoltà logica di conciliare l’autonomia funzionale di tale edificio con la sussistenza

esproprio andava quindi rigettata;
relativamente all’indennità per l’occupazione temporanea – protrattasi soltanto dal
6/8/1984 (occupazione del fondo) al 12/12/1985 (data del decreto di esproprio) – non vi

sancita nel dispositivo della sentenza della Corte d’Appello di Perugia, liquidazione alla
quale aveva fatto riferimento anche la Corte di Cassazione. L’indennità di occupazione
andava quindi liquidata in tale misura, ma gli interessi andavano fatti decorrere
dal momento finale dell’occupazione e, cioè, dalla data del decreto di esproprio.
Avverso questa sentenza il Galeazzi ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre
motivi, illustrati da memoria, e notificato il 13.04.2006 sia all’ANAS S.p.A. che alla
società C.C.S. Consulenze Costruzioni Speciali, le quali hanno resistito con
controricorsi notificati il 23.05.2006. Essendo stato, il 6.11.2012, disposto il rinvio
della causa a nuovo ruolo, è stata rifissata l’odierna udienza di discussione. Il Galeazzi
ha depositato altra memoria
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso il Galeazzi denunzia:
1.

“Violazione e falsa applicazione degli artt. 184 c.p.c. e 90 legge 26.11.1990 n.
353 e dell’art. 394 c.p.c„ degli artt. 113, comma 1, e 132, comma 2, n. 4) c.p.c., degli
art. 194 e 197 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. .”.
Si duole che i giudici del rinvio non abbiano esaminato i nuovi documenti e le
osservazioni pertinenti alla consulenza tecnica d’ufficio depositata il 1°.03.2004, da lui
rispettivamente prodotti e formulate all’udienza del 15.11.2004 e ciò ritenendo
erroneamente tardive tali iniziative, invece consentite dalle regole processuali all’epoca
vigenti ed applicabili anche in sede di rinvio, essendo il giudizio iniziato nell’ottobre
del 1988.

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era più controversia tra le parti che avevano tacitamente accettato la liquidazione

Il motivo è inammissibile già per il fatto che presuppone la valutazione di
inammissibilità per tardività di produzioni documentali e osservazioni inerenti alla
CTU ma non meglio specificati, la quale si rivela mera illazione, non essendo

richiesta del Galeazzi di rinnovo di ctu per violazione del suo diritto di difesa, richiesta
disattesa in base anche all’esame della documentazione prodotta in data 15.11. 2004, il
che logicamente smentisce l’assunto.
2.

“Omessa e insufficiente motivazione circa un punto controverso decisivo per il
giudizio in relazione all’art. 360 comma 1, n 5) c.p.c.”.
Con riguardo all’accertata insussistenza dei presupposti dell’espropriazione parziale e
segnatamente del vincolo funzionale e strumentale tra il terreno occupato ed
espropriato e la proprietà residua, deduce vizi motivazionali, assumendo che sul punto
sono state acriticamente recepite le inattendibili conclusioni della consulenza tecnica
d’ufficio, che rispetto al suo residuo fondo edificato si è erroneamente considerata la
situazione di fatto in cui si trovava nel 2004, senza ricostruire il diverso stato che il
complesso agricolo aveva nel 1972, epoca in cui era già stato imposto il vincolo
espropriativo, in cui inoltre il fondo apparteneva ai suoi genitori, dichiaratisi coltivatori
diretti, ed era coltivato dall’affittuario ed in cui ancora era stata autorizzata la
costruzione di un fabbricato Turale poi variato in edificio urbano.
Il motivo pur involgendo censure non meritevoli di favorevole apprezzamento,
introduce questioni che impongono la cassazione parziale dell’impugnata sentenza per
le ragioni e nei limiti in prosieguo esposti, con conseguente anche assorbimento del
terzo motivo del ricorso.
Dal tenore dell’impugnata sentenza emergono ampiamente, puntualmente e
congruamente esposte le ragioni dell’avversata conclusione, che si rivela anche

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desumibile dalla sentenza impugnata, che sul punto argomenta solo in ordine alla

ineccepibilmente ancorata alla valutazione della situazione di fatto presentata dal
compendio immobiliare nel 1984, della quale pure si sottolinea espressamente (pag 7) il
rapporto con quella successiva, il tutto previo meditato riesame e recepimento dell’esito

avrebbe dovuto essere condotta considerando che il vincolo preordinato all’esproprio
era stato imposto sin dal 1972 e non nel 1984, anno questo in cui risulta avere avuto
anche inizio il periodo di occupazione legittima temporanea, appare nuova, non
suffragata da decisivi dati di riscontro oltre che logicamente smentita dalla
incontroversa legittimità dei procedimenti di occupazione e di espropriazione in
discorso che da quel vincolo hanno preso avvio.
Tuttavia, relativamente alla controversa indennità di espropriazione inerente
all’appezzamento di terreno ablato e di natura agricola ( ma non anche alla
quantificazione dell’indennità di occupazione legittima, non oggetto del ricorso), il
fatto che essa sia stata determinata in base al criterio del valore medio tabellare, già
previsto dall’art. 5-bis, comma quarto, della legge n. 359 del 1992, che rinviava agli
artt. 15 e 16 della legge n. 865 del 1971 e dichiarato incostituzionale (Corte cost.
n. 181 del 2011), impone la cassazione della sentenza impugnata per l’applicazione ai
fini determinativi dell’indennizzo in questione, del criterio generale dell’art. 39 della
legge n. 2359 del 1865, consentendosi ai proprietari di dimostrare che il fondo, pur
senza raggiungere i livelli dell’edificabilità, abbia un’effettiva e documentata
valutazione di mercato che rispecchi possibili e consentite utilizzazioni intermedie tra
quella agricola e quella edificabile (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative,
chioschi per la vendita di prodotti, ecc.)
3.

“Violazione ed errata applicazione dell’art. 57 RDL 27.11.1933 n.
1578 modif. dall’art.3 D.Lgs. 22.2.1946 n. 170, dell’art. 1 legge 3.8.1949 n. 536,

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dell’indagine tecnica officiosa. Inoltre, l’asserzione del ricorrente, secondo cui l’analisi

dell’art. unico della legge 7.11.1957 n. 1051 e degli artt. 4, comma 1, e 6, comma
1, del D.M. 8.4.2004 n. 127 (Tariffa degli onorari e dei diritti spettanti agli
Avvocati per le prestazioni giudiziali in materia civile).

giudizio di opposizione alla stima, ed alle due successive fasi di legittimità e di rinvio.
Sostiene che le somme liquidate per competenze ed onorari sono superiori ai limiti
tariffari imposti per le cause di valore compreso tra i 5,200,00 ed i 25.900 euro.
Le censure restano, come detto, assorbite per effetto della decisione assunta sul
secondo motivo del ricorso.
Conclusivamente si deve dichiarare inammissibile il primo ed assorbito il terzo
motivo del ricorso e pronunciando sul terzo, cassare la sentenza impugnata nei delineati
limiti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione,
cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il primo ed assorbito il terzo motivo del ricorso e
pronunciando sul terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2013
Il Presidente

Si duole dell’eccessiva entità delle liquidate spese processuali, inerenti al primo

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