Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14330 del 28/06/2011

Cassazione civile sez. II, 28/06/2011, (ud. 11/03/2011, dep. 28/06/2011), n.14330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2729/2009 proposto da:

PEVERELLI SRL (OMISSIS), in persona del Presidente del Consiglio

di Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, VICOLO

ORBITELLI 31, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTE MICHELE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SASSI GIUSEPPE, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

LUCCHINI ARTONI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3422/2 007 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

4/07/06, depositata il 20/12/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’avvocato Clemente Michele, difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che

aderisce alla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza 8 maggio 2003 il tribunale di Milano condannava la srl Peverelli al pagamento della somma di Euro 112.525,98 in favore di Lucchini Artoni srl, quale residuo corrispettivo per l’esecuzione di opere di manutenzione stradale subappaltate alla creditrice.

La Corte d’appello di Milano il 20 dicembre 2007 ha respinto l’appello della srl Peverelli, che ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 22 gennaio 2009, svolgendo due motivi.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio, rilevando l’inammissibilità del ricorso.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Nella relazione preliminare depositata ex art. 380 bis c.p.c., è stato rilevato che il ricorso, soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, è inammissibile.

La Corte rileva in primo luogo che il ricorso presenta un rilevante profilo di inammissibilità già in relazione alla insufficiente esposizione dei fatti di causa (art. 366 c.p.c., n. 3), giacche la pagina del ricorso dedicata allo svolgimento del processo non illustra le vicende di fatto alla base della lite, non riferisce su domande ed eccezioni proposte, ma si limita a riferire i passaggi processuali della controversia (ex multis: Cass. 2831/09).

Il primo motivo, che concerne violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, espone un quesito di diritto (che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3), e 4)) così formulato: “Stabilisca la Suprema Corte di Cassazione se l’art. 2967 c.c. (recte art. 2697), sia stato violato o, comunque, falsamente applicato nel caso di specie, nei riguardi della odierna ricorrente”.

Il Collegio, confermando l’opinamento del relatore, rileva che con ogni evidenza si tratta di un interpello della Corte in ordine alla fondatezza della censura cosi1 come illustrata e non di un quesito di diritto, cioè di una sintesi logico giuridica tale da porre il giudice della legittimità in condizione di comprendere – in base alla sola sua lettura – l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice e di rispondere al quesito medesimo enunciando una “regula iuris” (Cass 2658/08). Manca infatti ogni riferimento alla fattispecie e ogni indicazione circa i profili giuridici che sarebbero stati violati.

Tali carenze si connettono peraltro alla errata concezione della censura, giacchè lo strumento per denunciare la mancata ammissione di mezzi istruttori che siano respinti non per motivi processuali, ma per la loro irrilevanza a fronte di sufficienti risultanze documentali, non è il profilo di violazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, ma il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 3075/06).

Il secondo motivo, che denuncia vizio di motivazione, invece di concludersi o comunque contenere la chiara indicazione del fatto controverso, cioè un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) tale da circoscrivere puntualmente i limiti della censura, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere, si chiude con la formulazione di un quesito.

Anche in questo caso però trattasi di un mero interpello alla Corte circa la sussistenza di un vizio di motivazione, privo quindi dei requisiti tali da poter equivalere alla indicazione necessaria.

Mette conto aggiungere che il motivo si risolve in una richiesta di rivisitazione del merito della causa, giacche a fronte di una motivazione coerente e logica della sentenza impugnata, invoca una rilettura “degli accordi intervenuti” tra le parti, del contratto di subappalto e dell’accordo di collaborazione operativa 8.09.09.

Alla Corte di Cassazione è però precluso l’esame diretto e autonomo dei documenti di causa in relazione a vizi in iudicando. La parte che lamenti l’erronea o mancata valutazione di atti processuali o documentali ha l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione di detti atti nel ricorso – la risultanza che asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessita1 di indagini integrative (Cass. 11886/06; 8960/06; 7610/06).

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Non segue la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva dell’intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2011

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