Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14328 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 08/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14328

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 918-2019 proposto da:

V.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se

medesimo;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1496/22/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA SEZIONE DISTACCATA di LECCF, depositata il

14/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

GIOVANNI CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

V.C., esercente la professione di avvocato, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro l’Agenzia delle entrate, impugnando la sentenza della CTR Puglia che, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto la legittimità dell’accertamento emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, sulla base delle verifiche sulle movimentazioni bancaria di conti correnti riferibili al contribuente.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, sostenendo che la sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014, nella parte in cui ha dichiarato l’incostituzionalità della disposizione anzidetta se applicata nei confronti degli esercenti le professioni liberali, non era stata considerata dal giudice di appello, applicandosi tanto ai versamenti che ai prelevamenti o comunque in via subordinata ai solo ai primi.

Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, avendo la CTR omesso di spiegare le ragioni poste a base del mancato riconoscimento delle ragioni giustificatrici delle movimentazioni bancarie.

Il primo motivo è fondato nei termini di seguito esposti.

Ed invero, questa Corte ha affermato che in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicchè questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili,

essendo venuta meno, all’esito della sentenza

della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti – cfr. Cass., n. 7951/2018, Cass., n. 22931/2018 -.

Nei limiti appena descritti la censura proposta è fondata, non avendo il giudice di appello, investito della legittimità dell’accertamento fondato sulle movimentazioni bancarie non giustificate dal contribuente sulla base del D.P.R. cit., art. 32, considerato l’inapplicabilità della presunzione quanto ai prelevamenti.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile, avendo la CTR compiutamente esposto i motivi per i quali ha ritenuto non dimostrato il superamento della presunzione nascente dalle movimentazioni dei conti correnti riferibili al contribuente, in tal modo conformandosi puntualmente ai principi espressi dalle SU di questa Corte – Cass., S.U, n. 8053/2014 – a proposito dell’inammissibilità del vizio di motivazione, per effetto della novella di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e della censura per omesso esame di un fatto controverso per il giudizio laddove il giudice abbia comunque esaminato i fatti prospettati. Esame che il giudice di merito ha invece compiuto affermando l’assenza di prova nella contabilità tenuta dal contribuente che il Verusio vorrebbe oggi la Corte rivedesse.

Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare anche gli argomenti difensivi espressi in memoria dal ricorrente, incentrati si una ricostruzione della vicenda che la CTR non ha ritenuto supportata da elementi probatori non sindacabile in questa sede alla stregua della censura esposta nel detto motivo, va accolto parzialmente il primo motivo e rigettato il secondo.

La sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, per quanto di ragione, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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