Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14324 del 13/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 13/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 13/07/2016), n.14324
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 441-2015 proposto da:
A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
MARTIRI DI BELFIORE, 2, presso lo studio dell’avvocato UGO
PRIMICERJ, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOACCHINO
PANZERA, giusta mandato in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2939/40/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di ROMA, SEZIONE DISTACCATA di LATINA del 16/01/2014,
depositata 108/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
La CTR del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza della CTP di Frosinone che, in accoglimento del ricorso proposto da A.C., aveva annullato l’avviso di accertamento relativo all’anno 2004 fondato su accertamento c.d. redditometrico.
Secondo la CTR il giudice di primo grado aveva erroneamente privato di valenza probatoria gli specifici elementi indicatori di capacità contributiva dell’ A. offerti dall’Ufficio, senza considerare che il contribuente non aveva fornito la prova contraria idonea a vincere la valenza presuntiva degli elementi indicati dall’Ufficio.
Anche ad ammettere che l’ A. avesse percepito i redditi all’estero dallo stesso indicati, la documentazione prodotta non conteneva alcun riferimento all’anno 2004 al quale si riferiva l’accertamento, era priva di sottoscrizione ed in ogni caso non era idonea a dimostrare che dai redditi prodotti all’estero fosse stato effettuato un finanziamento, in relazione a quanto disposto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4.
L’ A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.. La CTR era andata oltre le difese dell’Agenzia che si era limitata a prospettare l’inidoneità della documentazione fiscale a dimostrare l’esistenza di redditi capaci di vincere la presunzione, ma non anche la mancanza di prova contraria. Evidente risultava, pertanto, il vizio di ultrapetizione.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38. Erroneamente la CTR aveva preteso la prova che i finanziamenti derivanti dai redditi prodotti all’estero fossero stati utilizzati per gli acquisti indicati dall’Ufficio come indice di maggiore reddito, essendo la disponibilità di redditi da sola sufficiente a vincere la presunzione, secondo la giurisprudenza di questa Corte – Cass. n. 6396/2014-.
L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’infondatezza di entrambi i motivi.
Il primo motivo è palesemente infondato. Per l’un verso, infatti, l’Agenzia aveva contestato l’idoneità degli elementi offerti dal contribuente per vincere la presunzione nascente dal c.d.
redditometro, sicchè la diversità che la parte ricorrente intende cogliere fra la motivazione della CTR che ha radicalmente negato l’esistenza della prova contraria e le prospettazioni difensive dell’Ufficio, concernenti l’inidoneità della documentazione prodotta dal contribuente a costituire la prova idonea a superare la presunzione prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, è inconsistente. Ed infatti, negare l’idoneità del reddito prodotto all’estero ad incidere sull’accertamento altro non poteva significare se non che il contribuente non aveva fornito la prova destinata a superare la presunzione. E non è nemmeno il caso di tacere che a tale onere probatorio il contribuente era comunque tenuto proprio in relazione al contegno processuale dell’Amministrazione, ben lontano dall’integrare acquiescenza rispetto alla sussistenza di elementi capaci di anestetizzare la pretesa fiscale ma anzi esplicitamente rivolto ad ottenere il rigetto del ricorso. Contegno che, appunto, ha trovato piena conferma nella decisione qui impugnata, avendo la CTR ritenuto che il contribuente non aveva fornito la prova che i redditi esteri, anche ammesso che fossero stati prodotti, erano stati utilizzati per il finanziamento necessario all’acquisto dei beni sui quali si era fondato l’accertamento presuntivo.
Tanto è sufficiente per escludere la fondatezza del primo motivo.
Il secondo motivo di ricorso è fondato nei termini di seguito esposti.
La CTR ha richiesto, ai fini della prova idonea a superare l’accertamento fondato su redditometro, la dimostrazione che i redditi esenti ritratti dal contribuente fossero reimpiegati negli acquisti effettuati, in spregio a quanto ritenuto da questa Corte. Ed infatti, la CTR non ha considerato che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alle spese per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa, a carico del contribuente, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6, vigente “ratione temporis”, riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte e non anche la dimostrazione del loro impiego negli acquisti effettuati, in quanto la prima circostanza è idonea, da sola, a superare la presunzione dell’insufficienza del reddito dichiarato in relazione alle spese sostenute- Cass.n.6396/2014-.
A tale principio non si è uniformato il giudice di appello, il quale ha totalmente pretermesso l’analisi del reddito estero, indicato dal contribuente in oltre Euro 140.000,00 a fronte di un maggior reddito accertato di circa Euro 50.000,00 nell’anno di riferimento. In sede di rinvio, peraltro, la CTR dovrà considerare che la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 6, nella versione vigente “ratione temporis”, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta-cfr. Cass. n. 25104/2014; Cass. n. 14885/2015; Cass. n. 22944/2015-.
Sulla base di tali considerazioni, il secondo motivo di ricorso va accolto, disatteso il primo e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
Accoglie il secondo motivo di ricorso, disatteso il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Lazio anche per la liquidazione delle spese del giudizio di leggittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 28 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2016