Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14323 del 03/07/2016

Cassazione civile sez. lav., 13/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 13/07/2016), n.14323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1960/2011 proposto da:

P.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI

PIETRALATA 320-D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA

RICCI, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PRIGIONIERI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA DELLA PROVINCIA DI FOGGIA (OMISSIS) SAN SEVERO, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA COSSERIA N. 2, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA

CORRENTE, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5317/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 27/10/2010 r.g.n. 6075/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Bari ha respinto l’appello di P.M., infermiere professionale in servizio presso il reparto di ortopedia dell’Ospedale di (OMISSIS), avverso la sentenza del Tribunale di Foggia che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti della AUSL FG/(OMISSIS), volta ad ottenere il pagamento della complessiva somma di Euro 16.220,10, richiesta a titolo di indennita’ di rischio radiologico e di indennita’ sostitutiva del congedo ordinario non concesso nel periodo 1.1.1985/30.9.2004.

2 – La Corte territoriale, dopo avere ricostruito nella successione cronologica la normativa di riferimento, ha evidenziato che al personale di radiologia l’indennita’ di rischio radiologico e’ attribuita in misura piena, in virtu’ di una presunzione iuris et de iure di esposizione a rischio. Al restante personale, invece, l’indennita’ puo’ essere riconosciuta solo qualora si accerti l’effettiva esposizione attraverso una verifica di tipo oggettivo che, muovendo da una ricognizione della presenza nella zona controllata, si concluda con l’accertamento della concreta possibilita’ di assorbimento annuale di dosi radioattive in misura pari o superiore al limite normativamente stabilito. Nel caso di specie la consulenza tecnica aveva consentito di accertare che, ad eccezione dei medici ortopedici, il personale del Presidio Ospedaliero di (OMISSIS) non poteva essere definito esposto al rischio in misura continuativa e permanente. Le conclusioni alle quali il consulente tecnico era pervenuto non potevano essere messe in dubbio dalla diversa valutazione espressa dall’esperto qualificato D.L. n. 230 del 1995, ex art. 77, innanzitutto per la tardivita’ delle allegazioni dell’appellante ed inoltre perche’ la competenza di quest’ultimo resta circoscritta all’ambito amministrativo.

3- Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso P.M. sulla base di tre motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.. La Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Foggia ha resistito con tempestivo controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo di ricorso D.P.M. denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione agli artt. 195, 196 e 197 c.p.c., art. 24 Cost., comma 2, artt. 176 e 180 c.p.c. e art. 345 c.p.c., comma 3”. Deduce che all’udienza del 21.10.2010 il difensore aveva chiesto di essere autorizzato al deposito di deduzioni scritte, da allegare al verbale, ed alla produzione del documento formato dall’esperto qualificato il 13.12.2004, documento del quale P.M., il cui rapporto era cessato il 30.9.2004, era venuto in possesso solo successivamente. Assume che la Corte territoriale avrebbe dovuto acquisire la documentazione e, in subordine, concedere il termine richiesto per il deposito di note difensive. Precisa, infine, che le richieste e l’ordinanza con la quale le stesse erano state respinte, per mero errore, non risultavano trascritte nel verbale di udienza.

1.1. – Il motivo e’ inammissibile per plurime ragioni concorrenti.

Le censure risultano formulate senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, poiche’ la parte non ha riportato nel ricorso il contenuto del verbale di udienza, delle deduzioni scritte delle quali sarebbe stata rifiutata la allegazione al predetto verbale, del documento la cui produzione e’ stata ritenuta inammissibile.

E’ consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui il ricorso per cassazione “deve contenere in se’ tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresi’, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessita’ di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicche’ il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilita’, oltre al luogo in cui ne e’ avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso e’ fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione.” (Cass. 17.7.2015 n. 14784).

1.2 – E’ stato, inoltre, affermato che la parte “non puo’ dolersi in sede di impugnazione del mancato esame di richieste, non risultanti dal processo verbale redatto a norma dell’art. 130 c.p.c., ma ha l’onere di proporre querela di falso, atteso che il verbale di udienza, in quanto atto pubblico, fa piena prova delle dichiarazioni che il pubblico ufficiale attesta essere state rese in sua presenza (art. 2700 c.c.)” (Cass. 9.3.1996 n. 1884).

1.3 – E’ parimenti consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la mancata ammissione di un’istanza probatoria deve essere denunciata in sede di legittimita’ ex art. 360 c.p.c., n. 5, per vizio di motivazione in ordine alla attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini del decidere (Cass. 8.1.2015 n. 66), circostanze che, con un giudizio di certezza e non di mera probabilita’, avrebbero potuto indurre ad una decisione diversa da quella adottata (Cass. 23.2.2009 n. 4369).

1.4 – Infine questa Corte ha anche evidenziato che “la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarita’ dell’attivita’ giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che e’ inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito” (Cass. 18.12.2014 n. 26831).

1.5. – Nel caso di specie il motivo, non autosufficiente ed erroneamente formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, non indica neppure le ragioni per le quali il diritto di difesa sarebbe stato irrimediabilmente pregiudicato dalla mancata acquisizione delle deduzioni scritte, il cui contenuto ben poteva essere illustrato alla Corte territoriale in sede di discussione orale.

1.6- A soli fini di completezza si osserva che nel rito del lavoro, caratterizzato dalla oralita’ e dalla immediatezza, le parti non hanno un diritto soggettivo al deposito di difese scritte, essendo tale possibilita’ prevista dall’art. 429 c.p.c., comma 2, come effetto dell’esercizio da parte del giudice di un potere discrezionale, non sindacabile in sede di legittimita’ (in tal senso in motivazione Cass. 5.8.2013 n. 18627).

Quanto, poi, alla produzione documentale e’ consolidato l’orientamento secondo cui l’omesso deposito dei documenti contestualmente all’atto introduttivo del giudizio di primo grado, determina la decadenza del diritto alla produzione, che puo’ essere superata solo per effetto dell’esercizio, in presenza di condizioni idonee a giustificarlo, del potere istruttorio officioso previsto dall’art. 421 c.p.c. e art. 437 c.p.c., comma 2 (fra le piu’ recenti Cass. 15.7.2015 n. 14820), potere che, peraltro, non risulta sia stato nella specie sollecitato.

2 – Il secondo motivo denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3 “violazione e falsa applicazione di norma di diritto in relazione agli artt. 112, 113, 115, 116 e 420 c.p.c. oltre che dell’art. 3, comma 1, art. 5, comma 1, n. 2, dell’allegato 3^ del D.Lgs. n. 241 del 2000, art. 1, comma 1, art. 4 bis, art. 10 dell’allegato 4^ al D.Lgs. n. 241 del 2000, del D.Lgs n. 230 del 1995, artt. 61, 75, 77, 79, 80, 81, 82, 83, 84 e 85″. Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale, nel fondare il rigetto della domanda sulle sole conclusioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio, avrebbe violato le norme di legge richiamate in rubrica perche’, contrariamente a quanto asserito dall’ausiliare, la esposizione al rischio emergeva dalla documentazione depositata in primo grado nonche’ dal documento del 13.12.2004, erroneamente non acquisito dalla Corte.

2.1 – Il motivo e’ inammissibile.

Il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 26.3.2010 n. 7394 e negli stessi termini Cass. 10.7.2015 n. 14468).

Nel caso di specie il ricorrente, pur denunciando formalmente una violazione di legge, sollecita una inammissibile diversa ricostruzione dei fatti oggetto di causa. Va ricordato al riguardo che ” con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non puo’ rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in se’ coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, e’ sottratto al sindacato di legittimita’, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non e’ conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilita’ e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. 6.4.2011 n. 7921).

Il motivo, nella parte in cui sostiene la erroneita’ della consulenza tecnica, perche’ in contrasto con la documentazione acquisita, e’ inammissibile, oltre che per le ragioni illustrate di seguito al punto 3, anche perche’ non riporta nel corpo del ricorso, neppure per estratto, il contenuto della relazione peritale, necessario per consentire alla Corte di accertare il denunciato contrasto fra le conclusioni espresse dall’ausiliare e la documentazione ritualmente acquisita agli atti.

3 – Il terzo motivo denuncia “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio (art. 360, n. 5) in relazione agli artt. 132, 276 e 425 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c.” nonche’ a plurime disposizioni del D.Lgs. n. 230 del 1995 e dell’allegato 3^ al D.Lgs. n. 241 del 2000.

Anche detto motivo e’ inammissibile, innanzitutto perche’ non riporta nel ricorso il contenuto (per estratto) della consulenza tecnica d’ufficio e non trascrive le istanze istruttorie che erroneamente sarebbero state ritenute inammissibili o irrilevanti dalla Corte territoriale.

Infatti nel giudizio di cassazione “la parte che lamenti l’acritica adesione del giudice di merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio non puo’ limitarsi a far valere genericamente lacune di accertamento o errori di valutazione commessi dal consulente o dalla sentenza che ne abbia recepito l’operato, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi rispetto ai quali invoca il controllo di logicita’, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione” (Cass. n. 16368/2014 e negli stessi termini Cass. n. 3224/2014). Parimenti, quanto alla mancata ammissione della prova testimoniale, e’ stato osservato che la parte ha l’onere, a pena di inammissibilita’ del ricorso, se non di trascrivere nell’atto di impugnazione i relativi capitoli, almeno di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che formavano oggetto della disattesa istanza istruttoria, in quanto il detto ricorso deve contenere in se’ tutti gli elementi che diano al giudice di legittimita’ la possibilita’ di provvedere al diretto controllo della decisivita’ dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della pronuncia impugnata, non essendo sufficiente un generico rinvio agli atti difensivi del pregresso giudizio di merito (Cass. 12.6.2006 n. 13556).

Si aggiunga che il difetto di motivazione della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio e’ denunciabile in sede di legittimita’ solo nei casi di palese devianza dalle nozioni scientifiche odi omissione di indispensabili accertamenti strumentali, poiche’ al di fuori di detti ambiti la censura si risolve in un mero dissenso e si traduce in una inammissibile critica del convincimento del giudice.

4 – Va, pertanto, dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilita’ del ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 100, 00 per esborsi ed Euro 3,000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2016

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