Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14322 del 08/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/06/2017, (ud. 16/02/2017, dep.08/06/2017),  n. 14322

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8319-2016 proposto da:

C.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO

91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati RAFFAELLO LUPI,

ALESSIA VIGNOLI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5078/4/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 29/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/02/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in Cassazione affidato a tre motivi, illustrati da memoria, il ricorrente, in primo luogo, censura la sentenza della CTR della Toscana, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per carenza di motivazione e motivazione apparente sull’assunto, sul quale il contribuente si era particolarmente profuso, relativo alla natura non reddituale delle operazioni bancarie contestate dall’ufficio, con un secondo motivo, per omessa pronuncia, ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sulla questione della duplicazione di tassazione riferita alle somme restituite dalla contribuente in favore dei genitori e con un terzo motivo, per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 47, perchè, attesa la fonte patrimoniale e non reddituale dei proventi, i giudici d’appello avevano errato nella determinazione della base imponibile, che doveva essere limitata al 40%, in quanto reddito da capitale e non estesa all’intero reddito accertato.

Il ricorso è infondato.

In riferimento al primo motivo, sotto l’apparente rubrica di una violazione di legge, il vizio, che afferisce all’esame del merito della controversia precluso in sede di legittimità (Cass. ord. n. 91/14, 25608/13), contesta la motivazione dei giudici d’appello, in riferimento alla natura non reddituale delle operazioni bancarie contestate al ricorrente, al fine della determinazione del maggior reddito, tale censura alla motivazione è inammissibile per la cd. “doppia conforme” (Cass. n. 5528/14) e nel merito è, comunque, infondata, in quanto i giudici d’appello esaminano tutte le giustificazioni addotte dal contribuente.

In riferimento al secondo motivo, sull’omessa pronuncia sulla questione della duplicazione di tassazione sia sul denaro asseritamente ricevuto a mutuo dalla contribuente da parte dei genitori (che dovrebbe giustificare il maggior reddito), sia sulla sua restituzione agli stessi, tale motivo difetta in via preliminare di autosufficienza, in quanto non viene riportato il contenuto degli atti tributari da cui si dovrebbe desumere l’identità delle somme asseritamente tassate, inoltre, la censura è infondata per essere stata respinta su una questione logicamente preliminare o su un’altra questione che ha determinato l’assorbimento della domanda (Cass. n. 17580/14, 28663/13), in fatti, i giudici d’appello hanno ritenuto non provato e, quindi, inesistente, un rapporto di credito, fiscalmente rilevante fra la contribuente e il padre C.S..

Il terzo motivo di doglianza, attinente alla presunta violazione dell’art. 47 TUIR è inammissibile per genericità, in quanto si sarebbe dovuto proporre una censura ai seni dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sugli elementi dì fatto del giudizio ex art. 47 TUIR, anche se tale censura avrebbe incontrato i limiti di cui all’art. 348 ter c.p.c.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna la parte intimata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2017

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