Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14321 del 13/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 13/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 13/07/2016), n.14321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7983/2011 proposto da:

T.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA VAL PELLICE 53, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

CRUCITTI, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA PAOLO

CRUCITTI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOTERA 29, presso

lo studio dell’avvocato ALDO CASALINUOVO, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUCIO ROMUALDO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 510/2010 della CORTE D’APPELLO di EGGIO

CALABRIA, depositata il 27/04/2010 1150/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito l’Avvocato CRUCITTI NICOLA PAOLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

EUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 510/2010, rigettava l’appello proposto da T.L. avverso la pronuncia del locale Tribunale che, accogliendo l’opposizione proposta dalla Regione Calabria, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e cosi’ revocato il decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di somme rivendicate dal T. per il servizio pre-ruolo prestato anteriormente alla sua formale immissione nel ruolo regionale (periodo di servizio svoltosi prima del 30 giugno 1998). In particolare, la Corte di appello confermava la statuizione del primo Giudice che aveva respinto l’eccezione di tardivita’ dell’opposizione; tale eccezione era stata sollevata dal T. per essere l’opposizione, proposta con citazione, stata depositata in cancelleria oltre il termine di 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo.

1.1. Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora rileva nella presente sede, che il T. aveva chiesto ed ottenuto il Decreto Ingiuntivo dal Presidente del Tribunale e non dal Giudice del lavoro e che, secondo consolidata giurisprudenza, deve aversi riguardo al rito prescelto dalla parte che chiede il monitorio – e seguito dal giudice dell’ingiunzione -, in quanto e’ quello il rito che, a prescindere dalla sua esattezza, la parte destinataria del provvedimento giurisdizionale e’ tenuta ad osservare.

2. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il T. con unico motivo. Resiste la Regione Calabria con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con unico motivo il T. censura la sentenza per violazione dell’art. 641 c.p.c. e per vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Deduce che la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso in opposizione per mancato rispetto del termine perentorio di cui all’art. 641 c.p.c., applicabile all’opposizione a decreto ingiuntivo emesso in materia di lavoro, dovendo trovare applicazione la regola secondo cui, ove l’opposizione sia proposta con citazione, pur essendo configurabile la possibilita’ di convertire in ricorso la citazione, questa in tanto puo’ produrre i suoi effetti in quanto sia stata depositata in cancelleria nel termine anzidetto, non essendo sufficiente che entro il suddetto termine sia avvenuta soltanto la notifica della citazione, posto che questa non puo’ spiegare l’effetto costitutivo del rapporto e quindi determinare le conseguenze proprie dell’opposizione ad ingiunzione.

2. All’esame del ricorso occorre premettere che il ricorso e’ ammissibile anche se non ha investito la statuizione con cui e’ stato dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Ed infatti, quando il giudice di merito dichiari il difetto di giurisdizione dell’autorita’ giudiziaria ordinaria e la statuizione sul punto non formi oggetto di specifica impugnazione, la pronuncia sulla giurisdizione deve ritenersi assistita dall’efficacia di giudicato, ma quando il ricorso per cassazione investa profili relativi alla regolarita’ della instaurazione del rapporto processuale, quale la ritualita’ della opposizione a decreto ingiuntivo, dal rilievo della esistenza del giudicato sulla giurisdizione non puo’ discendere la inammissibilita’ del ricorso, giacche’ l’eventuale accoglimento delle censure comporterebbe, per l’effetto espansivo di cui all’art. 336 c.p.c., comma 1, la caducazione anche della statuizione in punto di giurisdizione; ne consegue che le censure relative alla rilevata inammissibilita’ dell’opposizione a decreto ingiuntivo devono essere esaminate con priorita’, per il loro carattere di pregiudizialita’ rispetto alla questione di giurisdizione (Sezioni Unite, sent. n. 13969 del 26 luglio 2004).

3. Tanto premesso in ordine all’ammissibilita’, deve rilevarsi l’infondatezza del ricorso.

4. Alla controversia che, pur riguardando un rapporto compreso tra quelli indicati dall’art. 409 o dall’art. 442 c.p.c., erroneamente non sia stata trattata con il rito del lavoro, sono comunque applicabili le regole ordinarie in ordine ai termini per la proposizione dell’impugnazione, atteso che il rito adottato dal giudice assume una funzione enunciativa della natura della stessa, indipendentemente dall’esattezza della relativa valutazione e costituisce per le parti criterio di riferimento (Cass. n. 22738 del 9 novembre 2010; nella specie, in applicazione dell’anzidetto principio, e’ stato affermato che, correttamente, la Corte territoriale aveva ritenuto la ritualita’ dell’opposizione, proposta con atto di citazione depositato oltre il quarantesimo giorno, in quanto il decreto ingiuntivo era stato emesso, seppur erroneamente, trattandosi di crediti di lavoro, dal Presidente del Tribunale e non dal giudice del lavoro).

5. Il principio di ultrattivita’ del rito postula che il giudice abbia trattato la causa secondo quello erroneamente adottato, implicitamente ritenendo che il rito in concreto seguito sia quello prescritto, con la conseguenza che il giudizio deve proseguire nelle stesse forme (Cass. n. 12990 del 27 maggio 2010; Cass. 15272 del 3 luglio 2014; Cass. n. 14401 del 10 luglio 2015). In base al principio della cosiddetta apparenza, il mezzo di impugnazione va individuato con riguardo alla qualificazione attribuita al provvedimento impugnato dal giudice che lo ha emesso, a prescindere dall’esattezza di tale qualificazione (Cass., Sez. Un., 9 maggio 2011, n. 10073; Cass. n. 3338 del 2 marzo 2012).

6. Orbene, nel caso in esame la causa venne introdotta in primo grado con citazione; non venne disposto il mutamento del rito dal giudice, cui esclusivamente spetta tale potere; la causa venne dunque trattata con il rito erroneamente adottato e doveva proseguire nella stessa forma. In applicazione dei suddetti principi, il giudizio deve proseguire nella stessa forma.

7. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali e in Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2016

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