Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14321 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. II, 08/07/2020, (ud. 21/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14321

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21364-2019 proposto da:

K.A., rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE

BRIGANTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3106/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 28/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da K.A. la sentenza n. 3106/2018 della Corte di Appello di Ancona con ricorso fondato su quattro motivi e non resistito con rituale controricorso dalla parte intimata che ha depositato solo atto meramente finalizzato all’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Quest’ultima ha, infatti, depositato solo mera memoria di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente chiedeva, come da atti, alla competente Commissione Territoriale il riconoscimento della protezione internazionale.

La domanda veniva rigettata.

Impugnata la decisione della detta Commissione con successivo ricorso, quest’ultimo veniva rigettato con ordinanza del Tribunale di Ancona di cui in atti.

Tale ultimo provvedimento veniva gravato con atto di appello.

L’adita Corte territoriale, con la sentenza innanzi citata, rigettava il gravame e confermava l’impugnata ordinanza del Tribunale di prima istanza.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. con ordinanza in camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Col primo motivo del ricorso viene dedotta la nullità dell’impugnato decreto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Parte ricorrente si rifà alla nota decisione di Cass. S.U. n. 8053/2014 esponendo in modo promiscuo una serie di irrilevanti doglianze.

Con la suddetta decisione delle S.U. – giova qui ribadire – è stato affermato il principio che, a seguito della novella legislativa dell’art. 360 c.p.c., n. 5 è annullabile solo la sentenza che, “esclusa qualunque rilevanza di semplice difetto di motivazione,….(sostanzi) una anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” ovvero consistente in mancanza assoluta di motivi, contrasto irriducibile e inconciliabilità di affermazioni, perplessità ed incomprensibilità”.

Nulla di tutto ciò è, invece, rinvenibile nella motivazione della decisione oggetto di ricorso.

La gravata sentenza risulta, difatti, correttamente ed ampiamente motivata.

Essa non si espone a censura alcuna di mera apparenza o inesistenza o irriducibile contrasto della sua parte motiva.

Il motivo è, dunque, inammissibile.

2.- Con il secondo motivo viene prospettato, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione.

La deduzione, strumentalmente effettuata col motivo qui in esame, è inammissibile poichè non si confronta con la ratio della decisione gravata che poggia su una valutazione di merito (non più riesaminabile in questa sede) di irrilevanza dei fatti narrati dal ricorrente e di sostanziale non credibilità della di lui narrazione.

La stessa lamentata pretesa mancata valutazione della “situazione socio economica del paese in rapporto specifico alla vicenda del richiedente” comporta un giudizio eminentemente in fatto rientrante nell’ambito proprio delle attribuzioni del Giudice del merito.

Nè questa Corte può sostituire la propria valutazione di merito rispetto a quella già svolta dal Giudice del merito nell’ambito delle prerogative dalla legge attribuite ad esso.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

3.- Il terzo motivo prospetta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione di norme di diritto.

La deduzione, strumentalmente effettuata col motivo qui in esame, di violazione di legge è inammissibile poichè non si confronta con la ratio della decisione gravata che poggia su una valutazione di merito (non più riesaminabile in questa sede) di irrilevanza dei fatti narrati dal ricorrente e di sostanziale non credibilità della di lui narrazione.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

4.- Con il quarto motivo di deduce la violazione o falsa applicazione delle norme della Convenzione EDU, nonchè dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione Europea e dell’art. 46 della Direttiva Europea n. 2013/32.

Il motivo, apertamente dichiarato come “connesso sia sotto il profilo logico che giuridico con il precedente”, va dichiarato anch’esso inammissibile, oltre che per le ragioni innanzi già esposte, per le seguenti ulteriori considerazioni.

Il motivo qui in esame non coglie la ratio del provvedimento per cui è ricorso per cassazione.

La decisione impugnata ha – con specifiche, argomentate ed esaustive motivazioni – dato conto dell’insussistenza dei requisiti per il riconoscimento di quanto chiesto dal ricorrente.

Tanto affrontando ogni aspetto della questione e, quindi, l’inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto per il riconoscimento dello status di rifugiato politico, della protezione sussidiaria o del soggiorno per motivi umanitari.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

5.- Il ricorso va, dunque, dichiarato nel suo complesso inammissibile.

6.- Nulla va statuito per le spese del giudizio attesa la suddetta mancanza di controricorso.

7.- Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis, risultando il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

LA CORTE

dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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