Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14321 del 06/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14321 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 24428-2009 proposto da:
INCANDELA FRANCESCO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio
dell’avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati COCCHI LUIGI, QUAGLIA
SILVIO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
1150

contro

– GRUPPO TORINESE TRASPORTI G.T.T. S.P.A. 08555280018,
(già Azienda Torinese Trasporti s.p.a.), in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 06/06/2013

domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio
dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIORGI
LUIGI, CASAVECCHIA MARCO, giusta delega in atti;
– COMUNE TORINO 00514490010, in persona del Sindaco

BRUNO BUOZZI N. 87, presso lo studio dell’avvocato
COLARIZI MASSIMO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ARNONE ANNA MARIA, giusta
delega in atti;

controricorrente

avverso il provvedimento n. 1415/2008 della CORTE
D’APPELLO di TORINO, depositata il 13/10/2008 r.g.n.
1495/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/04/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato GABRIELE PAFUNDI;
udito l’Avvocato FABRIZIO MOZZILLO per delega MASSIMO
COLARIZI;
udito l’Avvocato STEFANIA IONATA per delega GUIDO
FRANCESCO ROMANELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per
l’inammissibilità in via principale, in subordine
rigetto.

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

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Svolgimento del processo
Francesco Incandela, Segretario generale della Città di Torino,
conveniva in giudizio l’Azienda Torinese Mobilità s.p.a. – già A.T.M.
s.p.a.- esponendo che nei periodi dal febbraio 1992 al dicembre
1993, e dal gennaio 1997 al settembre 2000, su incarico della
convenuta, aveva prestato la propria opera professionale
continuativa e coordinata quale ufficiale rogante di numerosi
contratti in forma pubblica stipulati dalla stessa Azienda. Assumeva
che, sia per il periodo precedente al 1998, in cui era vigente
comma 5, del d.P.R. 4.10.1986 n.902 (che disciplinava i
contratti in forma pubblica in specie rogati su richiesta dell’azienda
ATM sino al marzo 1998), sia ai sensi della successiva norma di cui
all’art. 18, comma 2, lett. b), inciso, del Regolamento di
organizzazione ed ordinamento della dirigenza (che disponeva che
a partire dal 26.3.98 il segretario comunale “può rogare anche i
contratti delle aziende speciali, come previsto dalla legge secondo
modalità e compensi concordati con apposita convenzione tra il
segretario generale e le aziende medesime” ed a seguito del quale
era stata stipulata tra l’azienda specializzata e il segretario la
convenzione dell’11.6.98), erano stati definiti i compensi anche per
il periodo pregresso.
In base alla citata convenzione, il Segretario aveva diritto di
percepire, quale ufficiale rogante, i compensi direttamente da parte
dell’azienda, sia per il periodo successivo al marzo 1998 e sino al
settembre 2000 (allorché l’azienda speciale si era trasformata in
s.p.a.), sia per il periodo antecedente, purché non prescritto ed a
condizione della regolazione dei rapporti reciproci inerenti tali poste
pregresse tra l’Azienda ed il Comune. L’attore sosteneva che tale
clausola limitativa fosse nulla, trattandosi di una condizione
dipendente dalla mera volontà dell’azienda di regolarizzare o meno
i rapporti col Comune, rapporti cui il Segretario era del tutto
estraneo, con evidente compressione dei propri diritti.
In proposito, sosteneva che l’azienda avesse illegittimamente
versato nelle casse del Comune i c.d. diritti di segreteria, per i
contratti in forma pubblica rogati per conto dell’ azienda, dal
segretario comunale.
Per contro, il credito del dr.Incandela verso l’azienda era
incontestato, anche nel suo ammontare, così come riconosciuto
anche in una nota del direttore generale dell’azienda.
Parimenti, lo stesso riscontro emergeva dalla corrispondenza inviata
dal Comune all’Azienda nel riconoscere di avere incamerato sine
titulo le somme relative a detti diritti, per il periodo dal 1992 al
1998.
L’azienda, nel rapporto con il Comune, era onerata di richiedere allo
stesso i rimborsi dovutile, mentre nessun rilievo ostativo poteva

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assumere tale circostanza nell’ambito del diverso rapporto del
dirigente con l’azienda stessa, stante il chiaro diritto del segretario
comunale a percepire quanto stabilito dalla legge in proprio favore
per i diritti di rogito.
Chiedeva, pertanto, la condanna dell’Azienda convenuta al
pagamento della somma di e.164.159,70, oltre accessori e spese
legali.
Si costituiva la convenuta ATM s.p.a., instando, preliminarmente,
per la chiamata in causa del Comune di Torino, evidenziando di
aver già corrisposto al Comune l’importo di E. 136.407,43 con un
residuo di E.27.758,27, e chiedendo, nel merito, il rigetto della
domanda svolta nei propri confronti, nonché, in subordine,
relativamente agli importi richiesti per il periodo sino al 1997, pari
ad E.93.445,69.
Si costituiva il Comune di Torino, ribadendo il proprio diritto a
percepire i proventi dei diritti di segreteria, relativi agli atti delle
proprie aziende municipalizzate, divenute aziende speciali,
trattandosi in ogni caso di enti strumentali, distribuendone la parte
dovuta per legge al segretario rogante, con esclusione di ogni
emolumento aggiuntivo.
Deduceva che l’art. 18 del Regolamento 5.3.98 non poteva che
interpretarsi in senso conforme ai principi che prevedono i suddetti
limiti di retribuzione del segretario comunale con riguardo alla
percezione dei diritti di segreteria.
Si costituiva anche la s.p.a Gruppo Torinese Trasporti, succeduta
alla ATM, chiedendo dichiararsi il difetto di giurisdizione per le
fattispecie sorte anteriormente al 30 giugno 1998, con il rigetto, in
via principale di merito, della domanda attrice, attesa la carenza di
legittimazione attiva del dr. Incandela, ribadendo la
riconvenzionale.
Con sentenza del 25 giugno 2004, il Tribunale di Torino, dopo aver
respinto le eccezioni pregiudiziali e preliminari, sulle quali non
venne proposta impugnazione, respingeva, nel merito, la domanda
attrice, così motivando: a) il dr. Incandela poteva svolgere le
funzioni di ufficiale rogante solo ed esclusivamente nella sua qualità
di segretario generale del Comune, e pertanto nell’esercizio di
funzioni per le quali, in base al principio di omnicomprensività della
retribuzione, egli poteva percepire solo il suo stipendio comprensivo
soltanto delle voci espressamente previste dalla legge, tra le quali
erano ricompresi i diritti di segreteria secondo la percentuale di cui
alllgt. 4 L. n. 312\80; b) sussisteva l’obbligo del Comune della
riscossione dei diritti per gli atti rogati in favore della ATM, atteso
che quest’ultima, sia come azienda municipalizzata prima, sia come
azienda speciale dopo il 1997, non è che un ente strumentale del
Comune, sicché l’attività di rogito era pur sempre riferibile all’ente

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locale. Accertava quindi il diritto esclusivo del Comune di Torino ad
esigere e riscuotere i diritti di segreteria, affermando altresì che
una parte degli stessi, nella misura di legge, spettavano al
segretario comunale, non avendo peraltro questi chiesto la
condanna al pagamento delle sue spettanze nei confronti del
Comune di Torino, e dovendo invece respingersi la domanda svolta
dall’Incandela nei confronti della G.T.T. (già ATM).
Avverso tale sentenza proponeva appello l’Incandela. Resistevano
la G.T.T. s.p.a. ed il Comune di Torino, quest’ultimo evidenziando
di aver già corrisposto al segretario gli importi spettanti per legge.
Con sentenza depositata il 13 ottobre 2008, la Corte d’appello di
Torino confermava la sentenza impugnata respingendo il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’Incandela,
affidato a quattro motivi, poi illustrati con memoria.
Resistono il Comune e la società G.T.T., con controricorso.
Motivi della decisione
1.-Con il primo mptivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa
applicazione degli artt. 40-41 della tabella D della L. n. 604\62;
dell’art. 30 L. n. 734\73; dell’art. 41 L. n. 312\80; degli artt. 23 e
52 L. n. 142\90; dell’art. 17 L. n. 27197; degli artt. 97 e 114 d.lgs.
n. n. 267\00; degli artt. 4 e 5 L. n. 2248\1965 All. E), nonché degli
artt. 1173, 1176, 1218, 1219, 1321, 1322, 1323, 1372, 1418, 1425,
2222, 2225 e 2233 c.c.
2) Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e\o falsa
applicazione degli artt. 40-41 della tabella D) della L.n. 604\62;
dell’art.30 L. n.734\73; dell’art. 41 L. n. 312\80; degli artt. 27, 36
e 97 Cost., nonché del principio di legalità dell’azione
amministrativa; dell’art.65 d.P.R. n. 902\86; degli artt. 23 e 52 L. n.
142\90; dell’art. 17 L. n. 127\97; degli artt. 97 e 114 d.lgs. n.
267\00; “nonché degli artt. 2222, 2225 e 2233 c.c.” in relazione
all’art’,360, rco, n.3 c.p.c.”.
I motivi, che per la loro connessione possono essere
congiuntamente esaminati, ed i connessi quesiti di diritto, risultano
inammissibili riproducendo censure già svolte in grado di appello e
conseguentemente risolte dal giudice del gravame, senza illustrare:
a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al
giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto
applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie.
È, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto
che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di
accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata
disposizione di legge”(Cass. 17 luglio 2008 n. 19769).
Deve peraltro evidenziarsi che il quesito di diritto non può risolversi
nella mera enunciazione di una pluralità di norme in tesi violate dal

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giudice di appello. Ed invero, come evidenziato dalle sezioni unite di
questa Corte, sentenza 28 settembre 2007 n. 20360, “Il quesito di
diritto deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della
questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in
termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad
esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto
del gravame. Ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale
sia formulato in modo implicito, sì da dovere essere ricavato per via
di interpretazione dal giudice; od ancora sia formulato in modo tale
da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto; od,
infine, sia formulato in modo del tutto generico”.
Il quesito di diritto imposto dall’art. 366-bis cod. proc. civ.,
rispondendo all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad
una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la
sentenza impugnata, ed al tempo stesso, con una più ampia
valenza, di enucleare, collaborando alla funzione”nomofilatticatlella
S.C. di cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie,
costituisce infatti il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso
specifico e l’enunciazione del principio generale, e non può
consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o
nell’interpello della Corte di legittimità in ordine alla fondatezza
della censura così come illustrata nello svolgimento dello stesso
motivo, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte
e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con
l’enunciazione di una “regola juris” che sia, in quanto tale,
suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello
sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza
impugnata, Cass. 9 maggio 2008 n. 11535.
3) Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 40-41 della tabella D della L. n. 604\62;
dell’art.30 L. n. 734\73; dell’art. 41 L. n. 312\80; degli artt. 22, 36
e 97 Cost., nonché del principio di legalità dell’azione
amministrativa; dell’art.66 dP.R. n. 902\86; degl artt. 23 e 52 L. n.
142\90; dell’art. 17 L. n. 127\97 e 114 d.lgs n. n. 267\00, nonché
degli artt. 2272, 2225 e 2233 c.c. in relazione all’art. 360, comma
1, n. 3 c.p.c.
Oltre ai profili di inammissibilità sopra esplicati, deve evidenziarsi
che questa S.C. (sent. n. 29673\08) ha osservato che il D.Lgs. n.
165 del 2001, art 70, al comma 2, conferma in materia di segretari
comunali e provinciali le disposizioni previste dal D.Lgs. n. 267 del
2000, ed in particolare l’art.97, il cui comma 4, lett. c), tra i compiti
demandati al segretario comunale, contempla anche la possibilità di
rogare i contratti nei quali l’ente è parte ed autenticare scritture
private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente.

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L’Incandela sostiene che il segretario non ha l’obbligo di rogare gli
atti dei Comuni e delle aziende, non rientrando tale attività tra i
compiti d’istituto ma tra le competenze professionale non
obbligatorie, che dovrebbero, pertanto, essere autonomamente
retribuite.
Occorre in realtà notare che la pur mutata natura delle aziende di
trasporto in aziende speciali (ex art. 114 d.lgs n. 267\00), non
rileva ai fini della dedottta non obbligatorietà dell’attività di rogito,
tanto da ricondurre la stessa nell’ambito di una attività
professionale di natura privatistica, soggetta ad autonomo
compenso, trattandosi comunque dell’attività di rogito che spetta,
giusta l’art. 97 del d.lgs n. 267\00, al segretario comunale, anche
ove esercitata nei confronti di aziende speciali o di natura privata,
per cui il Segreatrio non può esigere, alla stregua di un libero
professionista, compensi di natura professionale.
Occore del resto rimarcare che l’art. 97 del d.lgs n. 267\00 riserva
l’attività di rogare gli atti in forma pubblica al solo segretario
dell’ente locale, che non interviene in virtù di apposito incarico
professionale, bensì in virtù dei suoi compiti istituzionali (C. Cost. n.
156\90; C. Conti 14 giugno 2006 n. 207), per il quale vale il
principio di omnicomprensività del trattamento economico del
dipendente pubblico, senza possibilità di applicazione del principio
di proporzionalità di cui all’art. 36 Cost.
Come osservato da questa Corte in analoga fattispecie (sent. n.
29673 del 2008), non è possibile dubitare: a) della natura di
obbligazione retributiva dei diritti di segreteria, recata
esplicitamente dalle fonti normative e posta a carico del soggetto
datore di lavoro pubblico, essendo i diritti in questione destinati a
compensare compiti istituzionali e perciò obbligatoriamente
compresi nelle prestazioni di servizio dei segretari, restando
irrilevante la natura tributaria dell’obbligazione del soggetto tenuto
al pagamento dei diritti; b) dell’applicazione ai segretari degli enti
locali dello statuto retributivo dei dirigenti, e, quindi,
dell’assoggettamento alla regola dell’omnicomprensività del
trattamento economico; c) dell’esclusione, in forza del detto
principio, del diritto a percepire il particolare compenso costituito
dai “diritti di segreteria”, rientrando l’attività di rogare i contratti ed
autenticare scritture nelle funzioni istituzionali attribuite dalla legge
a questa particolare categoria di dirigenti, così come del resto
affermato da C. Cost. n. 156\90.
Per il resto occorre osservare che l’ATM (ora GTT) provvide a
versare al Comune di Torino la somma di €.136.401,43, che poi
versò al Segrelério la prevista percentuale del 75%. Quanto al
periodo successivo al 1997, per cui l’azienda non aveva ancora
versato al Comune la somma di E.27.747.94, deve rilevarsi, come

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in
favore di ciascun controricorrente, delle spese del presente
giudizio di legittimità, pari ad €.50,00 per esborsi ed €. 6.100,00
per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 aprile 2013
Il Presidente
L’estensore

evidenziato dalla Corte territoriale, che la domanda venne svolta
nei confronti della sola ATM (GTT) e non invece nei confronti del
soggeto obbligato nei confronti del Segretario (Comune di Torino).
Né l’Incandela diversamente deduce, deduzione o contestazione da
svolgersi nel rispetto del principio dell’autosufficienza, indicando in
quale sede ed in quali termini la domanda sarebbe stata svolta.
4) Con il qparto motivo l’Incandela denuncia violazione e/o falsa
applicazione dell’art.91 c.p.c., in relazione all’art.360, 1° comma, n.
3, c.p.c., dolendosi dell’erronea condanna alle spese contenuta
nella sentenza impugnata.
Il motivo è ontologicamente subordinato all’accoglimento del
ricorso e deve, pertanto respingersi.

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