Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1432 del 23/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1432 Anno 2014
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: MACIOCE LUIGI

Rep.

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al

n. 26899 del R.G. anno 2012

proposto da:
Ciccone Marco Matteo — Ciccone Gianiuca — Ciccone Irma
domiciliati in ROMA, via Foster 161 presso Michele D’Agostino con gli
avvocati

direnciono

Marco Provera ed Antonio Napolitano che li rappresentano e
ricorrenti –

per procura a margine del ricorso

contro
Costruzioni Melone geom. Luigi s.r.1 domiciliata (n Roma Vid dei
Gracchi 39 presso l’avv. Adriano Giuffrè, con l’avv.to

Renato

Rizzi che la

rappresenta e difende per procura speciale a margine del controricorso
Contro ricorrentee
intimato –

Comune di Ariano Irpino

avverso la sentenza n. 1290 in data 10.04.2012 della Corte di
Napoli; udita la relazione della causa svolta nella c.d.c del 19.11.2013
dal Cons. Luigi MACIOCE; presente il P.M., in persona del Sost.
Proc.Gen. Dott. Immacolata Zeno.
RILEVA
Il Collegio che il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380
bis c.p.c. ha ricostruito la vicenda nel senso di cui appresso.
La Corte di Appello di Napoli, esaminando due giudizii di opposizione alla
stima (iscritti ai nn. RG 6333/2006 e 428/2010), proposti dai germani

q-i621

Cdc 19.11.2013

Data pubblicazione: 23/01/2014

CICCONE per l’esproprio in data 30.06.2006 di un’area di 107.630 ad
iniziativa della concessionaria-delegata Costruzioni FALCIONE geom Luigi s.r.l. ed a beneficio del promotore Comune di Ariano Irpino, con sentenza 10.4.2012, emessa nei giudizi riuniti, ha determinato la dovuta
indennità di esproprio in C 341.187 e la correlata indennità di occupazione legittima in C 33.534. Nella motivazione la Corte di merito, individuata la natura edificatoria dell’area, vocata alla realizzazione di un PIP,
ha fatto capo alla stima peritale di mercato pari ad C 3,17 a mq. negan-

Tribunale di Ariano Irpino dalle quali sarebbe emerso un valore, di comparazione e per analogia, di C 9,30 a mq. Di contro la stima di C 3,17 a
mq. era fondata sulla acquisizione di atti di vendita di terreni omogenei
e su una decisione del Tribunale fallimentare.
Per la cassazione di tale sentenza i Ciccone hanno proposto ricorso con
due motivi in data 23.11.2012 cui non ha opposto difese il Comune nel
mentre la società Falcione ha notificato controricorso. Il relatore, nella
relazione ex art. 380 bis c.p.c., ha proposto l’accoglimento del primo
motivo del ricorso. La contro ricorrente ha espresso critiche con memoria finale.
OSSERVA

Il motivo rilevante del ricorso (il secondo attiene, infatti, al regime delle spese) censura al contempo la rilevanza assorbente data dal
CTU ad alcuni atti ed a una transazione recepita dal Tribunale di A.I.
sez. fallimentare e la completa pretermissione, ad opera dello stesso
CTU e quindi della Corte di merito che alla CTU ha fatto capo, di due atti
giurisdizionali tempestivamente prodotti nel procedimento poi riunito e
conducenti al maggior valore unitario di C 9.30 a mq.
Appare al Collegio assorbente la esatta critica del primo motivo
del ricorso afferente la indebita esclusione dal valutabile delle produzioni
delle sentenze effettuata da parte attrice (in riferimento alla ipotesi di
cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. anteriore alla novella che ne ha drasticamente
ridotto il campo applicativo): come rilevato dal relatore è indiscutibile
che la produzione effettuata nel procedimento poi riunito dovesse essere
esaminata (non scorgendosi la rilevanza della accusa di “strumentalità”
levata dalla controricorrente), alla luce della giurisprudenza di questa
Corte richiamata in ricorso (Cass. 15189 del 2001 e 11555 del 2013).
Non poteva infatti sottacersi il fatto che la seconda causa di opposizione
alla stima (RG 428/2010) era stata imposta dalla reiterazione del decreto di esproprio per asseriti vizi della notifica del primo e che con tale opposizione erano stati prodotti i due documenti. Ed è altrettanto indiscu-

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do che parte attrice avesse provato la sussistenza di alcune decisioni del

tibile che la richiesta di valutazione di tali atti – tempestivamente depositati e risultanti dalla nota di iscrizione a ruolo – venne fatta in giudizio
dalla parte espropriata, tanto che la Corte di Appello esamina la richiesta e la considera anche nel portato finale (la stima unitaria di € 9,30 a
mq.): sol che la Corte non esamina i documenti non già per írricevíbílítà della produzione tardiva (la preclusione ex art. 183 c.p.c. non è infatti
minimamente menzionata in sentenza) ma sol perché (pag. 9 cpv. 3°)
afferma che la relativa produzione non risultava agli atti.

la rilevanza di detti documenti ai fini della valutazione di un quadro ampio ed esauriente dei tertia comparationis nella stima era già implicitamente contenuta nella statuizione della sentenza (che non ne ritiene irrilevante la deduzione ma solo non provata la consistenza). Ne discende,
quindi, che l’avere il ricorso allegato ed ex actis dimostrato che quelle
produzioni erano negli atti del giudizio riunito ed erano pertanto esaminabili, fa emergere la rilevanza e consistenza del denunziato vizio di
omessa motivazione. Né, si badi, ha fondamento il tentativo fatto in
memoria di recuperare (quale motivazione inespressa od implicita della
sentenza impugnata) la ragione di corretto rifiuto dell’esame dei documenti consistente nella avverata preclusione alla loro produzione nel
primo giudizio e nella inidoneità del secondo a veicolarli all’esame. Le
perplessità ad una utilizzazione strumentale della riunione di cause diretta a far superare la preclusione istruttoria già avveratasi con il primo
giudizio (perplessità palesate nella invocata pronunzia Cass.

5894 del

2006) nella specie non hanno consistenza in astratto, essendo il secondo giudizio, come dianzi detto, imposto dalla reiterazione del decreto.
Semmai si sarebbe dovuto sostenere che le produzioni documentali ammissibili nel secondo giudizio non potevano essere che quelle afferenti fatti maturati dopo la instaurazione del primo: ma tale ipotesi
non è stata neanche affacciata dalla contro ricorrente la quale, anche in
memoria, ha ribadito che la seconda opposizione alla stima non avrebbe
potuto offrire nessun materiale istruttorio ulteriore, essendosi tutto il
potere “consumato” con il primo giudizio all’atto della maturazione delle
preclusioni.
In questo contesto, emerge quindi che, assente alcuna prospettazione di ipotesi di uso strumentale del potere di proporre opposizione
alla stima e carente alcuna affermazione di “abuso” del diritto alla iniziativa istruttoria (siccome diretto a colmare lacune avveratesi nel primo
giudizio) , non potevasi dalla Corte di merito nell’esame dei due giudizii

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Al di là della sibillina espressione adottata in sentenza, emerge che

riuniti ignorare apoditticamente quanto prodotto nel secondo giudizio
con la sola affermazione che il dedotto non sarebbe stato “provato”.
Va quindi consentito al giudice del merito in sede di rinvio di rivalutare il completo materiale documentale, giustapponendo a quello esaminato dal CTU con giudizio condiviso in sentenza quello sopra indicato,
trattandosi di documenti ritualmente acquisiti, in tesi rilevanti, ed indebitamente ignorati. Resta fermo, ovviamente, il potere del giudice del
merito di escludere la rilevanza concreta degli addotti tertia comparatio-

menti significativi di comparazione. Spetterà al giudice del rinvio anche
regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso nella c.d.c. della Sest Sezione Civile il 19.11.2013.

nis per inutilizzabilità ratione temporis o per insussistenza di altri ele-

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