Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14318 del 08/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 08/06/2017, (ud. 12/04/2017, dep.08/06/2017),  n. 14318

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20185/2013 proposto da:

O. DI O.M. & C. S.N.C. C.F. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA SESTO RUFO 23, presso lo studio dell’avvocato BRUNO

TAVERNITI, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.D.;

– intimato –

nonchè da:

P.D. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA PORTUENSE N. 257, presso lo studio dell’avvocato CATERINA CORTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA MARRELLI, giusta delega

in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

OLIVIERI DI O.M. & C. S.N.C. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 527/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 08/08/2013 R.G.N. 983/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato GIANLUCA DE MICCO PADULA per delega Avvocato DANIELA

MARRELLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 104/12 il Tribunale di Siena condannava la O. S.n.c. di O.M. & C. a pagare all’ex dipendente P.D. la somma di Euro 6.000,00 quale risarcimento del danno da licenziamento illegittimo e quella di Euro 5.000,00 per compenso di lavoro straordinario.

2. Con sentenza pubblicata in data 8.8.13 la Corte d’appello di Firenze rigettava la domanda del lavoratore concernente il risarcimento del danno da illegittimo licenziamento, confermando nel resto le statuizioni di prime cure.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre la O. S.n.c. di O.M. & C. affidandosi a tre motivi, poi ulteriormente illustrati memoria ex art. 378 c.p.c..

4. P.D. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale basato su un unico motivo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., per omessa pronuncia circa i rilievi mossi dalla ricorrente alle deposizioni testimoniali in base alle quali il primo giudice aveva riconosciuto il compenso per lavoro straordinario chiesto da P.D. pur affermando in motivazione – che ciò avveniva “al di là della evidente intenzione di rendere una deposizione di favore, palese in alcuni passi”; lamenta altresì erronea valutazione della prova da parte della Corte territoriale, per avere male interpretato le dichiarazioni rese dall’ O. in sede di interrogatorio formale e aver trascurato l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui la prova del lavoro straordinario, il cui onere incombe sul lavoratore, deve essere rigorosa, senza che la valutazione equitativa possa colmarne eventuali lacune.

1.2. Doglianze sostanzialmente analoghe vengono mosse con il secondo motivo sotto forma di denuncia di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c..

1.3. Il terzo motivo del ricorso principale deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 92 e 132 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata, compensate per due terzi le spese del doppio grado, ha condannato la società al pagamento del residuo terzo nonostante il parziale accoglimento del suo appello e il rigetto dell’eccezione di inammissibilità o improcedibilità del gravame sollevata dalla difesa di P.D..

2.1. Con unico motivo il ricorso incidentale prospetta violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, in punto di asserita esistenza d’un giustificato motivo oggettivo di licenziamento, smentita dal rilievo che esso non era dipeso da sfavorevoli e non contingenti situazioni di mercato, ma dall’illegittima pretesa datoriale di trasformare il rapporto di lavoro da tempo indeterminato in uno a termine, tanto che quattro mesi (e non sei) dopo il licenziamento la società – che gestiva un bar – aveva assunto altro personale: tale circostanza, conclude il ricorso incidentale, sebbene confortata dalla deposizione dei testi C., E. e Pa. non era stata considerata dalla sentenza impugnata.

3.1. Il primi due motivi del ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente perchè connessi, vanno disattesi perchè, ad onta dei richiami normativi in essi contenuti, sostanzialmente sollecitano una rivisitazione nel merito della vicenda e delle risultanze processuali affinchè se ne fornisca un diverso apprezzamento.

Si tratta di operazione non consentita in sede di legittimità, ancor più ove si consideri che in tal modo il ricorso finisce con il riprodurre (peraltro in maniera irrituale: cfr. Cass. S.U. n. 8053/14) sostanziali censure ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel nuovo testo applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3, convertito in L. n. 134 del 2012, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, cioè alle sentenze pubblicate dal 12.9.12 e, quindi, anche alla pronuncia in questa sede impugnata).

Nè può dirsi violato il principio secondo cui la prova del lavoro straordinario – di cui è onerato il lavoratore deve essere rigorosa e non può essere surrogata da valutazioni equitative: nel caso di specie la valutazione equitativa operata dai giudici d’appello ha riguardato non l’an debeatur, ma il relativo quantum, che è stato liquidato considerando anche le incidenze del compenso dello straordinario sugli istituti retributivi indiretti.

Nè infine – è appena il caso di notare – sussiste violazione alcuna dell’art. 112 c.p.c., ravvisabile soltanto per omessa pronuncia su domande od eccezioni e non anche su mere difese (tali essendo quelle con cui si sollevano dubbi circa l’attendibilità o l’affidabilità dei testi).

3.2. Il terzo motivo del ricorso principale è infondato. Premesso che, per costante insegnamento giurisprudenziale, l’individuazione della parte (prevalentemente) soccombente spetta al giudice di merito, nel caso in esame la sentenza non presenta vizio alcuno, anche perchè la conferma in appello di determinate statuizioni di merito, pur se accompagnate dal rigetto d’una eccezione in rito (come quella concernente l’asserita inammissibilità o improcedibilità dell’appello della O. S.n.c. di O.M. & C.) non importa soccombenza dell’appellato.

4.1. Il ricorso incidentale è infondato.

La sentenza impugnata ha accertato in punto di fatto che il licenziamento per cui è causa fu intimato al termine della stagione estiva e in funzione di contenimento dei costi, potendo le necessità del bar gestito dalla O. S.n.c. di O.M. & C. essere soddisfatte mediante il solo apporto lavorativo dei suoi soci.

Si tratta d’un accertamento di merito, come tale non censurabile in sede di legittimità, a sua volta conforme – in punto di diritto – all’insegnamento giurisprudenziale secondo cui integra giustificato motivo oggettivo di licenziamento anche soltanto il contenimento dei costi (cfr., da ultimo e per tutte, Cass. n. 13516/16).

Inoltre, la giurisprudenza ha chiarito che una situazione non contingente di mercato può individuarsi anche nel diverso andamento stagionale dell’attività d’un dato esercizio commerciale (cfr., a riguardo, Cass. n. 21514/15).

Sconfina, poi, nell’apprezzamento di merito delle risultanze istruttorie l’affermazione, che si legge nel ricorso incidentale, secondo cui il licenziamento sarebbe dipeso dal rifiuto del lavoratore di accettare la trasformazione del rapporto da tempo indeterminato in uno a termine e che quattro mesi dopo il licenziamento (e non sei) vi sarebbero state nuove assunzioni di personale.

Infine, un arco di tempo semestrale tra il licenziamento e le successive assunzioni (tale è il lasso di tempo accertato dalla sentenza impugnata) è compatibile con l’effettività e la non pretestuosità del recesso datoriale, proprio considerando – come si legge nella sentenza impugnata – il diverso andamento stagionale dell’attività dell’esercizio commerciale dell’odierna ricorrente principale.

5.1. In conclusione, entrambi i ricorsi sono da rigettarsi, il che consiglia di compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

rigetta i ricorsi e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2017

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