Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14317 del 06/06/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 14317 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 4295-2007 proposto da:
FRASCA ROSA, vedova PELLICANO, domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato DEL PRETE GAETANO MARIA, giusta delega
in atti;
– ricorrente –

2013
1034

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., (già FERROVIE DELLO
STATO SOCIETA’ DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI), in
persona del legale rappresentante pro tempore,

Data pubblicazione: 06/06/2013

elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CLAUDIO

MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato CONSOLO
GIUSEPPE, che la rappresenta e difende giusta delega
in atti;
– controri corrente –

di NAPOLI, depositata il 27/01/2006 R.G.N. 1556/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/03/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato RUGGIERI GIANFRANCO per delega
CONSOLO GIUSEPPE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 5057/2005 della CORTE D’APPELLO

R.G. n. 4295/07
Ud. 21.3.2013

Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 5382/02 ha
riconosciuto dipendente da causa di servizio l’affezione polmonare
da cui era affetto Pellicano Elio ed il conseguente suo decesso,
avvenuto il 3 febbraio 1998, condannando la S.p.A. Rete
Ferroviaria Italiana al pagamento dell’equo indennizzo a favore
della vedova Frasca Rosa.
Tale decisione, impugnata dalla società, è stata riformata
dalla Corte d’Appello di Napoli con sentenza depositata il 27
gennaio 2006, con la quale è stata dichiarata inammissibile la
domanda.
Ha osservato la Corte territoriale che in base al D.M. 2 luglio
1983 n. 1622, emanato in attuazione della legge 6 ottobre 1981 n.
564, l’equo indennizzo presuppone la previa presentazione della
domanda – entro il termine decadenziale di sei mesi previsto da
tale decreto ministeriale – ad opera del dipendente anche nel caso
di richiesta da parte degli aventi causa di riconoscimento del
collegamento del successivo decesso alla causa di servizio; che
detta prestazione può essere riconosciuta solo a favore del
dipendente che ne abbia fatto domanda e non anche a favore dei
congiunti del medesimo che risentono in via indiretta del
pregiudizio, i quali possono giovarsi dell’indennizzo solo a titolo
successorio e non anche iure proprio.
Nella specie la domanda di equo indennizzo era stata
presentata dalla moglie del lavoratore a seguito del di lui decesso,
e non già dal lavoratore, onde era inammissibile.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la sig.ra
Frasca Rosa sulla base di un solo motivo. La società ha resistito

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

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con controricorso, illustrato da successiva memoria ex art.
378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso la ricorrente, denunziando
violazione e falsa applicazione “di norme di diritto” nonché vizio di
sensi dell’art. 4 del D.M. n. 1622 del 1983, la domanda di equo
indennizzo deve essere presentata dal dipendente entro il termine
di sei mesi dal giorno in cui gli è stato comunicato il provvedimento
con il quale si riconosce la dipendenza da causa di servizio della
menomazione dell’integrità fisica, ovvero entro sei mesi dalla data
in cui si è verificata la menomazione dell’integrità fisica in
conseguenza dell’infermità della lesione già riconosciuta
dipendente da causa di servizio.
Aggiunge che, secondo la stessa disposizione, la domanda
può essere proposta anche dagli aventi causa del dipendente o del
pensionato deceduto, entro il termine di sei mesi dal decesso,
disposizione questa riprodotta dal d.p.r. 20 aprile 1994 n. 349, art.
3, in vigore al momento in cui venne presentata detta domanda.
Da tali disposizioni è dunque evidente come ricorressero nella
specie i presupposti per ottenere l’equo indennizzo (decesso del
dante causa in conseguenza di una patologia dipendente da causa
di servizio e presentazione della domanda dall’avente causa entro il
termine di sei mesi dal decesso), onde era errata la sentenza
impugnata che aveva interpretato diversamente la normativa in
questione.
Il motivo non è fondato.
La legge 6 ottobre 1981, n. 564 ha esteso ai ferrovieri l’istituto
dell’equo indennizzo già inserito nello stato giuridico dei dipendenti
civili dello Stato (art. 11), prevedendo altresì che a livello
applicativo fosse emanata una legislazione di carattere secondario.
Tale disciplina fu emanata con il D.M. 2 luglio 1983, n. 1622, il
quale prevede all’art. 1 che “l’equo indennizzo previsto dall’art. 68

motivazione su un punto decisivo per il giudizio, deduce che, ai

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U. approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, è concesso al
del T.0
dipendente dellAzienda autonoma delle ferrovie dello Stato che, per
infermità o lesione contratta per cause di servizio, abbia subito una
menomazione dell’integrità fisica …” (comma 1).
L’art. 1 prevede anche che se alla data di emanazione del
interessato sia deceduto per cause di servizio debitamente
riconosciute a seguito di istanza presentata dagli aventi causa nel
termine perentorio di sei mesi dalla data dell’evento mortale (e
sempreché sia stata prodotta entro il termine previsto dal
successivo art. 4, comma 1, del regolamento la necessaria
domanda di equo indennizzo da parte degli aventi causa) la morte è
ascritta alla prima categoria della tabella A (misura massima)
(comma 3).
Lo stesso decreto ministeriale prevede, inoltre, sotto la
rubrica modalità di presentazione della domanda, che

“per

conseguire l’indennizzo il dipendente deve presentare domanda
entro sei mesi dal giorno in cui è stato comunicato il provvedimento
col quale si riconosce la dipendenza da cause di servizio della
menomazione dell’integrità fisica, ovvero entro sei mesi dalla data in
cui si è verificata la menomazione dell’integrità fisica in conseguenza
dell’infermità o della lesione già riconosciuta dipendente da cause di
servizio” (art. 4, comma 1).
L’art. 6, comma 2, del decreto prescrive infine che, qualora
l’interessato sia deceduto successivamente alla presentazione della
domanda di equo indennizzo, e sempreché non ricorra l’ipotesi
prevista dal dell’art. 1, comma 3, l’organo sanitario deve
pronunziarsi con l’indicazione della categoria di menomazione cui
si ritiene possa essere ascritta la infermità o la lesione alla data
della morte
Questa Corte, in controversie analoghe alla presente, ha
costantemente affermato che tale disciplina presuppone che la
concessione dell’equo indennizzo sia preceduta dalla presentazione

decreto di concessione dell’equo indennizzo il dipendente

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della domanda ai sensi dell’art. 4 D.M. cit. da parte del dipendente
delle Ferrovie. L’equo indennizzo può infatti essere riconosciuto
solo a suo favore, avendo detto istituto la funzione di ristoro al
dipendente per la menomazione da lui subita causata da infermità
ascrivibile a causa di servizio. I congiunti aventi causa che
dipendente possono invece giovarsi dell’indennizzo in questione
solo a titolo successorio e non anche iure proprio.
Nella sostanza, titolare dell’indennizzo resta soltanto il
dipendente che ha subito la menomazione, mentre ai suoi aventi
causa esso spetta iure successionis, atteso che costoro, anche se
suoi congiunti stretti, risentono un danno solo indiretto.
Presupposto per la concessione dell’equo indennizzo è dunque
la domanda avanzata dall’interessato entro il termine perentorio
previsto dall’art. 4 del suddetto decreto ministeriale. Se essa non
sia stata avanzata gli eredi non possono far valere alcuna pretesa
collegata all’ascrivibilità della morte alla infermità dipendente da
servizio.
E’ stato altresì affermato da questa Corte che per i ferrovieri,
al pari che per i dipendenti civili dello Stato, la concessione
dell’equo indennizzo consta di un procedimento articolato in due
fasi distinte, dirette la prima al riconoscimento della causa di
servizio e la successiva al riconoscimento dell’equo indennizzo, con
distinti ed autonomi termini per dette fasi.
Deve essere quindi il dipendente a chiedere personalmente nel rispetto del termine di decadenza – quanto meno
l’accertamento della causa di servizio. Ove il dipendente abbia
soddisfatto quest’onere, nel caso intervenga il decesso, le fasi
successive potranno essere attivate dai suoi aventi causa ai sensi
dell’articolo 4, comma 3, per il quale “la domanda può essere

proposta, con le modalità più sopra previste (e cioè previste dal
comma 1) anche dagli aventi causa del dipendente o del pensionato

deceduto” (cfr., per tutti tali principi, Cass. n. 21458/07; Cass. n.

risentano in via indiretta un pregiudizio a causa della morte del

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21332/07; Cass. n. 20007/04; Cass. n. 15059/01; Cass. n.
3442/09).
Nella specie, come risulta dalla sentenza impugnata, la
domanda per il riconoscimento della dipendenza da causa di
servizio venne presentata non già dal defunto Pellicano Elio, ma
coniuge.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
La ricorrente, soccombente, va condannata al pagamento
delle spese del presente giudizio come in dispositivo, non
rientrando la controversia in esame, ai fini delle spese processuali,
nell’ambito di applicazione dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., in
ragione della natura retributiva dell’equo indennizzo (Cass. n.
12479/03; Cass. n. 17347/04; Cass. n. 19560/06).
P. Q. M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio che liquida, a favore della
controparte, in 50,00 per esborsi ed C 2.500,00 per compensi
professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 21 marzo 2013.

dalla vedova, odierna ricorrente, successivamente al decesso del

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