Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14314 del 08/06/2017

Cassazione civile, sez. lav., 08/06/2017, (ud. 02/03/2017, dep.08/06/2017),  n. 14314

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annnalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9620-2011 proposto da:

D.C.L., C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

ALLIANZ S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la rappresenta

e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA DISCIOLTA U.S.L. N. (OMISSIS) DI POTENZA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 692/2010 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 29/12/2010 r.g.n. 499/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2017 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto;

udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega avvocasto GIORGIO

SPADAFORA;

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 29.12.2010 la Corte di appello di Potenza, confermando la pronuncia del giudice di primo grado, ha respinto la domanda proposta da D.C.L., + ALTRI OMESSI

La Corte territoriale, disposto il rinnovo dell’accertamento medico legale, ha – in sintesi escluso qualsiasi violazione dei protocolli imposti dalle linee guida per la prevenzione e il controllo della malattia tubercolare in sede di assunzione della D.C., in particolare rilevando che le manifestazioni clinico-strumentali evidenziate nel 1998 e nel 1999 non erano presenti al momento dell’assunzione e del referto radiologico del 1993.

Per la cassazione della sentenza gli originari ricorrenti propongono ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; hanno prodotto costituzione di nuovo difensore prima della discussione. La gestione liquidatoria ex USL n. 2 del Potentino è rimasta intimata. Resiste Allianz s.p.a. con controricorso, depositando altresì memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) essendosi limitata, la Corte distrettuale, a condividere le conclusioni formulate dal consulente tecnico d’ufficio che – nell’interpretazione della referto del 19.11.1993 – ha omesso di esaminare molti punti decisivi della questione quali la ricaduta o la riattivazione della patologia tubercolare secondo il referto 7/7/1998, la mancata comunicazione del radiogramma del 19/11/1993 alla lavoratrice, la mancata effettuazione di un controllo radiografico nel febbraio 1995 e nel gennaio 1997 (in seguito delle successive assunzioni a termine).

2. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunziano violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 761 del 1779, art. 10, comma 2, artt. 2 e 32 Cost., artt. 1374, 1375 e 175 c.c., della L. n. 1008 del 1970 e del D.Lgs. n. 626 del 1994 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto il datore di lavoro non ha sottoposto la D.C. ad ulteriori approfondimenti diagnostici in occasione dell’assunzione, in qualità di infermiera professionale, del novembre 1993 nè l’ha sottoposta a vaccinazione antitubercolare nè l’ha informata dell’esito della radiografia al torace del 19/11/1993.

3. i motivi ivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, non sono fondati.

Osserva, preliminarmente, il Collegio, che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie.

In particolare, con riguardo ai lamentati errori e alle lacune della consulenza tecnica d’ufficio, sono suscettibili di esame in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione della sentenza, quando siano riscontrabili carenze o deficienze diagnostiche o affermazioni scientificamente errate e non già quando si prospettino semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e la valutazione della parte (Cass. nn. 3307/2012, 22707/2010, 569/2011). Costituisce orientamento costante della Cassazione quello secondo il quale nel giudizio in materia d’invalidità, il vizio – denunciabile in sede di legittimità – della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione (Cfr. per tutte Cass. nn. 23990/2014, 1652/2012).

Nel quadro del suddetto enunciato si è, altresì, precisato che le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio disposta dal giudice non possono utilmente essere contestate in sede di ricorso per cassazione mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse di diverse valutazioni perchè tali contestazioni si rivelano dirette non già ad un riscontro della correttezza del giudizio formulato dal giudice di appello bensì ad una diversa valutazione delle risultanze processuali; e tale profilo non rappresenta un elemento riconducibile al procedimento logico seguito dal giudice bensì costituisce semplicemente una richiesta di riesame del merito della controversia, inammissibile in sede di legittimità (Cfr. ex plurimis, Cass. nn. 14374/2008, 7341/2004 e 15796/2004).

Inoltre, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (Cass. n. 11482/2016).

La Corte distrettuale, dando atto che i motivi di appello dei ricorrenti si incentravano sulle carenze metodologiche della consulenza tecnica d’ufficio effettuata in primo grado nonchè sulla mancanza di competenze specialistiche in radiologia dell’ausiliare, ha disposto il rinnovo dell’accertamento incaricando un medico “specialista in medicina legale nonchè in fisiologia e malattie dell’apparato respiratorio” (pag. 11 della sentenza impugnata). Ha, poi, sottolineato che il consulente ha acquisito gli accertamenti radiografici del torace della D.C. svolti in vari anni (compreso l’accertamento effettuato il 19/11/1993) nonchè ulteriore documentazione medica prodotta dalle parti stesse ed ha concluso (conformemente al consulente tecnico d’ufficio nominato in primo grado) ritenendo “corretta la lettura dei radiogrammi del 19/11/1993 nella parte in cui ha reso il giudizio “Reliquati modulari sclerotici in sede sottoclaveare ds, non lesioni pluro-parenchimali in fase attiva””. Questa alterazione polmonare, ha aggiunto la Corte recependo la perizia d’ufficio, testimoniava il contatto e la risposta positiva dell’organismo alla penetrazione del bacillo della tubercolosi nell’organismo con la formazione di una cicatrice, cicatrice che rimane nella stragrande maggioranza dei casi tale per tutta la vita e non è indice di un processo attivo in corso e, quindi, non richiede, secondo le linee guida per il trattamento della tubercolosi, alcun trattamento medico nè impone specifica informativa alla lavoratrice o ulteriori approfondimenti diagnostici. Le manifestazioni clinico-strumentali evidenziate nel 1998 e nel 1999 non erano presenti al momento del referto del 1993, neppure a livello iniziale, e ciò è anche dimostrato dalla circostanza che, per ben cinque anni (dal 1993 al 1998) la D.C. – ha sottolineato la Corte – non ha presentato sintomi particolari nè riferito variazioni del suo stato di salute in occasione delle visite di idoneità effettuate dalla A.S.L. nel 1995 e nel 1997 (nel corso delle quali sanitari non avevano rilevato nulla di anomalo).

Pertanto, quanto alla decisività del vizio di motivazione prospettato, la critica non risulta conforme a quella richiesta da consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, pur nell’innegabilità del principio di massima salvaguardia del diritto alla salute.

Nè risultano violate le disposizioni dettate in materia di accertamenti diagnostici in sede di assunzione, avendo la Corte distrettuale congruamente e logicamente esposto che il referto radiografico del 1993 non richiedeva ulteriori approfondimenti in assenza dell’evidenza di un processo patologico attivo in corso.

4. Infine, in ordine alla censura dell’obbligo di vaccinazione antitubercolare del personale infermieristico, va rilevato che della questione non vi è traccia nella sentenza impugnata, nè i ricorrenti indicano in alcun modo se, con quale atto e in che termini la questione stessa sia stata eventualmente riproposta in grado di appello. La censura è, pertanto, inammissibile in quanti – secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte – nel giudizio di Cassazione è (Ndr: testo originale non comprensibile) alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello (v. Cass. nn. 9812/2002, 13819/1999).

5. In conclusione, il ricorso non è fondato. Le spese di lite sono regolate, nei confronti della società Allianza s.p.a., secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.. Nulla nei confronti della Gestione liquidatoria, assente in giudizio.

PQM

 

La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare le spese del presente giudizio di legittimità alla società Allianz s.p.a., liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2017

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