Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14312 del 06/06/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 14312 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

Ud. 14/11/12
Motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

CLAID Collezioni s.r.l. in liquidazione, elett.te
dom.ta in Roma, via San Tommaso d’Aquino 90, c/o studio
dell’avv.to Alessandro Battezzati, rappr.ta e difesa
dall’avv.to Piero Emilio Zaccagnini (e-mail:
piero.zaccagnini@libero.it fax 0574/537182) per procura
speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
Ministero della Giustizia,

St8b
2013

rappr.to e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato e dom.to presso i
suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi 12;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 06/06/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Potenza
emesso in data 26 novembre 2010 e depositato il 5
dicembre 2010, R.G. n. 247/10;
sentito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Immacolata Zeno che ha concluso per

rilevato che la Corte ha deliberato di adottare la
motivazione semplificata della decisione;

Rilevato che:
1. Con ricorso del 25 maggio 2010 Claid Confezioni
s.r.l. in liquidazione ha chiesto alla Corte di
appello di Potenza la condanna del Ministero
della Giustizia al risarcimento del danno ex
legge n.89/2001 subito per la durata eccessiva e
non ragionevole del giudizio civile svoltosi dal
davanti al 9 marzo 2009

12 luglio 2001 al

davanti al giudice di pace di Casarano.
2. La Corte di appello di Potenza ha respinto il
ricorso ritenendo che la persona giuridica non
abbia legittimazione ad agire in ordine ai danni
non patrimoniali richiesti nel presente giudizio.
3. Ricorre

per

cassazione

Claid

Confezioni

affidandosi a due motivi di impugnazione con i
quali deduce: a) la violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 2, comma 2 e 3, della
legge n. 89/2001 e dell’articolo 6 della C.E.D.U.
in relazione agli artt. 2727 e 2059 c.c.; b) la

2

l’accoglimento del ricorso;

omessa,

insufficiente

e

contraddittoria

motivazione. Secondo la ricorrente è erronea,
alla luce della giurisprudenza C.E.D.U. e di
legittimità che pure risulta largamente
confermata, la tesi affermata dalla Corte di
appello circa il difetto di legittimazione attiva

il

risarcimento del danno non patrimoniale provocato
dalla durata non ragionevole del processo di cui
è stata parte.
4. Si difende con controricorso il Ministero della
Giustizia.
Ritenuto che
5. Il ricorso è fondato. La giurisprudenza di questa
Corte ritiene che, in tema di equa riparazione
per irragionevole durata del processo ai sensi
dell’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89,
anche per le persone giuridiche il danno non
patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo
correlato a turbamenti di carattere psicologico,
è – tenuto conto dell’orientamento in proposito
maturato nella giurisprudenza della Corte di
Strasburgo – conseguenza normale, ancorché non
automatica e necessaria, della violazione del
diritto alla ragionevole durata del processo, di
cui all’art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, a causa dei disagi e dei
turbamenti di carattere psicologico che la

3

della persona giuridica a chiedere

lesione di tale diritto solitamente provoca alle
persone preposte alla gestione dell’ente o ai
suoi membri, e ciò non diversamente da quanto
avviene per il danno morale da lunghezza
eccessiva del processo subito dagli individui
persone fisiche (cfr., fra le altre,

Cass. Civ.

6. Il ricorso va pertanto accolto e la causa decisa
nel merito, stante la non necessità di ulteriori
accertamenti istruttori, applicando il parametro
di tre anni di durata ragionevole per il giudizio
di primo grado e quello di 750 euro di indennità
annua per i primi tre anni di durata eccessiva e
di 1.000 per gli anni successivi. Ne deriva,
nella specie, un indennizzo di euro 3.750 e al
pagamento di tale somma, in favore della
ricorrente, va condannato il Ministero della
Giustizia con interessi dalla domanda al saldo.
7.

Le spese del giudizio di merito e di cassazione
vanno poste a carico del Ministero soccombente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto

impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero
della Giustizia al pagamento, in favore della
ricorrente e a titolo di equa riparazione ex legge n.
89/2001, della somma di euro 3.750 con interessi dalla
domanda al saldo. Condanna il Ministero al pagamento
delle spese del giudizio di merito liquidate in
complessivi 950 euro, di cui 100 per spese, 450 per

4

sezione I, n. 25730 del 1 dicembre 2011).

diritti e 400 per onorari, e del giudizio di cassazione
liquidate in euro 550, oltre oneri e accessori di legge
e oltre 200 euro per esborsi.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del

14 novembre 2012.

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