Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14311 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 25/05/2021), n.14311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38682-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.A.G., F.E.E., in

proprio ed in qualità di eredi della sig.ra S.C. e del

sig. F.L.L., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA SONIA

VULCANO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2152/9/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 17/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza n. 2152/09/2019, depositata il 17 maggio 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso di F.A.G. e di F.E.E., quali eredi di S.C., contro l’avviso d’accertamento relativo all’Irpef dell’anno d’imposta 2006, fondato sulla mancata indicazione, nel modello RW della dichiarazione dei redditi, della detenzione di attività finanziarie (una polizza emessa da Credit Suisse Bermuda ltd) all’estero, in violazione del D.L. n. 167 del 1990, art. 4, comma 1 e sulla conseguente applicazione della presunzione legale di cui al D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2.

Gli eredi della contribuente si sono costituiti con controricorso ed hanno chiesto la condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c., depositando altresì memoria.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2” e la “falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 3 e dell’art. 11 disp. att. c.c.”, per avere il giudice a quo escluso che la presunzione di cui al D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, possa applicarsi anche ai periodi d’imposta quale il 2006, periodo accertato dall’atto impositivo controverso- antecedenti alla sua entrata in vigore.

Il motivo è infondato.

Infatti, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, ” La presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1 luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perchè le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perchè una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum”, le previsioni di cui al medesimo art. 12, commi 2-bis e 2-ter, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicchè esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1 luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2.” (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 29632 del 14/11/2019).

E’ peraltro noto a questo Collegio che in altre occasioni è stato affermato che ” In tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, con riferimento agli investimenti e alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1 luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) “sub specie” di presunzione semplice.” (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 31243 del 29/11/2019; Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 33893 del 19/12/2019).

Tuttavia, nel caso sub iudice, nè la ricorrente Amministrazione (che tuttora persiste nell’invocare esclusivamente l’applicazione retroattiva della presunzione legale), nè la sentenza impugnata hanno ricostruito, in punto di fatto, il presupposto dell’imposizione articolando un ragionamento inferenziale che avesse, quale elemento indiziante, esclusivo o concorrente, la detenzione dell’attività finanziaria de qua ed integrasse, pertanto, una presunzione semplice. Pertanto, in questa sede di legittimità, la questione devoluta a questa Corte è esclusivamente quella della pretesa violazione della legge che ha introdotto la presunzione legale d’evasione.

2. La domanda di risarcimento dei danni da lite temeraria da ritenersi proposta dai controricorrenti ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1 – va respinta.

Infatti, in tema di responsabilità aggravata per lite temeraria, che ha natura extracontrattuale, la domanda di cui all’art. 96 c.p.c., comma 1, richiede pur sempre la prova, incombente sulla parte istante, sia dell'”an” e sia del “quantum debeatur”, o comunque postula che, pur essendo la liquidazione effettuabile di ufficio, tali elementi siano in concreto desumibili dagli atti di causa (Cass., Sez. L, Sentenza n. 9080 del 15/04/2013).

Nel caso di specie, nel controricorso, i richiedenti non hanno fornito quella prospettazione completa ed esaustiva della dedotta “lite temeraria”, necessariamente comprensiva dei danni che si assumono patiti per effetto del grado di giudizio di legittimità, da allegarsi con sufficiente analiticità ed autonomia (Cass., 07/10/2013, n. 22812).

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

4. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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