Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14309 del 28/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/06/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 28/06/2011), n.14309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20173/2009 proposto da:

B.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato IACOBELLI Gianni

Emilio, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE

(UFFICIO di BENEVENTO);

– intimati –

avverso la sentenza n. 89/2008 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 19/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIAIDA PERSICO;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIETRO GAETA.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Il relatore Cons. Dott. Mariaida Persico, letti gli atti depositati, osserva:

1. B.L. ricorso per cassazione, fondato su cinque motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Campania n. 89/27/08, depositata il 19 giugno 2008, che, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la decisione di primo grado pronunciata su di un avviso di accertamento per l’Irpef e S.S.N., anno 1997, calcolato sul reddito da partecipazione di detto contribuente in due società di persona.

Gli intimati non hanno controdedotto.

2 – Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati a partire dal 2.03.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto la formulazione dei motivi non soddisfa i requisiti postulati dall’art. 366 bis c.p.c.. Infatti, le censure per vizi di violazione di legge non si concludono con la esplicita formulazione dei prescritti quesiti, dando risposta ai quali la decisione avrebbe dovuto essere cassata in base ad un corrispondente principio di diritto, e, d’altronde, la formulazione delle doglianze per difetto della motivazione non appare soddisfare i requisiti voluti dalla legge ed i principi fissati da un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (SS.UU. n. 20603/2007, n. 16002/2007).

4. Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio e la definizione dello stesso, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., per manifesta inammissibilità.” che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che non vi è da provvedere in ordine alle spese di lite, non essendosi l’intimato costituito.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2011

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