Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14309 del 08/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 08/06/2017, (ud. 14/02/2017, dep.08/06/2017),  n. 14309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4506/2012 proposto da:

TUZI COSTRUZIONI GENERALI S.P.A. (già S.R.L.) C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G. AVEZZANA 8, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO GRASSI, che la rappresenta e difende, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.C. c.f. (OMISSIS), n.q. di erede di MIKLOS ISTVAN

BETHLEN DE BETHLEN, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LORENZO

MEGALOTTI 15, presso lo studio dell’avvocato NICOLA ALESSANDRO

SALDUTTI, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

DELTA TRAZIONE S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 703/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/02/2011 R.G.N. 3137/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2017 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del primo, secondo,

terzo motivo del ricorso, accoglimento del quarto motivo del

ricorso;

udito l’Avvocato PAOLO GRASSI;

udito l’Avvocato NICOLA ALESSANDRO SALDUTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza dell’8 febbraio 2011, la Corte d’Appello di Roma, confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma rigettando le opposizioni proposte dalla Tuzi Costruzioni Generali S.r.l. avverso i decreti ingiuntivi ottenuti a suo carico dall’ex dipendente e dirigente Miklos Istvan Bethlen de Bethlen, poi deceduto con il subentro in giudizio dell’erede M.C., per il pagamento, il primo, di differenze retributive, il secondo, dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità supplementare e rigettando, altresì, la domanda dalla stessa Società avanzata, sempre in sede di giudizio di opposizione, nei confronti del medesimo ex dipendente e della Delta Trazione S.r.l. di cui lo stesso era stato dirigente ed altresì amministratore unico fino alla data del trasferimento di un ramo d’azienda a questa facente capo alla Tuzi Costruzioni Generali S.r.l., avente ad oggetto il risarcimento del danno conseguito alla dolosa condotta mendace dal Bethlen tenuta, dapprima nel ruolo di amministratore unico e poi quale suo dipendente, nell’occultare le passività derivanti dai lavori non eseguiti o mal eseguiti nell’ambito dell’ATI costituita con la Sielte S.p.A. aggiudicataria dell’appalto delle Ferrovie Nord Milano Esercizio che la Tuzi S.r.l. si era vista contestare nella sua veste di cessionaria.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto sussistente la giusta causa invocata dal Bethlen all’atto delle dimissioni legittimante le avanzate pretese alla corresponsione dell’indennità di preavviso e dell’indennità supplementare, giusta causa data dal trasferimento della sede di lavoro ed idonea ad escludere la violazione dell’obbligo di informazione circa la reale situazione economica del ramo d’azienda ceduto, obbligo implicito in quelli di diligenza e fedeltà propri del lavoratore e così la fondatezza della pretesa risarcitoria della Società, la conoscenza da parte di questa dei problemi della commessa e delle contestazioni a riguardo sollevate.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a quattro motivi, poi illustrati con memoria, cui resiste, con controricorso, la M.. La Delta Trazione S.r.l. è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, posto sotto la rubrica “Travisamento dei fatti, irragionevolezza nonchè insufficienza o carenza di motivazione nonchè violazione e falsa applicazione di legge circa l’effettivo trasferimento del dipendente Bethlen” la Società ricorrente lamenta l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla configurabilità nella specie di un trasferimento della sede di lavoro, ritenendo irrilevante l’ubicazione del ramo di azienda acquisito in luogo diverso dalla sede di essa Società rispetto all’identificazione di tale sede quale unico luogo di ubicazione della Società stessa.

Con il secondo motivo, denunciando ancora travisamento dei fatti, irragionevolezza nonchè insufficienza o carenza di motivazione in una con la violazione e falsa applicazione degli artt. 2104 e 2105 c.c., la Società ricorrente lamenta la non conformità a diritto oltre che l’incongruità logica del convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine all’inconfigurabilità dell’inadempimento da parte del Bethlen, divenuto dirigente della Società, degli obblighi di diligenza e fedeltà.

Nel terzo motivo, le medesime censure attinenti all’incongruità dell’iter logico giuridico ed alla conseguente carenza di motivazione sono prospettate in una con la violazione e falsa applicazione dell’art. 2722 c.c., in relazione al convincimento espresso in ordine alla consapevolezza da parte della Società ricorrente della reale situazione economica della commessa ex Delta Trazione S.r.l..

Il vizio di omessa pronunzia in violazione dell’art. 112 c.p.c., è dedotto nel quarto motivo in relazione al mancato pronunciamento in ordine alle domande rivolte nei confronti della Delta Trazione S.r.l..

Il primo motivo è palesemente infondato, atteso che, quand’anche l’intenzione originaria della Società ricorrente, cessionaria del ramo d’azienda cui apparteneva il Bethlen, fosse stata quella di accentrare presso la propria unica sede l’attività acquisita, comunque per il personale addetto a quell’attività presso la sede di provenienza, ivi compreso il Bethlen, si sarebbe determinato un mutamento di sede di lavoro e, dunque, un trasferimento, presupposto qualificato dal CCNL per i dirigenti di azienda industriale quale giusta causa di dimissioni, legittimante il diritto alle indennità qui richieste.

Parimenti infondati si rivelano altresì il secondo, il terzo ed il quarto motivo, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente.

E’ palese il tentativo della Società ricorrente di introdurre nella causa surrettiziamente, attraverso la dedotta violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà incombenti al Bethlen una volta divenuto, a seguito della cessione del ramo di azienda facente capo alla società di cui egli era amministratore unico, un’azione di responsabilità contrattuale fondata sulle reticenti informazioni circa le possibili sopravvenienze passive a carico del ramo ceduto in relazione all’attività da questo svolto, emergendo tale tentativo dall’originaria prospettazione a carico del Bethlen di una responsabilità per tale condotta anche anteriormente alla cessione nella sua veste di amministratore unico della società cedente, questione dichiarata non delibabile dal giudice di primo grado, con statuizione significativamente non impugnata in sede di gravame, e dalla chiamata in causa della Società cedente in liquidazione tenuta, secondo l’intendimento della Società ricorrente, a rispondere del danno da infedeltà aziendale provocato dal Bethlen di cui si era avvantaggiata. In sostanza, ciò che realmente intendeva conseguire la Società ricorrente con l’azione proposta era l’accertamento dell’illegittimità del comportamento tenuto dal Bethlen nell’aver fornito già prima della cessione del ramo d’azienda facente capo alla Società da lui amministrata, al fine di concludere il relativo contratto lucrandone il corrispettivo, e nell’aver successivamente, quale dirigente della Società cessionaria, avallato come vera, al fine di evitare la risoluzione del relativo contratto e di liberare la moglie degli oneri di garanzia assunti nei confronti delle banche in relazione all’operatività della Società cedente, documentazione mendace nella quale veniva omesso di riportare le sopravvenienze passive connesse all’appalto eseguito in ATI con la Sielte S.p.A..

Bene ha fatto, dunque, la Corte territoriale a rintuzzare tale tentativo, come del resto già aveva fatto il primo giudice, restando ancorata al reale thema decidendum sotteso alla causa introdotta, ovvero l’accertamento, in relazione alla mancata informazione sulle reali condizioni economiche del ramo d’azienda ceduto, della violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà. Un accertamento che la Corte territoriale ha correttamente condotto a tutto campo, andando oltre i riscontri documentali e valendosi di ogni mezzo istruttorio offerto al fine di verificare l’effettività della denunciata reticenza e del difetto di informazione in capo alla Società ricorrente, ed il cui esito negativo risulta congruamente motivato in relazione a circostanze di fatto idonee a fondare la piena conoscenza della situazione da parte della predetta Società ed a farla risalire addirittura al tempo dell’avvenuta cessione, 27 ottobre 2005, che la Società ricorrente non ha neppure tentato di contestare quanto alla loro veridicità, derivandone la piena legittimità della pronunzia, non omessa, come qui erroneamente sostiene la Società ricorrente, ma resa in modo espresso dalla Corte territoriale che, ormai incontestabilmente, esclude qualsiasi responsabilità anche a carico della Società cedente.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nei confronti della sola parte costituita, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2017

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