Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14308 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. II, 08/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19317-2019 proposto da:

C.I., rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO

NOVELLO e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositata il

10/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/02/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con provvedimento notificato i 16.5.2018 la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Siracusa respingeva l’istanza del ricorrente, volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale od umanitaria, ritenendo non credibile la storia riferita dal richiedente ed insussistenti i presupposti per il riconoscimento dell’invocata tutela. Il Tribunale di Caltanissetta respingeva il ricorso avverso il predetto provvedimento di rigetto, con il quale il C. aveva invocato innanzitutto la concessione della protezione sussidiaria e in subordine di quella umanitaria.

Propone ricorso per la cassazione della decisione di rigetto C.I. affidandosi a due motivi.

Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, 14 lett. c) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale non avrebbe correttamente valutato la condizione esistente in (OMISSIS), avendo attinto da fonti non più attuali ed avendo preso in esame il luogo di nascita del ricorrente, il quale invece avrebbe dichiarato di vivere nella città di (OMISSIS).

La censura è in parte inammissibile e in parte infondata.

Dal decreto impugnato risulta infatti che il giudice di merito ha condotto l’apprezzamento sulla situazione esistente nel Paese di provenienza del richiedente sulla base del rapporto (OMISSIS) sul (OMISSIS) del dicembre 2018. Il ricorrente, a pag. 5 del ricorso, denuncia che tale fonte farebbe riferimento a fatti del 2017, e vi contrappone un articolo tratto dal sito (OMISSIS), che evidenzierebbe una situazione di pericolo generalizzato; le risultanze del sito (OMISSIS) gestito dal Ministero degli Affari Esteri, che sconsiglierebbe di viaggiare in (OMISSIS); nonchè un articolo denominato (OMISSIS), che conterrebbe informazioni provenienti dall’Alto Commissario per le Nazioni Unite.

La deduzione è in primo luogo generica, poichè il ricorrente non indica per quale motivo la fonte valorizzata dal Tribunale si riferirebbe a fatti del 2017; invero, trattandosi di fonte del dicembre 2018, proveniente da una agenzia dell’Unione Europea particolarmente qualificata in tema di protezione internazionale, che peraltro aggiorna costantemente le informazioni sui paesi di origine (C.O.I.), è lecito presumere che essa contenga notizie aggiornate. Era quindi onere del ricorrente indicare in modo specifico per quale motivo le notizie riportate in detta fonte non sarebbero state più attuali; cosa che, oggettivamente, nel motivo in esame manca del tutto. Sul punto, va ribadito il principio per cui “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26728 del 21/10/2019, Rv.655559). Ove manchi tale specifica allegazione, è precluso a questa Corte procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito. Solo laddove nel motivo di censura vengano evidenziati precisi riscontri idonei ad evidenziare che le informazioni sulla cui base il predetto giudice ha deciso siano state effettivamente superate da altre e più aggiornate fonti qualificate, infatti, potrebbe ritenersi violato il cd. dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice del merito, nella misura in cui venga cioè dimostrato che quest’ultimo abbia deciso sulla scorta di notizie ed informazioni tratte da fonti non più attuali. In caso contrario, la semplice e generica allegazione dell’esistenza di un quadro generale del Paese di origine del richiedente la protezione differente da quello ricostruito dal giudice di merito si risolve nell’implicita richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie e nella prospettazione di una diversa soluzione argomentativa, entrambe precluse in questa sede.

Inoltre, occorre evidenziare che questa Corte ha più volte affermato la non idoneità delle risultanze del sito “(OMISSIS)”, essendo le medesime destinate all’informazione turistica e rivolte all’utenza di coloro che intendono recarsi nel Paese oggetto di indagine, e quindi non idonee a descrivere l’effettiva condizione di vita dei cittadini del predetto Paese (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 16202 del 24/09/2012, Rv. 623728).

Ancora, va evidenziato che la fonte che secondo il ricorrente promanerebbe dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite data aprile 2018, e quindi è ancor meno aggiornata rispetto a quella – datata dicembre 2018 e proveniente certamente dall'(OMISSIS) – consultata dal Tribunale.

Da quanto precede deriva l’infondatezza della censura relativa alla non attualità delle fonti utilizzate dal Tribunale.

Per quanto invece attiene alla deduzione circa la zona di effettiva provenienza del richiedente, la censura è inammissibile in quanto il ricorrente non chiarisce in quale occasione sarebbe stata dedotta la circostanza relativa alla sua residenza nella città di (OMISSIS).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale non avrebbe valutato la condizione del (OMISSIS) ai fini della concessione della protezione umanitaria.

La censura è inammissibile, poichè il richiedente non deduce alcuna specifica ragione di vulnerabilità, non essendo a tal fine sufficiente il generico riferimento alle vicende legate alla sua permanenza in Libia (della quale neppure viene specificata la durata); dette vicende, invero, non vengono descritte nemmeno sommariamente dal ricorrente.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero intimato in questo giudizio di legittimità.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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