Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14305 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 25/05/2021), n.14305

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35317-2019 proposto da:

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ENRICO RAGONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ENRICO RAGONE;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4803/21/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 30/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE

CATALDI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. G.E. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza n. 483/21/2019, depositata il 30 maggio 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva rigettato il ricorso del medesimo contribuente contro un preavviso d’iscrizione ipotecaria emesso da Equitalia Sud s.p.a.; ed ha compensato le spese “dell’intero giudizio”.

Per quanto qui ancora interessa, il giudice a quo era stato adito in riassunzione quale giudice del rinvio, a seguito della cassazione, con l’ordinanza n. 18111 del 10 luglio 2018 di questa Corte, della precedente sentenza della stessa CTR, che aveva già rigettato l’appello del contribuente.

L’Agenzia delle Entrate-riscossione si è costituita con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un motivo, a seguito del quale il contribuente ha proposto a sua volta controricorso incidentale.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente, deve ritenersi che, al contrario di quanto eccepito dal contribuente nel controricorso incidentale, l’Agenzia delle entrate-riscossione abbia proposto, nel contesto del controricorso, anche ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.

E’ vero, infatti, che l’atto di costituzione dell’Agenzia è intitolato esclusivamente “Controricorso” e che nelle sue conclusioni finali si chiede soltanto che sia dichiarato inammissibile o rigettato il ricorso principale.

Tuttavia, nel corpo dello stesso atto, a pag. 5, si trova formulata una censura la cui rubrica contiene l’indicazione “Motivo di ricorso incidentale”. Nel corpo di tale censura, sebbene con formulazione impropria (“La sentenza della Commissione Tributaria Regionale merita di essere riformata nella parte in cui (…)”), l’Agenzia ha comunque manifestato la richiesta di cassare la sentenza della CTR già impugnata dal contribuente con il ricorso principale.

Ebbene, come questa Corte ha già chiarito, ” Un controricorso ben può valere come ricorso incidentale, ma, a tal fine, per il principio della strumentalità delle forme – secondo cui ciascun atto deve avere quel contenuto minimo sufficiente al raggiungimento dello scopo – occorre che esso contenga i requisiti prescritti dall’art. 371 c.p.c. in relazione ai precedenti artt. 365, 366 e 369, e, in particolare, la richiesta, anche implicita, di cassazione della sentenza, specificamente prevista dall’art. 366 c.p.c., n. 4″ (Cass., Sez. U.-, Sentenza n. 25045 del 07/12/2016; conforme Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 8873 del 13/05/2020).

Premesso quindi che nel caso di specie si è in presenza di un controricorso contenente anche un ricorso incidentale, non è in contestazione la tempestività della sua notifica, avvenuta il 24 dicembre 2019 (come da relate di notifica prodotte dalla ricorrente incidentale e come dato atto nel controricorso incidentale), al ricorrente principale, ai sensi degli artt. 370 e 371 c.p.c..

Deve escludersi, poi, che, come eccepito dal ricorrente principale, l’Agenzia avesse, prima ancora della sentenza qui impugnata, manifestato tacita acquiescenza “all’annullamento dell’atto impugnato”, oggetto del contenzioso, per non essersi costituita nel precedente giudizio di cassazione, introdotto con ricorso del contribuente, ed in quello di rinvio all’esito del quale è stata resa la sentenza qui impugnata. Tale affermazione, dalla quale si vorrebbe ricavare, sul piano sostanziale, l’inesistenza di un perdurante interesse sostanziale dell’Agenzia al ricorso incidentale, attribuisce infatti apoditticamente alla contumacia dell’Agente il valore di una sostanziale accettazione delle ragioni della controparte. Tuttavia, la contumacia integra un comportamento neutrale cui non può essere attribuita valenza confessoria, e comunque non contestativa (Cass. Sez. L, Sentenza n. 24885 del 21/11/2014), per cui la non negazione delle ragioni altrui fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 14623 del 23/06/2009).

Il ricorso incidentale dell’Agenzia è invece inammissibile in quanto non ottempera ai requisiti di forma-contenuto di cui all’art. 370 c.p.c. ed all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Infatti, l’unico motivo di ricorso incidentale consiste nella censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, di violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12,24 e 46, per avere la CTR, accogliendo il relativo motivo d’appello del contribuente, ritenuto che la notificazione della comunicazione preventiva d’iscrizione ipotecaria fosse nulla perchè avvenuta in violazione delle regole che presidiano la notificazione degli atti di riscossione fuori dell’ambito territoriale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 46, non essendovi prova del conferimento di delega.

Assume la ricorrente incidentale che all’epoca della formazione del ruolo e della consegna dello stesso al concessionario della riscossione, il contribuente era residente a Napoli e che l’Agente competente era quello operante per la riscossione per la provincia di Napoli.

Tuttavia, nel corpo del motivo, la ricorrente incidentale non indica se, ed eventualmente in che grado ed in quale fase, sia avvenuta la produzione in giudizio della notifica in questione; del preavviso notificato; e di documentazione relativa al ruolo ed al suo affidamento al concessionario e, soprattutto, alla residenza del contribuente all’epoca dei fatti descritti nel motivo. Tanto meno, rispetto alla residenza del contribuente, il motivo indica quando e come essa sarebbe stata accertata, e poi non contestata, nel merito, come dedotto nello stesso mezzo.

Risulta pertanto violato l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, richiamato in materia di controricorso dall’art. 370 cod. proc., non essendo stato adempiuto l’onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specifica indicazione, a pena d’inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali esso si fonda, nonchè dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito. (Cass., 15/01/2019, n. 777; Cass., 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726).

Ferma restando la rilevata ragione di inammissibilità, sufficiente alla relativa declaratoria, deve per completezza rilevarsi che è anche generica, ed in contraddizione con il resto delle argomentazioni del medesimo motivo (relative alla ritenuta coerenza dell’operato dell’Agenzia con le previsioni del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 46 e quindi supponendo la vigenza e l’applicabilità di quest’ultimo), l’affermazione, contestuale, di parte ricorrente in via incidentale, secondo la quale l’applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 46, avrebbe, all’epoca dei fatti, “de facto (…) già perso rilevanza trattandosi di disposizione residuale riguardante la precedente organizzazione della riscossione esattoriale”.

Inoltre, il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito senza modifiche dalla L. 2 dicembre 2005 e citato dalla stessa Agenzia, comunque prevedeva espressamente, all’art. 3, comma 4, lett. a), che: “La Riscossione S.p.a., anche avvalendosi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di personale dell’Agenzia delle entrate e dell’I.N.P.S. ed anche attraverso altre società per azioni, partecipate ai sensi del comma 7:

a) effettua l’attività di riscossione mediante ruolo, con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nonchè l’attività di cui al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 237, art. 4;”, richiamando pertanto, nel disciplinare il nuovo assetto della riscossione che introduceva, anche il D.P.R. n. 602 del 1973, stesso art. 46.

2.Con l’unico motivo di ricorso principale il contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, per avere il giudice del rinvio compensato tra le parti le spese di lite dell’intero giudizio, nonostante la soccombenza integrale dell’appellata Agenzia, sulla base di generiche ragioni d’equità.

Il motivo è ammissibile e fondato.

La CTR ha infatti così motivato la decisione sulle spese:”Sussistono giusti motivi di equità, avuto riguardo al contrasto tra le decisioni intervenute nella presente vicenda contenziosa, per compensare tra le parti le spese di giudizio”. Sostiene il ricorrente principale che tale motivazione della compensazione sia in contrasto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2, – nella versione novellata dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9, comma 1, lett. f), n. 2), applicabile, ai sensi del successivo art. 12, comma 1, dall’1 gennaio 2016 -, secondo cui “Le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate.”.

Infatti, secondo il ricorrente, le ragioni generiche di equità esposte dalla CTR non sarebbero nè “gravi ed eccezionali”, nè comunque “espressamente motivate”, attesa la formula adottata nella sentenza impugnata.

Deve, al riguardo, considerarsi che, per quanto qui interessa, l’esigenza di una indicazione dei motivi della compensazione delle spese sussisterebbe comunque anche con riferimento al tenore del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, previgente alla citata novella, il quale, al secondo periodo del comma 1, disponeva che “La commissione tributaria può dichiarare compensate in tutto o in parte le spese, a norma dell’art. 92 c.p.c., comma 2.”.

Infatti, ” Nel processo tributario, in virtù del rinvio contenuto nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, ai procedimenti instaurati dopo il 1 marzo 2006 si applica l’art. 92 c.p.c., comma 2, nella versione emendata dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a), sicchè la compensazione delle spese richiede la concorrenza di “altri giusti motivi, esplicitamente indicati in motivazione”, che non possono essere desunti dal complesso della sentenza, pena la sua cassazione sul punto.” (Cass., Sez. 6 – 5, Sentenza n. 22793 del 09/11/2015).

E nello stesso art. 92 c.p.c., comma 2, originariamente richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, per il processo tributario- l’indicazione delle ragioni della compensazione delle spese di lite è stata successivamente riaffermata con la novella introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, ed è comunque necessaria anche ai sensi della successiva ulteriore modifica disposta dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, che aveva ristretto i motivi di compensazione (oltre al caso della soccombenza reciproca) all'”assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”, salvo il successivo intervento di Corte Cost., sentenza 19 aprile 2018, n. 77, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo così modificato, “nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni” (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3977 del 18/02/2020).

Tanto premesso, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire proprio in tema di disciplina delle spese processuali, ” Il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà vita a un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario da ritenersi unico ed unitario; tale giudizio, pertanto, ove mutino le regole del processo, resta soggetto – se non diversamente previsto alla legge processuale vigente al momento in cui venne introdotto il procedimento di primo grado.” (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 29125 del 11/11/2019).

Nel caso di specie, nel quale il ricorso introduttivo è stato proposto il 2 maggio 2015 (come dedotto, senza contestazioni, nel controricorso), si applica pertanto, per effetto del rinvio del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, vigente ratione temporis, l’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, e dichiarato in parte illegittimo da Corte Cost., sentenza n. 77 del 2018.

La CTR avrebbe potuto pertanto compensare le spese, oltre che per reciproca soccombenza, anche per l'”assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”, o per “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”.

Il giudice a quo, a differenza di quanto sostiene la controricorrente, non si è avvalso del potere di compensazione per reciproca soccombenza (che nel caso di specie peraltro non sussisteva, atteso che nel complesso dei vari gradi di giudizio il contribuente era risultato totalmente vittorioso), atteso che ha invece indicato ragioni di “equità”, ravvisate nel “contrasto tra le decisioni intervenute nei vari gradi”.

Si tratta, tuttavia, di un’indicazione di motivi meramente apparente ed illogica, in quanto la possibile successione, all’esito dei vari gradi dell’intero giudizio, di decisioni tra loro contrastanti non costituisce una circostanza nè grave, nè eccezionale, ma del tutto fisiologica nel sistema processuale, e trova soluzione nella decisione stessa del merito dell’impugnazione, che determina proprio quella soccombenza da valutare, ai fini della decisione sulle spese, con riferimento all’esito finale del giudizio nel suo complesso.

Pertanto la CTR, compensando le spese perchè nei gradi di giudizio precedenti la lite era stata decisa diversamente, non ha indicato motivi adeguati a giustificare la deroga al criterio di soccombenza, ma anzi ha errato nell’interpretare ed applicare quest’ultimo, che impone di parametrare la soccombenza all’esito finale del complessivo giudizio.

Infatti il giudice di appello, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poichè la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 6259 del 18/03/2014; Cass. Sez. L, Sentenza n. 11423 del 01/06/2016; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 9064 del 12/04/2018; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 27606 del 29/10/2019).

La sentenza va quindi cassata, con rinvio al giudice a quo, il quale provvederà alla decisione sulle spese secondo i principi indicati.

Al giudice del rinvio va demandata altresì la liquidazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Rilevato che risulta soccombente, relativamente al ricorso incidentale, una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater.

PQM

Accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione;

dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

 

 

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