Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14303 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. II, 08/07/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 08/07/2020), n.14303

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22403/2016 proposto da:

C.L.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

BALDUINA, 7, INT. 15, dell’avvocato CARLO PIETROPAOLO, rappresentata

e difesa dagli avvocati PIERFRANCESCO ALESSI, GUIDO BONAVENTURA;

– ricorrente –

contro

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE LIEGI N.

58, presso lo studio dell’avvocato ROMANO CERQUETTI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 878/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 31/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/11/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del primo motivo e

l’accoglimento del secondo motivo del ricorso;

udito l’Avvocato Concetta Trovato, con delega depositata in udienza

dall’avvocato Pierfrancesco Alessi, difensore della ricorrente, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Bruno Tassone, con delega depositata in udienza

dall’avvocato Romano Cerquetti, difensore del resistente, che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il ricorso ha ad oggetto la sentenza della Corte d’appello di Catania, pubblicata il 31 maggio 2016 e notificata il 29 giugno 2016, che ha rigettato l’appello proposto da C.L.M. avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa n. 577 del 2010, e nei confronti di S.F., confermando per l’effetto la condanna della sig.ra C. al pagamento di Euro 15.230,00 a titolo di riduzione del prezzo dell’immobile oggetto del contratto di compravendita di cui al rogito 16 luglio 2003, per mancanza di qualità essenziali.

2.1. La Corte d’appello ha escluso che il Tribunale fosse incorso in extrapetizione nel qualificare la domanda dello S. anzichè come garanzia per oneri reali, ai sensi dell’art. 1489 c.c., secondo la prospettazione attorea, come garanzia per mancanza di qualità essenziali del bene compravenduto, ai sensi dell’art. 1497 c.c. e ciò in quanto non erano stati immutati i fatti allegati dall’attore a sostegno della domanda, e per la stessa ragione doveva ritenersi tardiva l’eccezione di prescrizione formulata dalla C. per la prima volta in appello.

3. C.M.L. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza con atto notificato il 27 settembre 2016, sulla base di due motivi. Ha resistito S.F. con controricorso.

Il ricorso, già fissato per la decisione in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stato rimesso alla pubblica udienza. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, rilevabile d’ufficio.

2. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, la previsione contenuta dell’art. 369, citato comma 2, n. 2 – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta – è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione e a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti), del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale, della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve (ex plurimis, Cass. Sez. U. 16/04/2009, n. 9005).

2.1. Pertanto, nell’ipotesi in cui la parte ricorrente espressamente abbia allegato che la sentenza impugnata le è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, salvo che risulti essere stato notificato entro 60 giorni dal deposito della sentenza oggetto di impugnazione, ciò che esclude in radice la formazione del giudicato (Cass. 10/07/2013, n. 17066).

3. Nella specie, la ricorrente ha allegato l’avvenuta notificazione via pec della sentenza d’appello in data 29 giugno 2016, ma ha depositato soltanto la copia autentica della sentenza impugnata, senza la documentazione che attesti l’avvenuta notificazione (come da certificazione in data odierna della cancelleria di questa Corte), e il ricorso risulta spedito per la notifica il 27 settembre 2016, oltre il sessantesimo giorno dalla data di pubblicazione della sentenza, avvenuta il 31 maggio 2016.

3.1. Per altro verso, neppure risulta applicabile al caso di specie il principio enucleato dalle Sezioni Unite n. 10648 del 2017, poichè la documentazione indicata dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2 – copia autentica della sentenza con la relata di notifica – non risulta dalla documentazione depositata dalla parte controricorrente.

3.2. Non spiega efficacia sulla correttezza del rilievo dell’improcedibilità la recente sentenza delle Sezioni Unite n. 8312 del 2019 – riguardante l’ipotesi in cui la sentenza impugnata sia stata notificata a mezzo pec, come nella specie allegato dalla ricorrente.

La citata sentenza ha ribadito (pag. 42, sub 2) che ai fini della procedibilità del ricorso si palesa comunque necessario il tempestivo deposito della copia della relata della notificazione telematica e del corrispondente messaggio pec con annesse ricevute, ancorchè prive di attestazione di conformità del difensore oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa.

4. Alla declaratoria di improcedibilità del ricorso segue la condanna della parte ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso improcedibile; condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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