Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14302 del 28/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/06/2011, (ud. 19/05/2011, dep. 28/06/2011), n.14302

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23998-2007 proposto da:

B.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OTTAVIANO 66, presso lo studio dell’avvocato BARILE ANTONIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROMANO FRANCESCO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

ASL/(OMISSIS) DI VALLO DELLA LUCANIA SALERNO, in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

LIBIA 33 C/O STUDIO CATANZARO, presso lo studio dell’avvocato CARPINO

MAURIZIO, rappresentata e difesa dagli avvocati MAUTONE TULLIO,

SPERANZA VINCENZO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 243/2007 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 14/02/2007 R.G.N. 83/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato MARCELLO CARRIERO per delega ROMANO FRANCESCO;

udito l’Avvocato CARPINO MAURIZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e inammissibilità dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata in data 14 febbraio 2007, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la decisione di primo grado di rigetto delle domande svolte da B.C. nei confronti della datrice di lavoro ASL SA/(OMISSIS), di condanna di quest’ultima a risarcirgli il danno da usura psicofisica subita per il servizio di reperibilità passiva (vale a dire senza chiamata in servizio nel corso della stessa) svolto in giorni festivi nel periodo dal luglio 1998 al 31 dicembre 2003, senza fruire del riposo compensativo previsto dall’art. 7, comma 6 del contratto nazionale integrativo 30 settembre 2001 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto sanità del 1999 (e dalla precedente disciplina di cui al D.P.R. n. 270 del 1987), pur “senza riduzione del debito orario settimanale”.

In proposito, la Corte territoriale ha anzitutto riprodotto il contenuto della disciplina contrattuale e del D.P.R. n. 270 del 1987 invocata, la quale, per quanto qui interessa, prevede:

a) la pronta reperibilità del dipendente durante il servizio di pronta disponibilità, della durata normale di dodici ore, con diritto ad un determinato compenso (nel tempo ammontante prima a L. 33.600 e poi L. 40.000 per ogni turno);

b) il computo dell’attività prestata in caso di chiamata nel turno di disponibilità come lavoro straordinario e come tale retribuito;

c) il diritto del dipendente, nel caso in cui il servizio di pronta reperibilità cada in giornata festiva, ad un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale.

Diversamente opinando poi, rispetto alle valutazioni del giudice di prime cure, la Corte territoriale ha ritenuto che la normativa citata attribuisca al dipendente chiamato a svolgere il servizio di reperibilità “passiva” in una giornata festiva un diritto perfetto ad un riposo compensativo, senza peraltro che che ciò comporti una riduzione dell’orario di lavoro settimanale, ma solo una diversa modulazione di questo.

La Corte ha quindi ritenuto che dall’inadempimento da parte della datrice di lavoro all’obbligo corrispondente a tale diritto soggettivo possa conseguire un danno da risarcire, la cui esistenza e consistenza deve essere dedotta e provata, anche solo attraverso presunzioni semplici, dall’interessato.

Poichè nel caso di specie la Corte ha ritenuto che la lavoratrice non abbia assolto agli oneri relativi, limitandosi a formulare al riguardo deduzioni generiche e prive di sostegno probatorio, ne ha tratto la conseguenza della infondatezza dell’appello.

Avverso tale sentenza B.C. propone ora, con un duplice motivo, ricorso per cassazione, notificato il 20 settembre 2007.

Il controricorso presentato dall’intimata è tardivo in quanto notificato solo in data 20 novembre 2007.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Col primo motivo di ricorso principale, la difesa della B. lamenta la violazione del diritto costituzionalmente garantito al giorno di riposo compensativo previsto dalla citata normativa collettiva e quindi la violazione dell’art. 32 Cost., art. 36 Cost., comma 3 e art. 41 Cost. oltre che delle convenzioni OIL 19 novembre 1921 n. 14 e 26 giugno 1957 n. 106 e dell’art. 5 della direttiva n. 93/104 CE nonchè dell’art. 2109 c.c., comma 1 e art. 2087 c.c., del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 9 con conseguente violazione del diritto costituzionale all’integrità psico-fisica e del diritto al risarcimento dei danni conseguenti a tale illecito, in misura equitativamente determinata.

2 – Col secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto insufficienti le deduzioni probatorie di tipo presuntivo operate dalla lavoratrice a sostegno della esistenza e della consistenza del danno da risarcire.

Concludendo, la ricorrente chiede pertanto la cassazione della sentenza impugnata, con diretta pronuncia di accoglimento delle domande iniziali.

Il ricorso è infondato.

E’ pacifico in fatto che il servizio di reperibilita è stato richiesto alla B. in giornata domenicale, che il lavoro in detto giorno festivo non è stato mai effettivamente prestato, che la reperibilita è stata compensata, alla stregua della disciplina collettiva applicabile, con apposita indennità e che il giorno di riposo compensativo previsto da tale disciplina non è stato fruito.

Ciò premesso in fatto, si discute se la lavoratrice abbia comunque diritto ad un particolare ristoro per il danno definito di natura psico-fisica conseguente al mancato godimento del giorno di riposo compensativo.

Questa Corte ha già avuto modo di esaminare una fattispecie analoga alla presente – sia quanto alla situazione di fatto rappresentata che con riguardo alla disciplina collettiva applicabile – con la recente sentenza del 19 novembre 2008 n. 27477.

In linea con tale precedente pronuncia, va qui ribadito che la reperibilità prevista dalla disciplina collettiva si configura come una prestazione strumentale e accessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro e consistente nell’obbligo del lavoratore di porsi in condizione di essere prontamente rintracciato in vista di una eventuale prestazione lavorativa.

Non equivalendo pertanto ad una effettiva prestazione lavorativa, il servizio di reperibilità svolto nel giorno destinato al riposo settimanale limita in maniera più o meno intensa – ma comunque relativa e sempre minore nel tempo, per effetto dei nuovi strumenti cha assicurano la pronta reperibilità, senza escluderlo, il godimento del riposo stesso, come rilevato anche dalla sentenza impugnata e comporta il diritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilito dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, determinato dal Giudice.

Nella caso in esame la reperibilità è stata compensata con apposita indennità e su di essa non vi è discussione tra le parti.

Il diritto (ulteriore) ad un giorno di riposo compensativo in relazione al servizio di pronta reperibilità prestato in giorno festivo senza effettiva prestazione di lavoro è previsto, nel caso in esame, dalla normativa collettiva applicata.

Tale diritto non trova la sua fonte nell’art. 36 Cost., che prevede il diritto (inderogabile) al riposo settimanale in relazione ad attività lavorativa effettivamente prestata e non ad altre obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro; la pronta reperibilità, pur essendo infatti una obbligazione che trova causa nel rapporto di lavoro, non può essere equiparata alla prestazione effettiva di attività di lavoro, in quanto è di tutta evidenza che la mera disponibilità alla eventuale prestazione incide diversamente sulle energie psicofisiche del lavoratore rispetto al lavoro effettivo e riceve una diversa tutela dall’ordinamento.

Nella specie, il diritto in esame trova la sua fonte nel D.P.R. n. 270 del 1987, art. 18, comma 5 (contenente, ai sensi della L. 29 marzo 1983, n. 93, norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985-1987, relativa al comparto del personale dipendente del servizio sanitario nazionale) e successivi analoghi fino (per quanto interessa la fattispecie in esame) all’art. 7, comma 6 del contratto collettivo 20 settembre 2001 integrativo del C.C.N.L. per il personale del comparto sanità del 7 aprile 1999, secondo cui “nel caso in cui la pronta disponibilità cada in un giorno festivo, spetta un riposo compensativo senza riduzione del debito orario settimanale”.

In forza di tale disposizione, il dipendente in servizio di pronta reperibilità in giornata festiva, che non abbia reso alcuna prestazione lavorativa, ha diritto ad un giorno di riposo compensativo ma non alla riduzione dell’orario di lavoro settimanale, con la conseguenza che è tenuto a recuperare le ore lavorative del giorno di riposo ridistribuendole nell’arco della settimana.

Questa diversa distribuzione dell’orario settimanale di lavoro può essere per il dipendente più o meno vantaggiosa (tanto che la precedente citata decisione di questa Corte ha valutato che sia necessaria la richiesta del lavoratore di poterne fruire, come sostenuto anche dalla ricorrente incidentale) e corrispondentemente il mancato riposo compensativo e quindi il rispetto dell’orario settimanale “non rimodulato” può o non essere causa di un danno, in ipotesi, di tipo psico-fisico, nel caso in esame denunciato dalla ricorrente principale che ne chiede il risarcimento.

In proposito, va anzitutto ricordato che il danno da usura psico- fisica, rivendicato dalla ricorrente nel caso di specie, in contrasto con la pronuncia dei giudici dell’appello, si iscrive, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es. Cass. S.U. 24 marzo 2006 n. 6572, 11 novembre 2008 n. 26972), nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da fatto illecito o da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell’interesse leso, sul quale grava pertanto l’onere della relativa specifica deduzione e della prova (anche attraverso presunzioni semplici).

Un tale onere di deduzione e prova appare tanto più stringente nel caso in cui la previsione del riposo compensativo, come nel caso esaminato, non sia mirata a ricostruire le energie psico-fisiche compromesse dalla effettuazione della prestazione lavorativa nel giorno destinato al riposo settimanale e si risolva unicamente in una diversa distribuzione dell’orario settimanale di lavoro.

La sentenza impugnata, avendo fatto applicazione del suddetto principio al caso in esame, col ritenere non assolto da parte della ricorrente l’onere di dedurre e provare l’esistenza e consistenza del danno affermato come subito, non merita pertanto le censure di cui al primo motivo di ricorso, che va pertanto respinto.

Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto pretende di rimettere inammissibilmente in discussione le congrue, ragionevoli argomentazioni della Corte territoriale a sostegno dell’accertamento circa l’assenza nel ricorso introduttivo del giudizio di specifiche deduzioni, anche probatorie, relativamente alla sussistenza di un pregiudizio concreto nascente dalla pretesa violazione dell’obbligo di assicurare alla dipendente comandata in servizio di reperibilità “passiva” un giorno di riposo compensativo, senza riduzione del debito orario settimanale.

Concludendo, il ricorso va pertanto respinto. Nulla per le spese, dovendosi ritenere il controricorso inammissibile in quanto tardivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 19 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2011

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