Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14300 del 25/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 25/05/2021), n.14300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35229-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIERLUIGI DA

PALESTRINA, 63, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA CONTALDI,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO

INSERVIENTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1219/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL PIEMONTE, depositata l’11/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

Ritenuto che:

Con sentenza n. 1219/2018 la CTR del Piemonte accoglieva l’appello proposto da C.R., in proprio e quale socia accomandataria della tetti Chiara s.a.s. di C.R. & C, nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso la pronuncia della CTP di Torino con cui era stato respinto il ricorso della contribuente avente ad oggetto avvisi di accertamento di maggiori componenti positivi di reddito ai sensi dell’art. 86 Tuir, ed un maggior reddito di impresa ai sensi dell’art. 39 Tuir, comma 1, lett. c), nonchè un maggior reddito di partecipazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis.

Il Giudice di appello osservava che per quanto emerso nella fase amministrativa non era ragionevole non aver considerato come costo deducibile il costo e gli oneri accessori di acquisto delle due unità immobiliari poste in vendita sottocosto a causa delle difficoltà finanziarie in cui versava la contribuente fra il 2007 ed il 2008.

Evidenziava l’illegittimità della parificazione da parte dell’Ufficio dell’importo della plusvalenza all’ammontare dei corrispettivi di vendita dichiarati negli atti di vendita del 2009.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso illustrato da memoria la contribuente.

Diritto

Considerato che:

Con l’unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 86 TUIR, dell’art. 2697 c.c., degli artt. 2709-2710 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si critica in particolare la decisione nella parte in cui ha ritenuto dimostrata, sulla scorta del materiale probatorio acquisito in causa, la sussistenza dei costi deducibili relativi agli immobili in questione considerando irragionevole da parte dell’Amministrazione finanziaria la deduzione del costo e degli oneri accessori di acquisto dell’unità in questione.

Si osserva da parte dell’Ufficio che con l’atto di accertamento l’Ufficio aveva rilevato l’insussistenza di minusvalenze e che al contrario dalla cessione dei beni era emersa una plusvalenza patrimoniale ai sensi dell’art. 86 Tuir.

Si censura pertanto la decisione che avrebbe fatto mal governo dei principi in tema di riparto dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c., sottolineando come fosse il contribuente tenuto a dimostrare l’inerenza della spesa all’attività svolta mediante elementi certi e precisi.

Il motivo è inammissibile.

La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia ritenuto assolto tale onere, poichè in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. n. 17313 del 2020; Cass. n. 34642 del 2019; Cass. n. 13395 del 2018).

In realtà, con le denunciate violazioni delle disposizioni di cui all’art. 2697 c.c., la ricorrente intende ottenere – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa in quella astratta recata da una norma di legge – una diversa valutazione delle circostanze di fatto come chiaramente si evince dall’esame del ricorso ove testualmente si legge che “nella specie la CTR ha ritenuto assolto l’onere probatorio della contribuente sulla base di quanto prodotto ed argomentato nella fase amministrativa”.

“In realtà- prosegue la ricorrente – la CTR non ha adeguatamente valutato la circostanza che la contribuente non avesse in alcun modo dimostrato nè l’esistenza nè l’ammontare dei costi sostenuti per la costruzione e la manutenzione degli immobili oggetto della cessione.

“In primo luogo l’errore della decisione emerge in merito alla valenza probatoria del libro degli inventari (pag. 8 primo e secondo capoverso)”.

“La CTR ha fondato il proprio convincimento con riferimento ad un elemento documentale extracontabile, in realtà inidoneo a dimostrare l’esistenza di costi deducibili (pag. 9 del ricorso)”.

Il giudice di appello, diversamente da quanto affermato dall’Ufficio, non ha operato una indebita inversione dell’onere probatorio ma ha ritenuto raggiunta la prova evidenziando che per quanto emerso nel corso di quanto prodotto e argomentato dalla contribuente nella fase amministrativa fosse irragionevole il non aver considerato da parte dell’Ufficio come costo deducibile almeno il costo e gli oneri accessori di acquisto delle unità immobiliari in questione.

La CTR ha fondato il proprio convincimento sul fatto che la contribuente aveva sottoposto all’attenzione del Collegio i soli elementi di cui poteva disporre che, se si esclude l’atto di acquisto del terreno con l’indicazione del prezzo pagato che ora l’ufficio riconosce come prezzo deducibile, hanno valore di presunzioni semplici.

Elementi di prova riconosciuti come costi deducibili che si rivengono nell’atto di acquisto del terreno, nel libro degli inventari, nelle immagini aeree della proprietà nonchè nell’allegazione non confutata dalla controparte delle difficoltà finanziarie in cui si era venuta a trovare la contribuente tra il 2007 ed il 2008.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 11.000,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2021

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