Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14300 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. II, 15/06/2010, (ud. 13/05/2010, dep. 15/06/2010), n.14300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI NOVARA, in persona del Presidente pro

tempore, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a

margine del ricorso, dall’Avv. Gilardi Lorenzo, elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’Avv. Giulio Ippolito in Roma, via

Sallustiana, n. 26;

– ricorrente –

contro

P.M. e P.M.R., in proprio e quali eredi

di P.F., rappresentati e difesi, in forza di procura

speciale in calce al controricorso, dagli Avv. Cattaneo Franco e

Menghini Mario, elettivamente domiciliati presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, via della Mercede, n. 52;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Torino n.

1232 del 16 settembre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 maggio 2010 dal Consigliere relatore Dott. GIUSTI Alberto;

sentito l’Avv. Menghini Mario;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso:

“concordo con la relazione”.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 8 marzo 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Con sentenza depositata in data 5 maggio 2004, il Tribunale di Novara respingeva la domanda con la quale l’Amministrazione provinciale di Novara aveva chiesto che i convenuti P. F., P.M. e P.M.R. fossero dichiarati tenuti alla consegna di parte del terreno sito in (OMISSIS) e censito al CT di detto Comune al mapp. (OMISSIS), oggetto di contratto di compravendita stipulato tra le parti il (OMISSIS), o, in subordine, al risarcimento dei danni. Il Tribunale riteneva che la materiale disponibilità del terreno oggetto del contratto di compravendita risaliva all’epoca del rogito e che eventuali occupazioni di porzioni dello stesso da parte di terzi non potevano, in mancanza di documentata ed accertata preesistenza alla stipula del contratto, farsi ricadere sulla parte venditrice quale fonte del suo asserito inadempimento. La pronuncia del Tribunale è stata confermata dalla Corte d’appello di Torino, che, con sentenza depositata il 16 settembre 2008, ha rigettato il gravame dell’Amministrazione provinciale.

Secondo la Corte territoriale, era la Provincia a dovere provare tutte le proprie domande, e cioè che i venditori non avevano adempiuto agli obblighi contrattuali, nonostante nel rogito parte acquirente avesse preso atto che veniva trasferito il godimento materiale del terreno. E tale prova – ha proseguito la Corte d’appello – non può ritenersi fornita con la comunicazione scritta del legale dei terzi soggetti che accampava un acquisto per usucapione del terreno occupato.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello l’Amministrazione provinciale ha interposto ricorso, sulla base di cinque motivi.

Hanno resistito, con controricorso, M. e P.M. R., in proprio e quali eredi di P.F..

Il primo motivo di ricorso denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione ed erronea interpretazione degli artt. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., in quanto la Corte d’appello avrebbe omesso di prendere in considerazione tutte le prove dedotte dalle parti ai fini della attestazione della mancata consegna del bene. Esso si conclude con il seguente quesito: “considerato l’omesso esame delle prove sovraevidenziate e l’omesso inserimento di dette prove nella motivazione della sentenza, voglia la Suprema Corte dichiarare violato l’art. 115 c.p.c., secondo il quale il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti”.

Il motivo è inammissibile. Esso infatti, benchè formalmente rubricato e sviluppato come violazione e falsa applicazione di legge, concerne la dedotta errata od insufficiente valutazione delle prove effettuata da parte della Corte territoriale ed attiene, pertanto, ad un vizio del percorso motivazionale a sostegno della decisione assunta. Ma la ricorrente Amministrazione provinciale omette di trascrivere – come invece era suo onere in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – le risultanze probatorie che la Corte avrebbe male o insufficientemente valutato.

Il secondo ed il quinto motivo di ricorso (con cui si denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) sono inammissibili, perchè non recano un momento di sintesi conclusiva (omologo del quesito di diritto) contenente la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume insufficiente o contraddittoria (Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass., Sez. 3, 7 aprile 2008, n. 8897).

Il terzo motivo (violazione ed erronea interpretazione dell’art. 2729 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3) è corredato del seguente quesito di diritto: “considerato l’omesso esame delle prove sopra evidenziate e la considerazione della prova prodotta dall’attuale ricorrente in fascicolo documenti primo grado sub doc. 3 alla stregua di prova inidonea, voglia la Suprema Corte dichiarare violati gli artt. 2727 e 2729 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., secondo i quali la prova per presunzioni costituisce prova completa, alla quale il giudice del merito può legittimamente ricorrere, anche in via esclusiva, nell’esercizio del potere discrezionale istituzionalmente demandatogli, visto che non esiste una gerarchia tra le fonti di prova”.

Anche questo motivo è inammissibile. Esso muove dall’assunto che la corrispondenza inviata dal legale della B. sia idonea ad assolvere all’onere probatorio incombente sulla Amministrazione provinciale. In realtà la Corte d’appello ha motivatamente argomentato nel senso che tale comunicazione non costituisce idonea presunzione suscettibile di dimostrare la mancata integrale consegna del terreno acquistato; e la ricorrente, con il motivo, si limita a contrapporre alla congrua motivazione della Corte territoriale in punto di valutazione della risultanza probatoria il proprio diverso punto di vista. Sotto questo profilo, essa non considera che, nel giudizio di cassazione, non è consentito alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono infatti risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito (Cass., Sez. 1, 30 marzo 2007, n. 7972).

Il quarto mezzo (violazione ed erronea interpretazione dell’art. 1476 c.c., comma 1, nonchè dell’art. 1218 c.c.) non coglie nel segno.

Esso – come pure i quesiti che lo concludono – è ancorato alla prospettazione che con il rogito non vi sarebbe stata una effettiva immissione dell’acquirente nel possesso dell’intero terreno, laddove la Corte d’appello, con congrua e logica motivazione (non investita di pertinente censura sotto il profilo della violazione delle norme di ermeneusi negoziale), ha interpretato il rogito di acquisto nel senso che, con la stipulazione, si è realizzato un trasferimento del materiale godimento del terreno in contestazione, non essendo la corrispondente previsione contrattuale una mera clausola di stile”.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti in solido, che liquida in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 13 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

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