Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1430 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. II, 25/01/2021, (ud. 13/07/2020, dep. 25/01/2021), n.1430

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21831/2019 proposto da:

D.M., rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA MAESTRI,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 07/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da D.M. la sentenza n. 34/2019 della Corte di Appello di Bologna.

Il ricorso è fondato su due motivi ed è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello stato di rifugiato, o delle diverse fasi di protezione internazionale.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Bologna.

Quest’ultimo respingeva il ricorso.

Avverso la decisione del Tribunale di prima istanza l’odierno ricorrente interponeva appello a sua volta rigettato con la decisione oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998 (artt. 5 e 19), della Cost. (art. 10) del D.Lgs. n. n. 251 del 2007 (art. 3), nonchè della Convenzione di Ginevra 1951 (art. 33), della dichiarazione universale dei diritti umanitari 1948 (artt. 13 e 14).

Parte ricorrente adduce a sostegno del motivo la pretesa lesività del provvedimento in ordine alla richiesta protezione umanitaria.

Tuttavia, al di là, di una serie di considerazioni che riflettono una ricostruzione del tutto personale, parte ricorrente non specifica compiutamente come e perchè la Corte del merito sarebbe incorsa, nella fattispecie e sul punto, in errore.

Al riguardo devono richiamarsi i noti e qui condivisi principi per cui ” in materia di procedimento civile, nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, giusto il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena di inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni di diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse” (Cass. n. 1317/2004).

Tanto con la conseguenza che spetta alla parte ricorrente l’onere (nella fattispecie non adempiuto) di svolgere “specifiche argomentazioni intese a dimostrare come e perchè determinate affermazioni contenute nella sentenza gravata siano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità” (Cass., Sez. Sesta, Ord. 15 gennaio 2015, n. 635).

L’unico aspetto apparentemente rilevante del motivo è quello relativo alla pretesa che “la condizione di vulnerabilità può avere ad oggetto anche la mancanza di condizioni minime per condurre un’esistenza”.

L’affermazione di cui al ricorso, tratta da Cass. n. 4455/2018non si attaglia, in concreto, alla specifica fattispecie per cui è giudizio.

Infatti la suddetta ed invocata pronuncia di questa Corte ha inteso riferirsi a situazione, debitamente e dettagliatamente allegata e prospettata, di “raggiunta integrazione (dopo anni) sociale e lavorativa in Italia”.

Si tratta, quindi, di ipotesi (che, come si evincerà ancor di più con l’esame del secondo motivo) del tutto diversa dalla fattispecie in esame.

Il motivo, in quanto infondato, va perciò respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si eccepisce, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo.

Parte ricorrente appare riferirsi, col detto motivo, ad una eventuale situazione di tensione ed alla presenza di pericolosi ribelli in Senegal.

La doglianza non è fondata.

Giova, in proposito, rammentare che la Corte del merito (quanto alla protezione umanitaria, cui era specificamente dedicato il secondo motivo di appello) ha valutato l’insussistenza di “particolari fattori di vulnerabilità”, peraltro neppure allegati dalla parte sotto il profilo della “vulnerabilità soggettiva” (v.: sentenza impugnata, p. 6).

E’ stata, poi, anche esaminata la non ricorrenza di particolari situazioni di tensione o di pericolosa presenza di ribelli con specifico riguardo alla regione di provenienza (Casamance) del richiedente,

Nè la medesima parte ricorrente risulta aver col motivo di appello invocato, in allora, ovvero prospettato, oggi, altri profili – attestati da fatti e documenti specifici – idonei a far ritenere la fondatezza della svolta doglianza.

Il motivo è, quindi, infondato nel suo complesso e va respinto.

3.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

4.- Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte;

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione controricorrente, delle spese del giudizio determinate i Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

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