Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14298 del 15/06/2010

Cassazione civile sez. II, 15/06/2010, (ud. 27/04/2010, dep. 15/06/2010), n.14298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

I.S., IT.Sa., I.C., I.M.,

I.L., in proprio e anche quali eredi di L.C.,

rappresentati e difesi, in forza di procura speciale a margine del

ricorso, dall’Avv. Patti Salvatore, per legge domiciliati presso la

Cancelleria della Corte di cassazione in Roma, piazza Cavour;

– ricorrenti –

contro

G.B. e G.G. + altri;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 109 del 22

gennaio 2008;

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27 aprile 2010 dal Consigliere relatore Dott. GIUSTI Alberto;

sentito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale

dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 24 febbraio 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: “Con sentenza depositata il 4 marzo 2003, il Tribunale di Siracusa, pronunciando sulla domanda di G.B., S. e G., condannava B.M. ad eliminare l’innesto nella strada (ex sede ferroviaria) della stradella che la attraversa collegando due distinte porzioni di proprietà appartenenti ad essa convenuta ed esattamente le particelle catastali (OMISSIS) e a ricostruire i tratti di muri di recinzione demoliti per operare il detto innesto; a ripristinare, eliminando il pietrame che la invade, la viabilità dell’altra stradella, che si diparte dalla strada vicinale (OMISSIS) e sulla quale parte attrice ha diritto di transito; a ripristinare il fossato che costituiva il canale naturale per il deflusso delle acque meteoriche di tutto il bacino imbrifero circostante, meglio descritto dalla c.t.u. nella sua relazione scritta di consulenza; a rimuovere gli alberi di ulivo posti a distanza illegale rispetto al confine con la proprietà degli attori; in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dalla convenuta, condannava i G. a rimuovere tutte le piante di robinie ed infestanti esistenti sul loro fondo e a distanza inferiore rispetto a quella legale dal confine con la proprietà della convenuta; rigettava ogni altra domanda reciprocamente avanzata dalle parti in causa, e particolarmente la domanda degli attori relativa al risarcimento dei danni e la domanda riconvenzionale della convenuta relativa al riconoscimento dell’esistenza della servitù di passaggio attraverso la strada di proprietà degli attori (ex sede ferroviaria) ed alla subordinata imposizione coattiva di detta servitù.

Con sentenza in data 22 gennaio 2008 la Corte d’appello di Catania ha rigettato il gravame interposto da L.C., I.S., It.Sa. e I.M., nella loro qualità di aventi causa a titolo particolare da B.M..

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello I.S., It.Sa., I.C. e I.M., in proprio e anche quali eredi di L.C., hanno interposto ricorso, con atto notificato il 9 marzo 2009, sulla base di due motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il primo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, con riferimento all’art. 112 c.p.c.) è inammissibile per genericità del quesito.

Il quesito veicolato dal motivo (“E’ conforme a legge che il giudice ometta di pronunciarsi su un motivo di impugnazione?”) manca del tutto di individuare, nel contesto della domanda rivolta a questa Corte, il motivo di appello di cui si assume l’omesso esame. Esso, pertanto, non soddisfa la prescrizione di cui all’art. 366-bis c.p.c. (v., in termini, Cass., Sez. 3, 23 febbraio 2009, n. 4329).

Anche il secondo motivo (con cui si denuncia omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5) è inammissibile, perchè non reca un momento di sintesi conclusiva (omologo del quesito di diritto) contenente la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume mancante (Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass., Sez. 3, 7 aprile 2008, n. 8897).

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra, alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che, in relazione al primo motivo di ricorso, si osserva ulteriormente che l’inammissibilità deriva, prima ancora che dalla inidoneità del quesito, dal modo con cui è stata prospettata la violazione di omessa pronuncia;

che, difatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2, 19 marzo 2007, n. 6361), perchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi;

che il motivo non rispetta tale onere;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 27 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010

 

 

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