Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14298 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. II, 08/07/2020, (ud. 06/11/2019, dep. 08/07/2020), n.14298

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18356/2015 proposto da:

BANCO DI SARDEGNA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO SADURNY, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE CUDONI;

– ricorrente e controricorrente all’incidentale –

contro

LI PARISI SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA

29, presso lo studio dell’avvocato BARBARA PICCINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIER ANTONIO

TOMELLINI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

DIMENSIONE TURISMO SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, CIRC.NE

GIANICOLENSE 302, presso lo studio dell’avvocato LUCIO GOLINO, che

la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 180/2015 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 18/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/11/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che, verificata la procedibilità del ricorso, ha

concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito

l’incidentale;

udito l’Avvocato Claudio Sadurny, difensore del ricorrente, che si è

riportato agli atti depositati;

uditi gli Avvocati Barbara Piccini e Lucio Golino, difensori dei

resistenti, che hanno chiesto il rigetto del ricorso principale e

l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Sassari, accolta l’opposizione da Li Parisi s.r.l. in liquidazione, revocò il decreto, con il quale era stato ingiunto all’opponente di pagare la complessiva somma di Euro 412.540,59 in favore del Banco di Sardegna s.p.a., ritenendo prescritto il credito azionato.

La Corte d’appello di Cagliari, con la sentenza depositata il 18/4/2015, rigettata l’impugnazione del Banco di Sardegna, confermò la sentenza di primo grado. Al grado d’appello risulta aver preso parte, quale interveniente volontaria in surrogazione dell’appellata, la quale non si era tempestivamente costituita, la s.r.l. Dimensione Turismo, creditrice di quest’ultima.

2. Il Giudice dell’appello aveva constatato che:

– i contratti di finanziamento, stipulati con l’Istituto bancario il 16/2/1984 e il 21/11/1986, che quest’ultimo qualifica di mutuo fondiario ipotecario alberghiero, prevedevano “la dazione graduale di acconti ed il versamento del saldo dell’importo convenuto, dopo l’ultimazione dei lavori finanziati “contestualmente alla stipulazione del contratto definitivo” (art. 2 contratto), in conformità all’art. 3 delle condizioni generali allegate al contratto”;

– “all’allegazione degli acconti non era seguito il versamento del saldo nè il perfezionamento del contratto definitivo” e, pertanto, sia che si volesse qualificare i contratti predetti quali preliminari di mutuo, o quali contratti condizionati all’esecuzione dei lavori finanziati, “alla cui verifica era subordinato il perfezionamento dell’atto di quietanza finale, è certo che l’ammortamento (preceduto dal preammortamento, destinato al pagamento degli interessi) non aveva mai avuto corso, non avendo le parti proceduto alla stipulazione dei contratti definitivi”.

Da ciò conseguiva che non si era concretizzata la disposizione di cui all’art. 2 delle condizioni genarli di contratto (“l’atto comprovante l’erogazione a saldo dovrà essere stipulato entro il termine stabilito nel procedimento di concessione o nel contratto condizionato per l’ultimazione delle opere o per l’utilizzo della somma mutata. Superato il termine, la Sezione avrà facoltà di prorogarlo o di risolvere il rapporto, esigendo la restituzione delle somme erogate”), nonostante la proroga per l’utilizzo dei finanziamenti regionali fino al 31/12/1996. Con l’ulteriore conseguenza che “l’atto di quietanza finale non poteva essere più perfezionato, in difetto dell’esito positivo della verifica dell’ultimazione dei lavori finanziati” e il trascorrere di un decennio da quella data aveva fatto maturare la prescrizione (art. 2935 c.c.).

L’ipotesi, pertanto, conclude la Corte di Cagliari, era diversa da quella della corresponsione di meri acconti sul mutuo, che vede il sorgere dell’obbligo di restituzione del capitale in capo al mutuatario solo col versamento del saldo della somma mutuata e, di converso, il diritto del mutuante alla restituzione della somma predetta.

3. Avverso quest’ultima statuizione propone ricorso il Banco di Sardegna s.p.a. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso, in seno al quale sviluppo ricorso incidentale condizionato, fondato su una sola censura, Li Parisi s.r.l. in liquidazione. Il Banco di Sardegna controdeduce al controricorso incidentale condizionato. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente deve dichiararsi l’inammissibilità della nota manoscritta dalla difesa della Banca ricorrente e depositata a conclusione dell’udienza, stante che il vigente art. 379 c.p.c. (novellato dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, convertito nella L. n. 197 del 2016) esclude espressamente la possibilità di repliche alle conclusioni del P.G., proprio perchè quest’ultimo, è chiamato a discutere per primo, a differenza che nel regime ante riforma.

Peraltro il dubbio d’improcedibilità paventato dal P.G. non necessita di scrutinio di sorta, avendo le S.U. di recente chiarito che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore della L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2, la conformità della copia informale all’originale notificatogli (sentenza n. 8312, 25/3/019, Rv. 653597).

2. Con due motivi l’istituto ricorrente prospetta unitaria, articolata censura, con la quale denunzia violazione o falsa applicazione del D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7 e dell’art. 2935 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; nonchè omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Questo, in sintesi, il ragionamento impugnatorio.

Il contratto di mutuo fondiario, regolato dal T.U. del 1905, il cui art. 16, sostituito dal D.P.R. n. 7 del 1976, art. 3, ha natura consensuale e non reale e subordina la consegna della somma mutuata, non al definitivo, “ma esclusivamente all’accertamento della condizione di cui al comma 1, quindi all’effettiva iscrizione dell’ipoteca” e da quel momento l’istituto di credito è tenuto all’erogazione, tanto che l’art. 4 del contratto aveva stabilito che non occorresse “successivo annotamento di conferma”.

I due contratti di mutuo erano da considerarsi definitivi e perfetti, essendosi realizzata l’unica condizione necessaria, costituita dal rilascio della garanzia ipotecaria. In al senso militava l’art. 3 del contratto, il quale aveva previsto che con il saldo non sarebbe occorso atto di annotamento. Nessuno aveva affermato che il mutuatario non avesse ricevuto le somme mutuate per il decorso dei termini per il finanziamento regionale. Con lettera del 18/11/1996 la Banca aveva solo inteso comunicare di non volere più tollerare l’inadempimento della controparte. Inoltre dalla lettura del regolamento pattizio era dato trarre che il finanziamento regionale era stato stanziato e reso disponibile. Da ciò derivava che il termine per il decorso della prescrizione non poteva decorrere prima della stipulazione dell’atto finale di quietanza.

2.1. Il motivo, al limite dell’inammissibilità per difetto di specificità sotto il profilo dell’insufficienza documentale (questa Corte non è stata posta in condizione di conoscere il contenuto dello strumento negoziale e della lettera richiamata dal ricorrente), risulta infondato.

La Corte d’appello, che ha avuto modo di leggere il contratto, ha spiegato che le parziali erogazioni finanziarie avevano costituito meri anticipi del mutuo, in relazione ai quali la Banca, al più tardi dalla scadenza della proroga per la stipula del definitivo, avrebbe dovuto agire e non stare inerte per un sì lungo tempo.

Nonostante gli sforzi argomentativi di parte ricorrente, la vicenda resta confinata negli apprezzamenti di merito, non bastando, come più volte chiarito in questa sede, la enunciazione della pretesa violazione di legge in relazione al risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice del merito. La denunzia di violazioni di legge in genere non determina, per ciò stesso, nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, in esso incluso l’interpretazione del negozio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente.

Sotto l’usbergo delle denunziate violazione di legge la critica, nel suo complesso, mira ad un inammissibile riesame di merito. Da ben oltre un decennio questa Corte è ferma nel chiarire che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, a cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Sez. U., n. 1031, 05/05/2006, Rv. 589877; conf. ex plurimis, Cass. nn. 4178/2007, 4178/2007; 8315/013, 26110/015, 195/016, 24054/017, 24155/017, 30728/018, 6806/019, 11775/019).

Nel caso di specie la Corte territoriale, infatti, alle pagg. 8 e segg., dopo aver precisato che il titolo prevedeva “la dazione graduale di acconti ed il versamento del saldo dell’importo convenuto, dopo l’ultimazione dei lavori finanziati “contestualmente alla stipulazione del contratto definitivo”” e che, per contratto, “l’ammortamento decorrerà di norma dal primo gennaio o dal primo luglio successivo alla data in cui, in relazione alla accertata ultimazione dei lavori, sarà effettuata l’erogazione a saldo del mutuo per l’importo definitivo”, precisa che “all’erogazione degli acconti non era seguito il versamento del saldo nè il perfezionamento del contratto definitivo (…). Pertanto, sia che si voglia qualificare i contratti del 1984 e 1986 quali preliminari di mutuo, sia che si interpretino quali contratti condizionati all’esecuzione dei lavori finanziati (…) è certo che l’ammortamento (…) non aveva mai avuto corso, non avendo le parti proceduto alla stipulazione dei contratti definitivi”.

Il D.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7, art. 3, dispone, ai primi tre commi che:

“L’ente, qualora reputi conveniente l’operazione di mutuo, stipulerà con il mutuatario un contratto destinato ad avere effetto dopo che, avvenuta la iscrizione dell’ipoteca, ed eseguiti dal mutuatario e dall’eventuale datore di ipoteca i richiesti adempimenti, dal certificato del conservatore dei registri immobiliari non risulti la preesistenza di altre iscrizioni, privilegi o trascrizioni. E’ fatto comunque salvo, nell’ipotesi di precedenti iscrizioni ipotecarie, il disposto del penultimo comma dell’art. 2 del presente decreto.

E’ data facoltà agli incaricati dell’ente di eseguire ricerche sui registri catastali ed immobiliari e di rilevarne senza spesa tutti i dati occorrenti al disimpegno dell’incarico loro affidato.

Accertata la condizione di cui al comma 1, l’avveramento della quale può anche risultare la dichiarazione notarile, l’ente consegnerà al mutuatario la somma mutuata conto rilascio di quietanza da redigersi per atto pubblico”.

Si è condivìsamente affermato che nel contratto di mutuo la prescrizione del diritto al rimborso della somma mutuata inizia a decorrere dalla scadenza dell’ultima rata, atteso che il pagamento dei ratei configura un’obbligazione unica ed il relativo debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell’ultima rata (Sez. 3, n. 17798, 30/08/2011, 619370).

Qui, tuttavia non ricorre l’ipotesi sopra contemplata, in quanto, come ha correttamente spiegato la sentenza impugnata, le erogazioni della Banca avevano costìtuito meri acconti, in prospettiva della futura stipulazione del contratto di mutuo. Poichè, nella realtà una stipulazione, con la dazione del finanziamento finale e la predisposizione dell’ammortamento non era mai avvenuto, tanto che l’Istituto ricorrente diffidò vanamente la Li Parisi a produrre entro il 31/12/1996 la documentazione dimostrante il collaudo dei lavori, avvertendola che, in difetto, avrebbe proceduto al recupero dell’erogazioni, non risulta pertinente lo sforzo argomentativo del Banco di Sardegna con il quale ambisce a dimostrare la natura consensuale e non reale del mutuo fondiario.

2.1.1. Occorre soggiungere che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); conseguendone che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (S.U. n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831).

Si è già chiarito che l’omissione deve consistere in elementi fattuali, giammai può essere succedaneamente individuata nell’esercizio del potere motivazionale (cfr., Sez. 3, n. 5795, 8/3/2017), come nella specie. Di conseguenza, L’omesso esame che integra la violazione di legge individuata dal dell’art. 360 c.p.c., vigente n. 5, deve concernere fatti sensibili direttamente refluenti sul tema della decisione e non già, come nel caso in esame, le argomentazioni del giudice, che altro non fanno che rimandare a una inammissibile sindacato del vaglio di merito.

3. Il ricorso incidentale condizionato con il quale la controricorrente prospetta nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 345 e 112 c.p.c., per avere la sentenza d’appello giudicato nuova l’eccezione sollevata dall’appellata sulla base della L.R. n. 8 del 1964, senza previamente verificare se della questione essa Corte era tenuta a conoscere d’ufficio, così erroneamente dichiarando inammissibile la medesima, resta assorbito dal rigetto del ricorso principale (cfr. S.U. n. 7381/013; Sez. 1, n. 4619/015; Sez. 3, n. 6138/018).

4. Le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, in favore della controricorrente siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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