Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14289 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 08/07/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28725/2014 R.G., proposto da:

G.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Natale Callipari,

con studio in Verona, elettivamente domiciliato presso l’Avv. Luisa

Paniccia, con studio in Roma, giusta procura in margine al ricorso

introduttivo del presente procedimento;

RICORRENTE

CONTRO

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;

CONTRORICORRENTE

AVVERSO la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Milano – Sezione Staccata di Brescia l’8 aprile 2014 n.

1897/66/14, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19 febbraio 2020 dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

Fatto

RILEVATO

CHE:

G.G. ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano Sezione Staccata di Brescia l’8 aprile 2014 n. 1897/66/14, non notificata, che, in controversia su impugnazione del diniego della definizione dei carichi di ruolo per imposte sul reddito per l’anno 1993 e tasse automobilistiche per l’anno 1992, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Mantova il 9 dicembre 2010 n. 230/02/2010. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure sul presupposto che le cartelle di pagamento si riferissero a tributi definitivamente dovuti, liquidi ed esigibili, non essendo pertinente il richiamo al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver frainteso i termini dell’eccezione pregiudiziale di prescrizione/decadenza, ritenendo che in tal modo l’esistenza di crediti tributari ormai cristallizzati per effetto dell’adesione del contribuente alla definizione agevolata L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 12, nell’anno 2003 fosse rimessa in discussione.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’eccezione pregiudiziale del contribuente fosse infondata nel merito.

3. Con il terzo motivo, si denuncia omessa e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver erroneamente affermato l’assorbimento delle altre censure formulate dal contribuente in relazione a vizi propri dell’impugnato diniego di condono.

4. Con il quarto motivo, si denuncia: violazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che le tasse automobilistiche dovute prima dell’anno 1993 fossero escluse dal condono, nonchè che la seconda ed ultima rata del condono fosse stata tardivamente versata dopo la scadenza del 16 aprile 2004; violazione dell’art. 10 della L. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver respinto la sua domanda di definizione agevolata dei carichi iscritti a ruolo, dopo averlo indotto ad avvalersene, in palese violazione dei principi di buona fede ed affidamento.

RITENUTO CHE:

1. Il primo motivo ed il secondo motivo – dei quali si rende opportuna la trattazione congiunta per l’intima connessione sono fondati, comportando l’assorbimento dei restanti motivi. 1.1 Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, la definizione agevolata ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12, è un provvedimento clemenziale che si perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del dovuto nei termini e nei modi previsti dalla medesima disposizione. Per cui, l’effetto estintivo dell’obbligazione di pagamento ai sensi della normativa agevolativa è unicamente ricollegato a tale puntuale adempimento (Cass., Sez. 5, 9 giugno 2017, n. 14373; Cass., Sez. 6, 28 gennaio 2019, n. 2251). Il pagamento parziale, infatti, non fa venir meno l’illiceità della condotta, neppure limitatamente alle somme parzialmente corrisposte, ma, al contrario, porta ad emersione il definitivo ed originario inadempimento

dell’obbligazione tributaria, legittimando la pretesa

dell’amministrazione finanziaria commisurata all’intero importo dell’imposta non versata nei termini di legge, delle sanzioni e degli interessi (Cass., Sez. 6, 31 agosto 2012, n. 14749; Cass., Sez. 5″, 22 dicembre 2016, n. 26683; Cass., Sez. 5″, 29 dicembre 2017, n. 31133), per le quali essa è legittimata ad emettere cartella di pagamento. Ed è appunto a quest’ultima che si riferisce la disposizione il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, art. 25, comma 1, lett. c.

1.2 Sennonchè, il provvedimento impugnato è un diniego di definizione agevolata di rapporti tributari L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 12, che è atto ben diverso dalla cartella di pagamento che sulla base di esso viene, poi, emessa, al netto dei pagamenti parziali effettuati. Il diniego di condono, infatti, lungi dal contenere una pretesa erariale, è, invece, un provvedimento negativo in ordine ad una istanza del privato, che nella fattispecie intendeva accedere ad un beneficio. Ad esso, quindi, non può applicarsi la disposizione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, comma 1, lett. c.

1.3 Ora, pur essendo vero che, secondo l’orientamento di questa Corte, i rapporti tributari per i quali sia stato richiesto il condono fiscale non possono intendersi definiti prima del controllo da parte dell’amministrazione finanziaria sulla correttezza, completezza e sufficienza dei necessari adempimenti (Cass., Sez. 5, 18 gennaio 2012, n. 636; Cass., Sez. 5, 13 luglio 2012, n. 11986), tuttavia, è altrettanto vero che tale controllo deve avvenire in tempi ragionevoli, anche se la Legge 27 dicembre 2002 n. 289, art. 12, non prevede uno specifico termine entro il quale tale potere di controllo debba essere esercitato e anche se la domanda di condono del contribuente non può essere assimilata (ai fini della disciplina applicabile) a una sorta di dichiarazione dei redditi (Cass. Sez. 5, 5 aprile 2017, n. 8772).

1.4 Alla luce dei principi espressi dagli artt. 24 e 97 Cost., non appare ammissibile una indefinitezza dei limiti temporali della procedura di valutazione della domanda di condono, sì da potersi ritenere legittima una indefinita pendenza di detta procedura anche dopo il decorso di un congruo lasso di tempo: tanto più che l’art. 24 Cost., secondo quanto ha avuto modo di rilevare il giudice delle leggi, non consente che il contribuente sia assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato, o comunque eccessivo e irragionevole, soprattutto nei casi in cui, e questo sembra davvero uno di quelli, l’amministrazione è chiamata a compiere una elementare operazione di verifica meramente formale.

In questo contesto, si può far riferimento al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, non per farne diretta applicazione ad una fattispecie che da detta norma non è disciplinata, bensì per individuare quale sia il termine oltre il quale la mancata definizione della procedura di condono con la concreta attuazione del controllo da parte dell’amministrazione possa ritenersi protratta per un lasso di tempo irragionevole (nel caso di specie, il diniego è stato notificato circa 7 anni dopo la presentazione della relativa domanda di condono da parte del contribuente) (in termini: Cass. Sez. 5, 5 aprile 2017, n. 8772).

Analogo principio, peraltro, è stato ribadito da questa Corte in relazione al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, comma 44, convertito nella L. 4 agosto 2006, n. 248 (Cass., Sez. 5, 17 gennaio 2018, n. 1010).

La fondatezza della censura relativa alla dichiarata decadenza dell’amministrazione finanziaria assume, dunque, carattere prevalente e assorbente in quanto tale dichiarazione di decadenza, ritenuta legittima, è idonea a definire il giudizio.

2. E’ il caso di aggiungere ad abundantiam che anche le tasse automobilistiche per l’anno 1992 sono suscettibili di definizione agevolata, per cui il diniego di ammissione al condono è interessato dalla medesima decadenza dell’amministrazione finanziaria.

2.1 Invero, a decorrere dall’1 gennaio 1993 il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 23, comma 1, ha attribuito alle Regioni a statuto ordinario l’intera tassa automobilistica, disciplinata dal T.U. approvato con D.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39, e successive modificazioni, che ha assunto contestualmente la denominazione di “tassa automobilistica regionale”, da ritenersi, secondo il giudice delle leggi (Corte Cost. n. 288 del 2012), “tributo proprio derivato della Regione”: sicchè, in assenza di uno specifico provvedimento del legislatore statale, la definizione agevolata della tassa automobilistica era condizionata all’emanazione di un provvedimento in tal senso del legislatore regionale ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 13, provvedimento che non è stato emanato; c) in ogni caso una definizione agevolata delle cartelle relative a tasse automobilistiche erariali era stata disposta da un’apposita norma dettata dal D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 5-quinquies, convertito nella L. 21 febbraio 2003, n. 27 (ex plurimis: Cass., Sez. 5, 15 marzo 2017, n. 6693; Cass., Sez. 5, 17 maggio 2017, n. 12254).

2.2 Nella specie, infatti, era applicabile il D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 5-quinquies, convertito nella L. 21 febbraio 2003, n. 27, il quale consentiva la definizione agevolata – tramite pagamento della sola tassa senza sanzioni ed interessi – “(…) delle violazioni commesse entro il 31 dicembre 2001, connesse al mancato pagamento della tassa automobilistica erariale (…)”. Pertanto, il contribuente che volesse fruire di questo beneficio doveva corrispondere, secondo le ordinarie modalità di versamento, entro il 16 aprile 2003, la sola tassa automobilistica il cui pagamento risultava omesso al 31 dicembre 2001. Nella specie, quindi, il pagamento risulta essere stato correttamente effettuato il 3 aprile 2003.

Considerato che la disposizione in esame prevedeva la definizione per mancato pagamento della tassa automobilistica soltanto erariale, conseguiva l’esclusione dal condono di quelle non erariali.

In assenza di una normativa organica in materia di tasse automobilistiche (erariali e regionali), è opportuno effettuare una ricognizione delle relative disposizioni allo scopo di delimitare correttamente l’ambito operativo della norma in esame. La tassa automobilistica era erariale fino al 31 dicembre 1992, nel senso che veniva computata tra le entrate acquisite dallo Stato; l’addizionale della stessa competeva, invece, alle regioni a statuto ordinario (vedansi: testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche approvato con D.P.R. 10 febbraio 1953, n. 39; art. 5, commi da 31 a 60, del D.L. n. 30 dicembre 1982, n. 953, convertito con modificazioni nella L. 28 febbraio 1993, n. 53; L. 16 maggio 1970, n. 281, art. 4, come sostituito dalla L. 14 giugno 1990, n. 158, art. 5).

A decorrere dall’I. gennaio 1993 l’intera tassa automobilistica è stata attribuita alle Regioni a statuto ordinario, anche se, soltanto dall’I gennaio 1999, ne è stata demandata a tali Regioni la riscossione, l’accertamento, il recupero, i rimborsi ed il contenzioso amministrativo. Infatti, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 23, comma 2, con riferimento alla tassa automobilistica attribuita alle regioni a statuto ordinario, precisa che essa assume “(…) la denominazione di tassa automobilistica regionale (…)” e si applica “ai veicoli (…) per effetto della loro iscrizione nei rispettivi pubblici registri delle province di ciascuna Regione a statuto ordinario (…)”. Inoltre, la L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 17, comma 10, ha disposto il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle competenze sopra specificate relative “(…) alle tasse automobilistiche non erariali”.

2.3 Dal quadro normativo, deriva che possono fruire del condono delle violazioni alla tassa automobilistica erariale, tutti coloro che hanno commesso le violazioni in questione fino al 31 dicembre 1992, indipendentemente dalla Regione di iscrizione al P.R.A. dei veicoli (in tal senso, anche la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 12/E del 21 febbraio 2003).

3. Pertanto, valutandosi la fondatezza del primo motivo e del secondo motivo, nonchè l’assorbimento dei restanti motivi, il ricorso deve essere accolto e l’impugnata decisione deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ultima parte, con pronuncia di accoglimento parziale del ricorso originario del contribuente con l’esclusione della sola debenza degli interessi legali sulla rata versata a saldo (in conformità alla decisione del giudice di prime cure).

3. Possono essere compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio, tenuto conto dell’andamento del medesimo e della progressiva evoluzione della giurisprudenza di questa Corte sulle questioni trattate.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo ed il secondo motivo, dichiara l’assorbimento dei restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie parzialmente il ricorso originario del contribuente nei limiti specificati in motivazione; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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