Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14288 del 08/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 08/06/2017, (ud. 02/03/2017, dep.08/06/2017),  n. 14288

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5184-2014 proposto da:

N.M., ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TOMMASO SALVINI 55, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA DE

SANCTIS MANGELLI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ENZO CROCE;

– ricorrente –

contro

PALADOMUS S.r.l., (c.f. (OMISSIS)) in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GERMANICO 12 sc. A/4, presso l’avvocato FRANCO DI LORENZO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LORENZANI CLAUDIO;

– controricorrente –

contro

N.M.C., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 3787/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato Claudia DEL POZZO, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Simonetta DE SANCTIS MANGELLI, difensore della

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento e deposita documentazione

citata nell’esposizione (ordinanza del giudice P.A.

emessa in CANTU’ il 7/6/2013 e deposita il 10/6/2013) con notifiche

tutto in fotocopia;

udito l’Avvocato DI LORENZO Franco, difensore del resistente che si

è riportato agli scritti in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – La vicenda processuale scaturisce dal contratto di compravendita col quale la società Paladomus s.r.l. (parte acquirente) acquistò dalla società (OMISSIS) s.r.l. e da N.C. (parte venditrice) alcuni cespiti immobiliari.

2. – La Corte di Appello di Milano – per quanto in queste sede ancora rileva – confermò la sentenza di primo grado con la quale la società (OMISSIS) s.r.l. e N.C. furono condannati al pagamento, in favore della società Paladomus s.r.l., della somma di Euro 397.800,00 a titolo di penale per la ritardata consegna degli immobili oggetto della compravendita.

3. – Avverso la sentenza di appello, ricorre per cassazione N.M., nella qualità di erede di N.C., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso la società Paladomus s.r.l.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per non avere la Corte territoriale accolto la domanda di risoluzione del contratto di compravendita per inadempimento della Paladomus s.r.l., omettendo di tener conto che la Paladomus, una volta ottenuta (in corso di causa) la consegna degli immobili, si era resa inadempiente nel versamento del residuo prezzo e non aveva fornito la necessaria garanzia fideiussoria.

Il motivo è inammissibile.

La Corte territoriale ha spiegato che la domanda di risoluzione del contratto non è stata proposta nel giudizio di primo grado e che è inammissibile la domanda di risoluzione proposta nel giudizio di appello, dovendo semmai la ricorrente esercitare la relativa azione in separato giudizio. Il motivo non coglie, pertanto, la ratio decidendi della sentenza impugnata, che censura sul punto in modo del tutto generico ed inidoneo a scalfirne il fondamento logico-giuridico.

Va peraltro rilevato che, dalla memoria depositata dalla ricorrente, risulta che la N. ha già agito in separato giudizio per la risoluzione del contratto e che la relativa domanda è stata rigettata con sentenza del Tribunale di Como, gravata di appello.

2. – Col secondo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3) in relazione agli artt. 1384, 1455 e 1460 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per non avere la Corte territoriale disposto la riduzione della penale per manifesta eccessività della stessa in ragione del fatto che la Paladomus non avrebbe avuto più interesse all’esecuzione del contratto di compravendita.

Anche questa censura è inammissibile.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, l’apprezzamento in ordine all’eccessività dell’importo fissato con la clausola penale dalle parti contraenti per il caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, nonchè alla misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui giudizio è incensurabile in sede di legittimità, se correttamente basato sulla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità del danno subito (Cass., Sez. 2, n. 7528 del 23/05/2002; Sez. 3, n. 3998 del 18/03/2003).

Nella specie, la Corte territoriale ha puntualmente motivato in ordine alla sussistenza dell’interesse della Paladomus all’adempimento e sulla non manifesta eccessività della penale (p. 6 della sentenza impugnata); la motivazione risulta esente da vizi logici e giuridici, superando così il vaglio di legittimità.

3. – Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

4. – Essendo stata la ricorrente ammessa al patrocinio a spese dello Stato, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – che non sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass., Sez. L, n. 18523 del 02/09/2014).

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 (settemila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto che il procedimento è stato scrutinato con la collaborazione dell’Assistente di studio dott. C.D..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2017

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