Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14283 del 28/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/06/2011, (ud. 14/04/2011, dep. 28/06/2011), n.14283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AUTOSTRADE ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO

9, presso lo studio dell’avvocato FAVALLI GIACINTO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZUCCHINALI PAOLO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato PANICI PIER LUIGI, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNELLI

GIOVANNI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 539/2007 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/06/2007, R.G.N. 1669/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato ZUCCHINALI PAOLO;

udito l’Avvocato GIOVANNELLI GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Milano, confermando la sentenza impugnata, ha ritenuto l’illegittimità del contratto a termine stipulato tra R.M.A. e la società Autostrade per l’Italia spa in relazione al periodo 16.10.1992-28.2.1993, ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 e di quanto previsto dall’art. 2 punto 3 del c.c.n.l., con la seguente causale: “gestire temporaneamente il servizio al fine di verificare i riflessi sugli organici derivanti sia dall’assetto definitivo dei volumi di traffico nel nodo di Gallarate, sia dalle innovazioni tecnologiche in atto nell’esazione automatizzata dei pedaggi”. A tale conclusione, il giudice d’appello è pervenuto osservando che, se pure poteva ritenersi dimostrato che la barriera di Gallarate era stata eliminata e sostituita da nuove stazioni presso le quali era stato utilizzato personale assunto a termine, non era stata tuttavia provata dal datore di lavoro l’esistenza di “un nesso numerico coerente tra la singola assunzione e la ragione che è stata posta a suo fondamento”.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la società Autostrade per l’Italia spa affidandosi a un unico motivo di ricorso cui resiste con controricorso la R..

Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo la società denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del c.c.n.l. per il personale dipendente da società e consorzi concessionari di autostrade e trafori del 21 dicembre 1990 in relazione alla L. n. 56 del 1987, art. 23 e agli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè all’art. 2697 c.c., formulando un quesito di diritto con cui si chiede se, ai fini della legittimità dell’assunzione a termine nell’ipotesi prevista dall’art. 2 del c.c.n.l. sia sufficiente la prova della sussistenza delle “revisioni tecnico-organizzative” dedotte nella causale del contratto individuale.

2.- Il ricorso è infondato. Il contratto in esame è stato stipulato ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23, con riferimento all’ipotesi prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale dipendente da società e consorzi concessionari di autostrade e trafori del 21 dicembre 1990, art. 2, punto 3, che autorizza le aziende alla stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine, tra l’altro, “in conseguenza dell’attuazione di programmi di interconnessioni o di revisioni tecnico- organizzative”.

Sull’interpretazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, la giurisprudenza della Corte, a seguito dell’intervento delle Sezioni unite a composizione di contrasto di giurisprudenza (sentenza 2 marzo 2006, n. 4588), si è consolidata nel senso che le assunzioni disposte ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23, che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla legge – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria “delega in bianco” a favore dei sindacati, i quali, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato idonea garanzia per i lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei loro diritti (cfr. ex plurimis, Cass. n. 8317/2006). Nella specie, il contratto collettivo, secondo il contenuto della clausola sopra citata, autorizzava le aziende a fare ricorso ad assunzioni con contratto a tempo determinato, oltre che per la necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze del personale per ferie, anche “in conseguenza dell’attuazione di programmi di interconnessioni o di revisioni tecnico-organizzative”. Il contratto di lavoro in questione è stato stipulato, con espresso riferimento a quest’ultima ipotesi, per “gestire temporaneamente il servizio al fine di verificare i riflessi sugli organici derivanti sia dall’assetto definitivo dei volumi di traffico nel nodo di Gallarate, sia dalle innovazioni tecnologiche in atto nell’esazione automatizzata dei pedaggi”. La Corte territoriale non ha dubitato della legittimità della clausola del contratto collettivo, ma ha ritenuto l’illegittimità del contratto a termine stipulato tra le parti sul rilievo che la società non avrebbe fornito la prova dell’esistenza di un nesso causale tra l’assunzione e la ragione che era stata posta a suo fondamento, ovvero del fatto che l’assunzione a tempo determinato fosse avvenuta per fare effettivamente fronte ai nuovi flussi di traffico determinati dalla chiusura della barriera di Gallarate. Tale statuizione, per essere perfettamente in linea con l’indirizzo giurisprudenziale che ritiene che, anche nella vigenza della L. n. 56 del 1987, debba essere posto a carico del datore di lavoro l’onere della prova delle condizioni che giustificano l’apposizione del termine (cfr. ex multis, Cass. 14877/2006), non è assoggettabile alle censure che le sono state mosse in questa sede di legittimità.

La clausola del contratto collettivo richiamata dalla ricorrente prevede che l’assunzione a tempo determinato possa avvenire “in conseguenza” dell’attuazione di programmi di interconnessioni o di revisioni tecnico-organizzative. Esattamente, dunque, l’onere probatorio a carico del datore di lavoro è stato riferito alla sussistenza, nella fattispecie concreta, del nesso causale tra l’assunzione e le esigenze aziendali dedotte dalla società a giustificazione dell’apposizione del termine. E proprio in relazione alla sussistenza del detto nesso causale la Corte territoriale ha rilevato una carenza di prova per l’assenza di dati relativi al numero dei dipendenti assunti a termine per le medesime causali e per l’assenza di dati numerici relativi all’organico necessario prima e dopo la disposta “revisione tecnico-organizzativa” (cfr. per identiche fattispecie, Cass. n. 14877/2006 cit., cui adde Cass. n. 381/2004, nonchè, più in generale sugli oneri probatori a carico del datore di lavoro, Cass, n. 8294/2006, Cass. n. 4862/2005). Il precedente al quale fa riferimento la società ricorrente nell’ultima parte del motivo di ricorso (Cass. n. 26678/2005) non è in termini e non è quindi in contrasto con i principi sopra menzionati, poichè riguarda la diversa fattispecie dell’assunzione a tempo determinato autorizzata dalla contrattazione collettiva per la necessità di espletamento del servizio “in concomitanza” di assenze per ferie in determinati periodi dell’anno, ovvero un’ipotesi nella quale il presupposto previsto per la giustificazione dell’apposizione del termine risiede nel fatto che l’assunzione avvenga per lo svolgimento del servizio in periodi nei quali normalmente i dipendenti fruiscono delle ferie (appunto “in Concomitanza” di assenze in quei periodi).

3.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

4.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 25,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2011

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