Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14281 del 28/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/06/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 28/06/2011), n.14281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1899-2010 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI

BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato CONCETTI DOMENICO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato LA PECCERELLA LUIGI e FAVATA EMILIA,

che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 994/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 22/10/2009 r.g.n. 580/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO FILABOZZI;

udito l’Avvocato CONCETTI DOMENICO;

udito l’Avvocato FAVATA EMILIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.G. ha convento in giudizio l’INAIL chiedendone la condanna alla costituzione in suo favore di una rendita per malattia professionale (ipoacusia da rumore).

Il Tribunale di Rimini ha accolto la domanda con decisione che, sull’appello dell’Istituto, è stata riformata dalla Corte di Appello di Bologna, che ha rigettato l’originaria domanda, ritenendo che fosse intervenuta la prescrizione del diritto alla richiesta rendita.

A tale conclusione il giudice d’appello è pervenuto osservando che, secondo quanto accertato dal c.t.u., l’ipoacusia aveva raggiunto la soglia minima indennizzabile nel novembre 1987 e che poteva presumersi che il lavoratore avesse acquisito conoscenza della malattia e della sua origine professionale quanto meno nel dicembre dello stesso anno, quando era stato cautelativamente escluso dal datore di lavoro da livelli di esposizione al rumore superiori a una determinata frequenza.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione B.G. affidandosi a quattro motivi di ricorso cui resiste con controricorso l’Inail.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, comma 1, artt. 111 e 135 (T.U.), art. 2935 c.c., art. 2697 c.c., comma 2, artt. 2727 e 2729 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., sull’assunto che la Corte territoriale avrebbe tratto la prova della conoscenza della malattia, della sua origine professionale e del suo grado invalidante da elementi non aventi carattere certo e obiettivo, ma piuttosto da supposizioni di mera possibilità e da accertamenti medici “probabilistici”, come quelli contenuti nella relazione di consulenza tecnica d’ufficio.

2.- Con il secondo motivo si deduce l’insufficienza della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha individuato il momento in cui il danno avrebbe raggiunto il minimo indennizzabile e quello in cui l’interessato avrebbe acquisito piena consapevolezza della esistenza della malattia.

3.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta contraddittorietà della motivazione laddove la Corte territoriale, dopo aver ritenuto che il lavoratore avesse acquisito fin dal dicembre 1987 consapevolezza dell’esistenza della malattia e del suo grado invalidante, ha contestualmente affermato che nel 1990 il datore di lavoro (all’epoca anche assicuratore per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) aveva escluso la sussistenza di qualsiasi tecnopatia e relativo danno professionale.

4.- Con il quarto motivo si lamenta, infine, omessa motivazione nella parte in cui la Corte d’appello non avrebbe considerato che le risultanze processuali non rendevano accoglibile il motivo di impugnazione – che così come proposto dall’INAIL era da rigettare – con il quale l’Istituto aveva contestato l’esistenza del nesso causale tra l’attività lavorativa e la patologia denunciata, nonchè la natura professionale della ipoacusia.

5.- I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono infondati. Il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112 pone un termine di prescrizione triennale per l’azione diretta a conseguire la rendita decorrente dalla manifestazione della malattia professionale. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 1988 (dichiarativa dell’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 135, comma 2, nella parte in cui poneva una presunzione assoluta di verificazione della malattia professionale nel giorno in cui veniva presentata all’istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico), nel regime normativo attuale la manifestazione della malattia professionale, rilevante quale dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale di cui all’art. 112 cit., può ritenersi verificata quando la consapevolezza circa l’esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante siano desumibili da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell’assicurato, che costituiscano fatto noto ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., come la domanda amministrativa, nonchè la diagnosi medica, contemporanea, dalla quale la malattia sia riconoscibile per l’assicurato (cfr. ex plurimis, Cass. n. 10441/2007, Cass. n. 27323/2005, Cass. n. 8257/2003, Cass. n. 4181/2003, Cass. n. 15598/2002). Cass. n. 23110/2004 ha altresì precisato che, ai fini della decorrenza della prescrizione triennale prevista in materia di assicurazione contro le malattie professionali dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112 la consapevolezza dell’esistenza della malattia e della sua origine professionale si può ragionevolmente presumere sussistente alla data della domanda amministrativa, atteso che, senza di essa, l’istanza sarebbe palesemente infondata e pretestuosa e la successiva domanda, per il riconoscimento giudiziale del beneficio, potrebbe comportare l’insorgenza della responsabilità per le spese, ex art. 152 disp. att. c.p.c., per lite temeraria; per converso, in ordine al requisito del raggiungimento del minimo indennizzabile, l’opinione personale dell’interessato è assolutamente irrilevante, dipendendo da un accertamento tecnico suscettibile di divergenze valutative e di giudizi anche diametralmente opposti da parte di medici esperti della materia.

6.- Non si è discostata da tali principi la Corte territoriale, che ha ritenuto di individuare l’evento oggettivo ed esterno dal quale desumere la conoscenza della malattia professionale nel provvedimento, adottato dal datore di lavoro nel dicembre 1987, di esclusione del lavoratore da livelli di esposizione a rumore equivalenti o superiori a 80 dBA, osservando che, come già rilevato dal consulente tecnico d’ufficio, era verosimile ritenere che l’interessato fosse stato reso edotto di tale provvedimento e delle sue motivazioni e che, comunque, il fatto che nel luglio 1990 l’Ufficio Organizzazione delle Ferrovie dello Stato di Bologna non avesse riconosciuto l’origine professionale del danno confermava che tra il 1987 e il 1990 si era posta la questione di una possibile eziologia professionale della ipoacusia, così che, pur non avendo il lavoratore ottenuto alcun riconoscimento formale in ordine alla natura professionale della malattia, era ragionevole ritenere che, nello stesso periodo, egli fosse stato sensibilizzato al problema ed avesse maturato la consapevolezza di una possibile dipendenza da causa lavorativa del deficit uditivo.

Le contrarie affermazioni del ricorrente, secondo cui solo “accertamenti specifici” avrebbero potuto rendere edotto il lavoratore della sussistenza della malattia professionale e del raggiungimento della soglia minima indennizzabile non sono condivisibili, perchè tale consapevolezza, secondo i principi sopra richiamati, può essere provata anche attraverso elementi presuntivi;

esse si risolvono, comunque, nella contestazione diretta (inammissibile in questa sede) del giudizio di merito, giudizio che risulta motivato in modo sufficiente e logico con riferimento, come sopra detto, agli elementi desumibili dall’adozione da parte del datore di lavoro, nei confronti del lavoratore, del provvedimento di esclusione da livelli di esposizione a rumore equivalenti o superiori a 80 dBA (nonchè dagli accadimenti immediatamente successivi richiamati nella motivazione della sentenza impugnata), riducendosi dunque ad una mera contrapposizione rispetto alla valutazione di merito operata dalla Corte d’appello, inidonea a radicare un deducibile vizio di legittimità di quest’ultima.

7.- Anche gli altri rilievi svolti con il secondo motivo sono infondati, giacchè l’individuazione del momento in cui si è verificato il raggiungimento della soglia minima indennizzabile risulta adeguatamente motivata dalla Corte territoriale con riferimento agli accertamenti effettuati dal consulente tecnico d’ufficio sulla scorta dei tracciati audiografici del 1984 e del 1987, sicchè anche su questo punto la decisione, in quanto comunque assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria, non è assoggettabile alle censure che le sono state mosse in questa sede di legittimità.

8.- Per analoghi motivi deve essere respinto il terzo motivo di ricorso, non ravvisandosi comunque, anche per le considerazioni già sopra esposte, alcuna contraddittorietà tra l’affermazione della raggiunta consapevolezza, da parte del lavoratore, dell’esistenza della ipoacusia e della sua origine professionale fin dal dicembre 1987 e quella secondo cui ancora nel 1990 il datore di lavoro non aveva riconosciuto l’origine professionale della malattia.

9.- Le censure espresse con l’ultimo motivo restano, infine, assorbite nel rigetto dei primi tre motivi, trattandosi di questioni che, come riconosce lo stesso ricorrente, sono rimaste a loro volta assorbite dall’accoglimento dell’eccezione di prescrizione.

10.- Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Trattandosi di controversia alla quale è applicabile l’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente prima delle modificazioni introdotte dai D.L. n. 269 del 2003, conv. in L. n. 326 del 2003, il ricorrente non è assoggettato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2011

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