Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14281 del 08/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 08/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 08/07/2020), n.14281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto Ed n. 10815/2014 R.G. proposto da

S.O.R.I.M. Società Ricerche Minerarie s.r.l., in persona del suo

amministratore unico, rappresentata e difesa, in virtù di procura

a

margine del ricorso, dall’Avv. Francesco Luigi De Luca, elett.te

dom.ta in Roma presso lo studio dell’avv. Massimo Scardigli al Viale

Angelico n. 36/B;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è

domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12

– intimata costituita –

avverso la sentenza n. 242/13, depositata in data 24/10/2013, non

notificata, de la `ammissione Tributaria della Basilicata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6

febbraio 2020 dal dott. Angelo Napolitano.

Fatto

In data 26 novembre 2010, S.O.R.I.M Società Ricerche Minerarie s.r.l. (d’ora in poi, anche “la società”, “la ricorrente” o “la contribuente”) ricevette la notifica dell’avviso di liquidazione n. (OMISSIS), con il quale l’Agenzia delle Entrate le richiese il pagamento della somma di Euro 208.466,64 a titolo di imposta di registro.

L’avviso di liquidazione era stato formato in applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 41, comma 2, e dell’art. 8, lett. b), della Tariffa Parte I del medesimo decreto, sulla base della sentenza n. 122 del 2009 del Tar della Basilicata.

Detta sentenza aveva condannato la Regione Basilicata al risarcimento del danno in favore della ricorrente, pari ad Euro 5.504.838,15, oltre interessi e rivalutazione, sicchè l’imposta di registro era stata quantificata dall’Ufficio in Euro 208.466,64.

La sentenza del Tar, posta alla base dell’avviso di liquidazione impugnato, era stata parzialmente riformata dal Consiglio di Stato, che con sentenza 267/2011 del 9 novembre 2010, pubblicata in data 18 gennaio 2011, aveva ridotto.1 risarcimento in favore della ricorrente da Euro 5.504.838,15 ad Euro 2.869.637,19, oltre accessori.

Ricevuto l’avviso di liquidazione, la contribuente presentò istanza di accertamento con adesione, confidando che l’amministrazione avrebbe adeguato l’importo preteso al risarcimento del danno quantificato nella sentenza del Consiglio di Stato.

Tale sentenza divenne irrevocabile in data 14/4/2011, ancor prima della scadenza del termine per impugnare l’avviso di liquidazione. Non avendo l’Ufficio dato positiva risposta alla richiesta della contribuente di annullare l’avviso di liquidazione emesso in base alla sentenza di primo grado, per adeguare l’importo dovuto al risarcimento riconosciuto in definitiva dal Consiglio di Stato, la società ricorrente impugnò l’avviso di liquidazione dinanzi alla CTP di Potenza, chiedendone l’annullamento.

La CTP respinse il ricorso della contribuente.

Con appello alla CTR, la contribuente evidenziò che il Consiglio di Stato aveva riformato la sentenza posta a base dell’avviso di liquidazione con una sentenza avente data antecedente (9/11/2010) alla notificazione dell’avviso di liquidazione (eseguita in data 26/11/2010), con la conseguenza della illegittimità di quest’ultimo.

Sarebbe, cioè, venuta meno ogni incertezza processuale a giustificazione di una richiesta di pagamento “provvisorio” del tributo in base al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, in quanto le somme richieste con l’avviso di liquidazione erano in gran parte non più dovute.

La CTR respinse il ricorso della contribuente.

Quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato solo un atto di costituzione, senza controricorso.

Diritto

1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Omesso esame circa un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5” la società ricorrente si duole del fatto che il giudice d’appello avrebbe omesso qualsiasi esame della debenza delle somme portate nell’avviso di liquidazione, questione che era stata portata alla cognizione dei giudici di merito mediante l’impugnazione dell’atto impositivo.

Questi ultimi, inoltre, non avrebbero considerato che il processo tributario non ha un carattere meramente impugnatorio: al contrario esso consente al giudice di esaminare, attraverso l’impugnazione dell’atto, il rapporto d’imposta, potendo sfociare in un provvedimento sostitutivo dell’atto impugnato.

I giudici di merito, dunque, avrebbero dovuto sostituire una corretta determinazione della somma da versare a titolo di imposta di registro a quella portata nell’avviso di liquidazione, che si riferisce a una sentenza di primo grado riformata in gran parte dalla sentenza di appello, passata in giudicato.

2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″, la contribuente si duole che i giudici di merito, rigettando l’impugnazione dell’avviso di liquidazione proposta da essa” abbiano violato lo spirito del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, che noN sarebbe quello di legittimare una richiesta di pagamento di somme che al momento del pagamento già si sanno con certezza non dovute.

3. I due motivi di ricorso sono strettamente connessi e possono essere decisi congiuntamente.

Essi sono fondati.

A norma del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, “gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio…sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati…, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicatò.

Nel caso che ci occupa, la stessa contribuente ha affermato, in ricorso, che la notifica dell’avviso di liquidazione è avvenuta in data 26 novembre 2010.

Per verificare se l’amministrazione era legittimata ad emanare l’avviso di liquidazione in base alla sentenza di primo grado impugnata è necessario considerare non la data in cui la decisione in sede di appello al Consiglio ci Stato risulta essere stata deliberata, bensì quella in cui la relativa sentenza è stata depositata.

La definizione del giudizio di impugnazione, infatti, avviene quando la relativa sentenza sia pubblicata mediante deposito in cancelleria (o segreteria).

Orbene, nel caso che ci occupa, la sentenza del Consiglio di Stato risulta essere stata pubblicata, e dunque è venuta a giuridica esistenza, in data 18 gennaio 2011, vale a dire quasi due mesi dopo la notifica alla società dell’avviso di liquidazione formato legittimamente sulla base della sentenza di primo grado.

Il comportamento dell’Ufficio, dunque, è stato formalmente rispettoso del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37: la legittimità dell’avviso(di liquidazione dell’imposta di registro su un atto giudiziario non definitivo, infatti, va valutata in base alla antecedenza di detto avviso rispetto al provvedimento che riforma l’atto in base al quale esso (avviso) sia stato emanato.

In realtà, deve rilevarsi che nella fattispecie di causa la contribuente si duole (non a torto, in verità) della eccessiva rigidità del comportamento dell’amministrazione che, in sede di istanza di accertamento con adesione proposta sulla base della nuova e definitiva base imponibile costituita dalla somma portata nella sentenza del Consiglio di Stato, non ha voluto annullare in autotutela l’avviso di liquidazione qui impugnato per sostituirlo con uno che liquidasse l’imposta dovuta tenendo conto della nuova e definitiva base imponibile.

Il comportamento dell’amministrazione non ha tenuto conto in maniera equilibrata di 1:utti oli aspetti coinvolti nella vicenda portata all’attenzione di questa Corte: la sentenza del Consiglio di Stato, depositata poco tempo dopo la notificazione dell’avviso di liquidazione dell’imposta di registro calcolata sulla base della sentenza di primo grado in gran parte riformata, è impugnabile, sì, dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione solo per motivi attinenti alla giurisdizione; ma la richiesta di accertamento con adesione formulata dalla contribuente, che chiedeva la rideterminazione dell’imposta con riferimento alla nuova base imponibile, implicava acquiescenza tacita alla stessa, mentre, dal canto suo, l’Ufficio non ha motivato il diniego di rideterminazione dell’imposta sulla base di una sua eventuale volontà di ricorrere per cassazione contro la detta sentenza del giudice amministrativo.

Ne deriva che, essendo stata la sentenza del Consiglio di Stato, virtualmente definitiva, depositata poco tempo dopo la notificazione dell’avviso di liquidazione di cui in questa sede si discute, l’amministrazione, anche in ossequio al canone di buona fede nei rapporti con la contribuente, doveva rideterminare l’imposta di registro tenendo conto della sentenza (definitiva) del Consiglio di Stato.

Non è ragionevole, infatti, che la contribuente sia tenuta a versare l’imposta di registro per un ammontare la cui eccessività e non rispondenza alla reale base imponibile sono già note al momento stesso in cui essa sarebbe chiamata a versarla.

Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa ad altra sezione della CTR della Basilicata, che dovrà rideterminare, eventualmente con l’ausilio della stessa Agenzia delle Entrate che presterà la sua leale collaborazione all’organo giudiziario, l’imposta di registro dovuta tenendo conto della base imponibile costituita dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha riformato la decisione di primo grado del TAR della Basilicata.

Il giudice del rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della CTR della Basilicata.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020

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