Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 14275 del 08/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 08/06/2017, (ud. 07/04/2017, dep.08/06/2017),  n. 14275

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26277-2015 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CENEDA 39-D,

presso lo studio dell’avvocato DORIANA CHIANESE, che la rappresenta

e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI TOLFA in persona del Sindaco p.t. Dott. L.L.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA R. GRAZIOLI LANTE 9, presso

lo studio dell’avvocato PIETRO CARLO PUCCI, che lo rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

REGIONE LAZIO in persona del Presidente pro tempore della Giunta

Regionale, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARCANTONIO

COLONNA 27, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA COLLACCIANI,

che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1556/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/04/2017 dal Consigliere Dott. SESTINI DANILO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.S., affittuaria (in forza di contratto sottoscritto col Comune di Tolfa nel 1998) di un podere appartenente alla Regione Lazio, adì la Sezione Specializzata Agraria del Tribunale di Civitavecchia chiedendo che fosse accertato il proprio diritto a prorogare il contratto fino al 10.11.2022, ai sensi delle leggi della Regione Lazio L. n. 29 del 2003 e L. n. 14 del 2008.

Il Tribunale rigettò la domanda, con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma.

Ricorre per cassazione la G.S., affidandosi a due articolati motivi; resistono, con distinti controricorsi, la Regione Lazio e il Comune di Tolfa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte di Appello ha premesso che il contratto era stato rinnovato per quindici anni, fino al 10.11.2012, ai sensi della Delib. G.R. Lazio n. 6796 del 1997 e ha rilevato che il termine ultimo per chiedere l’ulteriore proroga prevista della L.R. Lazio n. 29 del 2003, art. 17, comma 5, era scaduto il 30.4.2008, cosicchè la richiesta della G.S. risalente al 28.2.2011 – risultava proposta dopo la scadenza del termine decadenziale; ha escluso, peraltro, che tale decadenza fosse venuta meno per effetto della L.R. Lazio n. 14 del 2008, art. 1, comma 10.

2. Con il primo motivo, la G.S. denuncia “falsa applicazione delle leggi regionali L.R. Lazio n. 29 del 2003, ex art. 17 e L.R. Lazio n. 14 del 2008, ex art. 1, comma 10, collegate agli artt. 11, 12 e 15 preleggi. Violazione del principio tempus regit actum. Violazione dei principi di interpretazione della legge”.

La ricorrente censura la Corte per averla ritenuta decaduta dalla possibilità di richiedere il rinnovo del contratto fino 10.11.2022 e assume che l’originario termine decadenziale del 30.4.2008 era stato reso ininfluente dall’approvazione (avvenuta in data 14.8.2008) della L.R. n. 14 del 2008, che rendeva “nuovamente applicabile l’intera disciplina del rinnovo dei contratti agrari ai beni trasferiti alla Regione”.

Più specificamente, censura la Corte per avere ritenuto che la L.R. n. 14 del 2008, art. 1, comma 10, concernesse i soli contratti di affitto scaduti, dovendosi ritenere – al contrario – che il richiamo all’intero della L.R. n. 29 del 2003, art. 17, non prevedesse alcuna limitazione; sostiene che la normativa introdotta dalla L.R. n. 14 del 2008, che regolava l’intera materia del rinnovo dei contratti di affitto agrario, “richiamando in vigore della L. n. 29 del 2003, art. 17”, aveva reso “incompatibile il termine del 30 aprile 2008 con la nuova disposizione”; assume, in termini generali, che la ratio della L.R. Lazio n. 14 del 2008, era “quella di procedere al rinnovo di tutti i contratti di affitto ai sensi della L.R. n. 29 del 2003, art. 17, e di permettere agli affittuari con contratto scaduto di partecipare ai piani di sviluppo rurale”.

2.1. Il motivo è infondato giacchè della L.R. n. 29 del 2003, art. 17, (come modificato L.R. Lazio n. 26 del 2007, art. 46) fissava al 30.4.2008 il termine ultimo per il rinnovo fino al 10.11.2022 in favore di coloro che (come la G.S.) avevano rinnovato il contratto di affitto ai sensi della Delib. G.R. n. 6796 del 1997; nè può ritenersi che la sopravvenuta L.R. n. 14 del 2008 abbia posto nel nulla l’avvenuta decadenza, in quanto – come correttamente ritenuto dalla Corte di merito – il rinnovo dei contratti di affitto da essa previsto concerneva soltanto quelli “scaduti” e non ancora rinnovati (fra i quali non rientrava dunque quello della G.S., già rinnovato dal 1998 fino alla scadenza del 10.11.2012).

3. Il secondo motivo è prospettato in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, e denuncia “vizio di motivazione della decisione del giudice di merito in relazione alla violazione dei principi nonchè dei canoni di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione sancito dall’art. 97 Cost.; violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, art. 3 Cost., collegato alla violazione della L. n. 241 del 1999, art. 1. Violazione della CEDU, art. 6, (diritto ad un equo processo)”.

La ricorrente si duole che la Corte non abbia considerato (e non abbia ammesso le prove testimoniali dedotte al riguardo) che la Regione aveva “rinnovato il contratto portandone la scadenza al 10.11.2022 ad oltre 50 affittuari che versavano nelle medesime condizioni”, con ciò determinando un “trattamento iniquo” nei confronti della ricorrente.

3.1. Il motivo è inammissibile sia che lo si consideri sotto il profilo (formalmente dedotto) dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto non prospetta l’omesso esame di fatti decisivi incidenti sulla decisione della controversia, sia che lo si esamini sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di norme di diritto, atteso il totale difetto di specificità delle doglianze (che non evidenziano alcun error iuris riferibile al contenuto della decisione impugnata).

4. Le spese di lite seguono la soccombenza.

5. Trattandosi di controversia agraria, non sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 7.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2017

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